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Enrico Letta: ‘Agenda Digitale europea, o la svolta o la tomba’

Italia


Grande preoccupazione, forti timori e un clima di sfiducia per le sorti dell’Agenda Digitale. E’ questo l’umore che si respira nella platea degli imprenditori che hanno preso parte al secondo “Italian Digital Agenda Forum”, promosso oggi da Confindustria Digitale, alla presenza di tutti gli stakeholder dell’ecosistema dell’Ict, fra cui il commissario all’Agenda Digitale Neelie Kroes e il premier Enrico Letta, che hanno siglato un’alleanza fra “combattenti” per spingere sull’attuazione dell’Agenda contro “i burocrati, veri nemici dello sviluppo”, ha detto Kroes. Ed è proprio Letta che dà il segno del clima di urgenza che pende sull’Agenda Digitale italiana, legata a doppio filo con le sorti di quella europea: “Giovedì e venerdì prossimo c’è il consiglio europeo sull’economia digitale – ha detto Letta – è un appuntamento fondamentale, in cui sosterremo la posizione del commissario Kroes. E’ un appuntamento che può decretare la svolta o la tomba dell’Agenda Digitale europea”.

 

La mattinata si è aperta con l’appello di Stefano Parisi, presidente di Confidustria Digitale, che lancia un appello al Consiglio Europeo: “L’Europa non può limitarsi a indicare direttive e norme – ha detto Parisi – perché l’Agenda Digitale venga realmente attuata è necessario un impegno forte e vincolante, un Digital Compact che abbia le stesse caratteristiche del Fiscal Compact varato nel 2012, con misure dure che hanno però hanno innescato la crescita. E’ il momento di rendere vincolanti gli impegni per l’Agenda Digitale, per uscire dai convegni e abbattere l’immobilismo ottuso della PA, chiusa al cambiamento digitale”. L’Italia, secondo Parisi, non è stata ferma nell’ultimo anno, anche se l’arretratezza in termini di digitalizzazione, investimenti in Ict e copertura a banda ultra larga del Paese – appena il 14% della popolazione è coperta da banda larga ultra larga fissa, maglia nera nell’Ue a fronte di una media europea del 54% – è sotto gli occhi di tutti. “E’ tempo di fissare le priorità insieme con Francesco Caio, Commissario di Governo per l’attuazione dell’Agenda Digitale – siamo indietro, ma non siamo soli in Europa”. 

L’appello di Stefano Parisi è stato raccolto da Francesco Caio, Commissario di Governo per l’attuazione dell’Agenda e Digital Champion italiano. “Da quando sono stato chiamato da Letta, lo scorso mese di giugno, molte cose sono state fatte – dice Caio – ma ora serve un cambio di marcia, bisogna porre l’enfasi sul fare”. Tanto più che, aggiunge Caio, lo “statuto dell’Agenzia per l’Italia Digitale sarà approvato entro fine anno – il testo sta facendo il suo iter. L’Agid ha un ruolo importante di presidio delle regole fra gli stati membri europei”. Fare spending review senza gli strumenti dell’Agenda Digitale “non è possibile – aggiunge Caio – e non è più etico gestire soldi pubblici senza avere questi strumenti, gestire scartoffie e fatture cartacee che non si sa dove finiscono”.  Caio ricorda le tre priorità fissate ne percorso di digitalizzazione del paese: “Le priorità sono la creazione di un sistema pubblico di identità digitale, l’Anagrafe nazionale della popolazione e la fatturazione elettronica, che sarà obbligatoria dal 2014 per tutte le imprese che fatturano verso la PA”.

La palla passa poi a Neelie Kroes, commissario europeo per l’Agenda Digitale, che nel suo intervento (Leggi articolo) promette battaglia in Consiglio, anche se il suo mandato è agli sgoccioli e il tempo per raggiungere gli ambiziosi obiettivi che si è posta sta finendo. “Ho 72 anni ma non mi sento vecchia – ha detto la Kroes – prendo a modello il presidente italiano Giorgio Napolitano. Sono molto determinata a combattere tutti i nemici dell’Agenda Digitale, in particolare i burocrati contrari al cambiamento digitale della società”.

