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L’AmCham contro la Web-Tax: ‘Si vogliono punire le aziende straniere’

Italia


La Web-Tax continua a far discutere. Questa volta a scendere in campo contro la proposta messa a punto dall’on. Francesco Boccia del Pd, presidente della Commissione Bilancio della Camera, è l’American Chamber of Commerce in Italy.

L’AmCham ha fatto sapere a Key4biz che l’emendamento alla Legge di Stabilità riguardante la “vendita di servizi online” (n° 18.0.3 – pag. 125 documento Senato), presentato dai senatori del Pd Francesco Russo, Valeria Fedeli e Rita Ghedini, che riprende la proposta Boccia “…nasconde una volontà punitiva nei confronti delle imprese coinvolte e rappresenta un freno all’espansione dell’economia digitale”.

 

L’AmCham tiene a precisare che “le imprese straniere che offrono servizi online in Italia non violano alcuna legge in materia fiscale“.

E’ giusto, spiega, che chi produce reddito in Italia debba pagare le tasse, ma “tale argomento dovrebbe essere condiviso a livello di Unione Europea o di altro organismo sovranazionale, come dimostrano le discussioni sul tema in corso all’OCSE“.

 

Tassare le web company poi, secondo l’AmCham, avrebbe effetti negativi sulle prospettive di sviluppo e sull’occupazione: “Dietro una presunta “giustizia fiscale”, si vuole ostacolare uno dei principali driver di sviluppo per il futuro, creando altresì danni economici alle PMI italiane che beneficiano di questi servizi”.

 

L’AmCham si domanda, infine, “se sia possibile conciliare la volontà di maggiore integrazione a livello europeo e il desiderio di stipulare al più presto il Trattato di Libero Scambio tra Europa e USA (TTIP) con questa volontà di chiusura a qualsiasi forma di concorrenza, bollata come “sleale”“.

Che le web company facciano le ‘furbette’ è però cosa ormai nota. Nel 2012 gli OTT (Google, Amazon, Facebook ed Apple) hanno versato all’erario italiano solo 9,157 milioni di euro (Leggi Articolo Key4biz).

Ed è di oggi la notizia che in Italia Apple è oggetto di un’indagine penale che ipotizza il reato di dichiarazione dei redditi fraudolenta.

Nei due anni contestati finora, Apple avrebbe nascosto al Fisco italiano 1 miliardo e 60 milioni di euro di quelli che in gergo tributario si chiamano gli “elementi attivi” che concorrono al formazione dell’imponibile.

Stando all’accusa, i profitti realizzati in Italia da Apple venivano contabilizzati dalla società di diritto irlandese Apple Sales International, seguendo lo schema del cosiddetto “doppio irlandese con panino olandese” (Double Irish With a Dutch Sandwich), che consiste nel trasferire i denari verso le sussidiarie irlandesi e olandesi, per poi traghettare il tutto nei paradisi fiscali.

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