#EUCO, Enrico Letta: ‘Mercato unico tlc obiettivo ambizioso’. Alla banda larga il 10% dei fondi Ue

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Critico il giudizio del presidente di Confindustria digitale Stefano Parisi, che parla di occasione persa per l’Europa di darsi una politica di sviluppo. Unico punto positivo è ‘l’input sul mercato unico digitale e delle tlc’.

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Enrico Letta

Il premier italiano Enrico Letta si allinea alle posizioni del presidente della Commissione europea, Manuel Barroso, e del Commissario per l’Agenda digitale Neelie Kroes, che in conclusione del Consiglio europeo hanno sottolineato la necessità di procedere all’approvazione della proposta di regolamento sul mercato unico delle telecomunicazioni prima della fine della legislatura del Parlamento europeo (Leggi articolo key4biz).

“So che è un obiettivo ambizioso e non semplice, ma se non ce la facessimo sarebbe un pessimo segnale, perderemmo un sacco di tempo e sarebbe un messaggio negativo”, ha affermato Letta, sottolineando che la decisione di  “correre e andare avanti speditamente sulla nascita del mercato unico delle telecomunicazioni” rappresenta un “grande passo avanti in materia di integrazione e di competitività europea”

 

Dal Consiglio europeo di Bruxelles, ha detto il premier, arriva una “scossa al mondo delle telecomunicazioni in Europa, molto significativa e importante, una buona notizia per i consumatori e per il sistema delle imprese”.

 

L’Italia, dal canto suo, si impegna a investire, per il periodo 2014-2020, il 10% dei fondi strutturali Ue – risorse per circa 35 miliardi di euro – in infrastrutture digitali, concentrandosi soprattutto nello sviluppo della banda larga.

 

Quello che è essenziale, secondo Letta, è creare un clima favorevole agli investimenti e all’innovazione perché, ha affermato, “…c’è la consapevolezza da parte di tutti che negli anni ’90 l’Europa era all’avanguardia nelle telecomunicazioni, ma in 15 anni ci siamo giocati il vantaggio che avevamo acquisito”.

E così, complici la saturazione del mercato e il venir meno delle condizioni indispensabili per mantenere un livello adeguato di investimenti, ha aggiunto, “…i  grandi operatori americani, cinesi, giapponesi, hanno finito per battere gli operatori europei”.

E questo perché, ha spiegato, “…gli Stati Uniti hanno quattro operatori, la Cina ne ha tre, l’Europa ne ha cento. Il costo della non Europa in questo campo è stimato, all’incirca, in 110 miliardi di euro l’anno di costi in più per il consumatore e di assenza di competitività, visto che la dimensione di scala è, invece, decisiva”.

 

Sposare definitivamente la prospettiva di un vero mercato unico delle telecomunicazioni, vuol dire “…una gestione europea delle licenze e dello spettro, tenendo conto delle situazioni nazionali e delle necessità di promuovere gli investimenti, i diritti dei consumatori, l’omogeneità dei prezzi e degli standard qualitativi, nella prospettiva di un regolatore unico sovranazionale”.

 

La decisone del consiglio di spingere per il completamento del mercato unico entro il 2015, ha proseguito Letta, è “…in controtendenza rispetto alle scelte di questi tempi, che portano a rinazionalizzare in tempo di crisi economica”. Va infatti in direzione di una “maggiore integrazione europea, che vuol dire un’Europa più competitiva, la nascita potenziale di grandi campioni europei in grado di giocarsela con i loro competitor mondiali”, ha concluso il premier.

 

Critico, invece, sul documento finale emerso dal Consiglio europeo il giudizio del presidente di Confindustria digitale Stefano Parisi. Come riportato da Adnkronos Parisi ha affermato che “…nonostante lo sforzo importante del Governo italiano ed il contributo forte e diretto del premier Enrico Letta, l’Europa ha perso una grande occasione: quella di darsi una politica di sviluppo”.

“Dal ‘digital compact’ si è paradossalmente approdati ad un ‘should digital compact'” ha affermato Parisi, sottolineando che nel documento, “ogni punto è farcito di condizionale”.

Gli unici punti positivi sono “l’input sul mercato unico digitale e delle tlc” e l’annuncio di voler investire nello sviluppo delle infrastrutture digitali il 10% dei fondi strutturali che spettano all’Italia tra il 2014 ed il 2020.

Secondo Parisi, tuttavia, il progetto del mercato unico non potrà essere realizzato entro la fine del mandato del Parlamento Ue, vista l’imminenza delle elezioni e le diversi richieste di approfondimenti da parte di molti Paesi.

E infine, l’amara considerazione sulle lungaggini della Ue nel darsi le regole e stabilire le sue politiche: “tempi lunghissimi per la digital economy”. Da qui l’appello di Parisi alle aziende di settore, affinchè vadano avanti da sole “nonostante il contesto europeo”.