Web-Tax, Mirella Liuzzi (M5S): ‘La proposta di Boccia contrasta con le norme Ue’

di Raffaella Natale |

Secondo il deputato del M5s, bisogna agire a livello comunitario e non attraverso un emendamento alla Legge di Stabilità.

Italia


Mirella Liuzzi

Tra gli emendamenti alla Legge di Stabilità, a quanto risulta a Key4biz, ci sarebbe anche quello del presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd), che raccoglie i contenuti della sua proposta di legge presentata il 4 ottobre (di modifica del DPR 633/72), nota come Web-Tax perché agisce sulle società che operano su internet, ‘costringendole’ a pagare le tasse anche nel nostro Paese.

 

Parliamo soprattutto degli Over-The-Top (Google, Facebook, Apple e Amazon), i primi a ricorrere a pratiche aggressive di ottimizzazione fiscale che nel 2012 hanno versato alle casse italiane solo 9,157 milioni di euro (5,98 se si considerano i crediti d’imposta).

 

Una proposta che, però, non convince alcuni parlamentari tra cui quelli del M5s. in linea di principio, tutti sono d’accordo nel ritenere necessario e urgente un intervento sulle multinazionali ‘furbette’, quelle che grazie a sistemi di profit-shifting, riescono a far profitti nel mondo per poi traghettare tutto nei paradisi fiscali, beffando l’Erario anche quello Italiano (Leggi Articolo Key4biz). Tuttavia è nelle modalità d’azione che emergono posizioni politiche differenti.

Mirella Liuzzi, deputato del M5s, ha dichiarato a Key4biz che il Movimento di Grillo “Condivide il principio sul quale si basa la proposta di Boccia, ma non il metodo specie per quanto riguarda la possibilità di inserire la proposta tramite un emendamento alla Legge di Stabilità che regola la finanza di una Paese”.

 

“La ratio – si legge nella Relazione di Boccia alla sua proposta – è di contrastare l’evasione fiscale tipica delle transazioni online che, come è ormai noto, sfuggono al regime di tassazione dei Paesi dove, in effetti, vengono fruiti i beni e/o i servizi venduti e sui quali, quindi, si producono ricavi“.

 

Per la Liuzzi è sicuramente necessario “porre un limite alle web company che godono di un regime fiscale agevolato nei Paesi dove collocano le filiali principali (In Lussemburgo, per esempio, pagano l’IVA al 15% e in Italia il 22%)”.

Tuttavia – ha precisato – l’emendamento Boccia che obbliga le filiali presenti in Italia a dotarsi di una Partita IVA, ci pare contrario alle norme europee, in particolare al Trattato di Roma del 1957 (Il Trattato istitutivo della CEE che, nonostante le successive modifiche, è ancora la base legale di molte decisioni Ue, ndr), nella parte che riguarda le imprese commerciali”.

 

La proposta di Boccia prevede, infatti, che si introduca l’obbligo per i committenti di servizi online di poter acquistare solo da soggetti in possesso di una partita IVA italiana.

“Tale imposizione – si legge nella Relazione di Boccia- non è espressamente vietata dalla Direttiva 28 novembre 2006 n. 2006/112/CE, né dal D.Lgs. 18/2010 che ne ha recepito le disposizioni”.

 

Per la Liuzzi, sarebbe invece necessario che “l’Italia, così come sta facendo la Francia, cominciasse a far pressioni sulla Commissione europea perché intervenga con una Direttiva sul commercio elettronico”.

 

La Liuzzi ha ricordato che i leader del G20 a Mosca hanno già avallato il Piano presentato dall’OCSE, invitando tutti i paesi interessati a sostenerlo (Leggi Articolo Key4biz).

Ogni anno nella Ue si perdono 1.000 miliardi di euro a causa del profit-shifting (Leggi Articolo Key4biz) e l’OCSE si è data due anni di tempo per sradicare l’evasione fiscale.

Secondo il M5s si dovrebbe quindi seguire questa via e “agire a livello comunitario, impegnando l’Unione Europea a far qualcosa in merito“.