Telecom Italia, Susanna Camusso: ‘Non è scontato che diventi spagnola’

di Paolo Anastasio |

Il sindacato chiede al Governo di convocare Telefonica: 'Servono garanzie su investimenti e futuro dell'azienda'. Botta e risposta sullo scorporo della rete con il viceministro Antonio Catricalà.

Italia


Susanna Camusso

Il governo “rimetta la palla al centro e si torni a ragionare”, senza dare per scontato che Telecom Italia “debba diventare spagnola”. Lo ha detto il segretario della Cgil, Susanna Camusso, tornando a ribadire la necessità che si faccia una riforma della legge sull’Opa. Intervenendo al convegno “Made For Italy. Poste e Telecom Italia. Due aziende per il sistema paese” organizzato oggi a Roma dalla Slc Cgil, Camusso ha commentato l’operazione che in nottata ha portato alla cessione di Telecom Argentina: “Questo non fa che confermare la nostra posizione, ovvero che si sta realizzando un’idea di piano industriale fatta di dismissioni”

 

“Non si può venire a sapere dai giornali” che Telecom Italia ha firmato un accordo per cedere la quota di Telecom Argentina al gruppo Fintech, aggiunge Camusso, invocando un sistema di relazioni industriali “tra pari. Sarebbe meglio discuterne ai tavoli piuttosto che leggerlo sui giornali di questi accordi”.

 

I sindacati sono preoccupati per il futuro di Telecom Italia tanto da ventilare “il rischio di chiusura della compagnia telefonica nazionale, nel caso si adottassero scelte sbagliate, dopo il recente aumento della quota di Telefonica in Telco, ha detto Michele Azzola, segretario nazionale Slc Cgil, aggiungendo che il Governo deve convocare telefonica e chiedere “precise garanzie sugli investimenti e sul futuro di Telecom”.

 

E’ questo il clima che si respirava questa mattina al convegno “Made for Italy: Poste Italiane e Telecom Italia. Due aziende italiane per il sistema paese”, organizzato a Roma dalla Cgil e dalla Slc-Cgil, che si occupa del comparto comunicazione e Tlc. Punto dolente, secondo il sindacato, “la totale assenza di una politica industriale del settore, a cui si associa la totale mancanza di prospettive del Paese, in termini ndi obiettivi fissati dall’Agenda Digitale e dal Decreto 2.0”.

 

Il sindacato lamenta inoltre la “totale incertezza sugli investimenti nella rete”, un asset strategico che “deve restare nella pancia dell’azienda” visto che “togliere la rete da Telecom Italia è come togliere il cervello ad una persona”, ha detto Vito Gamberale, amministratore delegato del fondo F2I, aggiungendo che la rete di Telecom Italia è strategica per la realizzazione della banda larga, visto che nel nostro paese non c’è una rete di tv via cavo dove far passare la fibra. “Il ruolo di Telecom Italia per il nostro paese è molto diverso da quello che hanno altri carrier all’estero, dove le tv via cavo ci sono – dice Gamberale – La banda larga non è un optional da borghesia spendacciona, ma è paragonabile a quello che furono le autostrade negli anni ’60. In Brasile per i Mondiali useranno lo standard 4K per l’ultra HD, l’Italia è indietro sulla banda larga, il Governo non può voltare la faccia dall’altra parte su questo tema. Il Governo – ha aggiunto – non puo’ nemmeno accontentarsi delle promesse degli spagnoli. Se servisse il pubblico per rientrare nel progetto della banda larga ben venga. E’ un’emergenza del Paese e il Governo deve farsi carico di questi problemi“.

 

Sul fronte del Governo, il viceministro allo Sviluppo Economico Antonio Catricalà, che ha preso parte all’incontro – in rappresentanza del ministro Flavio Zanonato, che ha dato forfait come anche Altero Matteoli – ha ribadito la sua posizione favorevole all’ipotesi di scorporo della rete. “E’ un’operazione che serve all’Italia, alla concorrenza e all’occupazione – ha detto Catricalà – Lo scorporo è già successo con Terna, costola di Enel, e con Snam, separata dall’Eni. Sono operazioni che hanno dato beneficio al titolo delle aziende quotate e all’Ebitda. E’ un’idea che ho sempre avuto, ci credo – ha aggiunto Catricalà – Ovviamente io penso ad uno scorporo societario e non proprietario”.  