 

Alla Kroes risponde a stretto giro il premier Enrico Letta. “Il Consiglio Europeo sull’economia digitale della prossima settimana sarà importantissimo per verificare il futuro dell’Agenda Digitale europea – ha detto Letta – il prossimo Consiglio può essere la svolta o la tomba dell’Agenda Digitale europea, che colpisce interessi costituiti” e per questo trova diversi blocchi. “Serve un’alleanza fra coloro che vogliono far crescere l’Europa. L’Agenda Digitale è la più importante riforma dello Stato. Per questo giovedì e venerdì prossimo l’Italia interverrà al Consiglio d’Europa e vogliamo alzare il tiro per la digitalizzazione del Paese“. Secondo Letta, quella di giovedì e venerdì è l’ultima finestra disponibile per rendere vincolanti a livello Ue le norme di attuazione dell’Agenda Digitale. “Fra nove mesi il Parlamento Europeo cessa – dice Letta – Se perdiamo questa occasione l’Agenda Digitale rischia di perdere due anni secchi. L’Impegno forte dell’Italia va in direzione del mercato unico delle Tlc – precisa Letta  – L’Ue con 28 stati che si muovono in ordine sparso non ha il peso economico sufficiente per essere competitiva”.

Attraverso il tema dell’Agenda digitale “possiamo affrontare il grande incubo nazionale, la disoccupazione giovanile: con il 38% di giovani disoccupati un Paese non ha futuro”, ha aggiunto Letta, rivendicando di aver “ridotto il costo dell’assunzione di giovani” e di aver creato “11mila posti con il ‘click’ nel mese di ottobre”. Ma il discorso è più ampio: “Va dato un messaggio forte. A volte c’è la sensazione di un non detto: credo sia sbagliato dire che le nuove tecnologie non tolgono posti di lavoro. La realtà è un’altra, basta vedere come cambiano le professioni, bastano meno persone rispetto a ieri per avere gli stessi risultati. Ma dobbiamo essere convincenti nello spiegare quanti nuovi posti di lavoro si riescono a creare con l’applicazione delle nuove tecnologie. E alla fine il Paese è più competitivo, cresce, e dunque crea nuovi posti di lavoro. Qui è fondamentale il ruolo del privato: se preferisce mantenere le posizioni che ha invece di investire, è un problema per tutti noi. L’innovazione è talmente veloce che è inutile pensare di resistere qualche mese, perché alla fine si viene travolti comunque. Allora tanto vale innovare“. Per Letta “attorno a questo tema si danno grandi opportunità di lavoro ai giovani ed evitiamo di avere una generazione perduta”.

 

Per favorire la digitalizzazione della PA bisogna combattere i “digital evaders”, vale a dire il “partito anti-digitalizzazione”. E’ quanto ha affermato il viceministro allo Sviluppo economico, Antonio Catricalà.  Il viceministro ha citato, a titolo di esempio, “quel dirigente che stampa la mail per farla vedere a un collaboratore, fino a interi gruppi di aziende importanti”. Quanto alla proposta di un “digital compact” avanzata dal presidente di Confindustra digitale Stefano Parisi, Catricalà ha detto che “avere vincoli esterni può solo aiutarci”. Catricalà ha poi aggiunto che “comprensibilmente gli operatori sono preoccupati per l’ipotesi zero roaming – dice il vice ministro – un provvedimento che pesa per il 3%-4% sui ricavi delle telco”.