 

Per quanto riguarda l’intervista rilasciata oggi da Cesar Alierta, presidente di Telefonica, in cui sostiene che l’azienda non ha intenzione di superare la soglia del 15% in Telecom Italia (Leggi articolo Key4biz): Catricalà ha detto che: ‘L’intervista di Alierta va presa come tale, bisogna distinguere le intenzioni dai fatti concreti – ha detto – Non credo che le cose stiano effettivamente così, un minimo di dubbio lasciatemelo”, aggiungendo che la compagnia spagnola “potrebbe acquisire il controllo anche se non salgono sopra la soglia del 15%”.  

 

Sulla stessa linea il senatore del Pd Massimo Mucchetti: “Non vedo nessuna rassicurazione credibile nelle parole di Alierta, contano i fatti, non possiamo fidarci di lui – ha detto Mucchetti – Chi si fida di lui – ha aggiunto – se ne assume la responsabilità”.

 

Il golden power “è un’arma utile, ma solo difensiva, non basta a trovare le risorse per gli investimenti necessari”. Lo sostiene il presidente della Cdp Franco Bassanini,  che nel suo intervento a distanza al convegno ha fatto anche un cenno alla riforma della legge sull’Opa: la eventuale modifica della legge, ha detto, “se adottata tempestivamente, può indurre a desistere chi pensa di comandare senza investire”, ma “non risolve il problema della ricerca di capitali ‘pazientì necessari per le reti di nuova generazione”

 

Michele Azzola, segretario nazionale Slc-Cgil, dal canto suo, ha detto che “il governo deve fare una roadmap sulla banda larga, che è la precondizione per lo sviluppo del made in Italy e per realizzare la riforma della Pubblica Amministrazione, che, come dice il premier Enrico Letta, consiste nella sua digitalizzazione”. Il sindacato, diversamente dal viceministro Antonio Catricalà, è contrario allo scorporo della rete, un’operazione giudicata complessa e lunga, che a livello mondiale è stata realizzata soltanto in Nuova Zelanda, e che se adottata porterebbe l’Italia a fare da cavia di un modello inedito.

 

Secondo il sindacato, lo scorporo aprirebbe la strada alla frantumazione dell’azienda, il cui know how “non è soltanto negli elementi fisici e nel software gestionale e di controllo, integrati fra loro, ma anche nel know how dei lavoratori”.  l’azienda non va frantumata, anche perché il mercato italiano va verso un consolidamento inevitabile e la presenza di un operatore nazionale con una certa massa critica sarà importante per sedersi nel prossimo futuro al tavolo con gli altri carrier europei. Per quanto riguarda le ultime mosse del Cda di Telecom Italia dello scorso 7 novembre, fra cui ad esempio il via libera all’emissione del convertendo da 1,3 miliardi di euro, la Cgil Slc è scettica e propone di trovare strumenti di investimento innovativi, fra cui un aumento di capitale rivolto a investitori istituzionali da un miliardo di euro e altre forme di finanziamento a lungo termine a tassi vantaggiosi, per un totale di 4 miliardi, riservato a Cassa depositi e Prestiti, F2I, Poste Italiane e altri fondi pensione, che prevedano precisi impegni rispetto al piano industriale. Una soluzione del genere, secondo la Cgil, non potrebbe essere tacciata di aiuti di Stato.

 

Secondo il sindacato, Telefonica non ha interesse ad investire in Italia, mercato saturo e con forte dinamica competitiva sui prezzi, e prima punterà sui mercati emergenti e sulla Spagna.

 

L’appello del sindacato al Governo di prendere in mano il dossier Telecom Italia arriva anche in considerazione del fatto che Telecom Italia è l’unico operatore europeo, insieme ad Hellenica Telecom in Grecia, in mano a Deutsche Telekom, sotto il controllo di un azionista straniero qual è Telefonica.

 

Il Governo, chiude il sindacato, dovrebbe convocare subito Telefonica e chiedere “precise garanzie sugli investimenti e sul futuro dell’azienda, negoziando un aumento di capitale che resterebbe la soluzione preferita, tale da dare solidità finanziaria all’azienda (5 miliardi di euro).