 

Per quanto riguarda il tema specifico delle infrastrutture di rete, in Italia “La larga banda di base (copertura ad almeno 2 Mbps) è a buon punto al 96% – ha detto Cesare Avenia, presidente di Assotelecomunicazioni-Asstel – ciò significa che tutti i servizi di eGovernement e sanità digitale sono fattibili. Anche in questo periodo di crisi gli operatori tlc continuano a investire, ma il raggiungimento degli obiettivi di Horizon 2020 (copertura totale in banda ultralarga a 30 mbps) non possono essere raggiunti soltanto con gli investimenti delle Tlc.  Serve un contesto regolatorio certo e servono regole che consentano di fare investimenti senza che questi costino troppo”. Ma per ora le cose, secondo Avenia, non vanno in questa direzione. “Basti pensare al decreto scavi – attacca il presidente di Asstel – è stato messo a punto per facilitare l’iter di posa delle nuove reti, ma oggi rispetto all’anno scorso il nuovo regolamento implica un 20% di costi in più per gli operatori, a causa della diatriba con l’Anas sul ripristino del manto stradale”. Per questo, secondo Avenia, è importante “l’intervento di una politica industriale che consenta agli operatori di beneficiare di regolamenti più favorevoli in chiave di nuovi investimenti”.

 

Tanto più che la strada verso la nuova era dell'”Internet of things”, con miliardi di oggetti connessi in rete, è ormai avviata. “Entro il 2020 ci saranno 80 miliardi di oggetti connessi – dice Cristiano Radaelli, presidente di AnitecC’è una crescita esponenziale degli oggetti connessi, è necessario che l’Italia si doti delle competenze necessarie per accompagnare questo fenomeno, per rendere competitivo il nostro paese. E’ necessario passare dai convegni ai fatti, servono le reti per veicolare il traffico legato all’Internet of things. Le aziende di Anitec sono in grande sofferenza, bisogna partire con investimenti importanti per tutelare posti di lavoro. Serve un Digital Compact per spingere l’Agenda Digitale”.

“Siamo ormai da molti anni in una situazione critica – dice Radaelli – con un fatturato italiano del settore ICT in forte diminuzione. Le circostanze stanno spingendo tutte le maggiori aziende presenti sul nostro territorio a pesanti ristrutturazioni, che in diversi casi si traducono in perdita di centri di eccellenza di valore globale. Basti solo considerare come i valori del PIL e dei consumi procapite in Italia siano ritornati ai livelli del 1997 (fonte Centro Studi Confindustria), con un calo negli ultimi 5 anni valutabile in circa il 10% in termini reali. L’implementazione dell’agenda digitale, oltre ad essere la leva per lo sviluppo del Paese, può permettere il mantenimento ed il rafforzamento delle eccellenze rimaste, strategiche per il futuro italiano. In questo senso auspichiamo un ruolo forte dell’Unione Europea nell’attuazione di un sistema di mercato integrato con gli Stati Uniti, che possono rappresentare ancora un interessante mercato di sbocco per l’industria italiana ad alto contenuto tecnologico. Ovviamente tutto deve essere accompagnato, da pare del nostro Governo, a politiche fiscali competitive con gli altri Paesi europei, regole certe, formazione di livello alto e coerente con le nuove competenze richieste”.

 

D’accordo con la proposta di un Digital Compact a livello europeo Franco Bassanini, presidente di Cdp. “L’Italia ha bisogno di vincoli esterni – dice Bassanini – E’ necessario poi fare un “public assessment” sulla performance delle reti in Italia. Si faccia una valutazione delle condizioni delle infrastrutture di rete del nostro paese, per verificare a che punto siamo con il raggiungimento degli obiettivi di Horizon 2020, vale a dire della copertura a 100 mbps per il 50% della popolazione entro il 2020 (la media europea ad oggi è del 2%). In base a questa valutazione, che potrà essere affidata a due soggetti stranieri e  a uno italiano, si potranno fare i piani di investimento necessari per raggiungere il target europeo. Se siamo in linea con gli obiettivi, la Cdp non si occuperà delle Tlc. C’è poi da dire – aggiunge Bassanini – che gli investimenti in reti fisse Tlc è un investimento a lungo termine”. 

 

Passando al tema dell’innovazione e delle start up, Oscar Cicchetti, nel Consiglio Direttivo di Confindustria Digitale, ha detto che “in Italia non ci sono abbastanza start up. Manca un ecosistema organizzato”. Il nostro paese è molto indietro su questo fronte, sia per nuove società che nascono ogni anno, sia per l’ammontare degli investimenti. Sulla necessità di promuovere il sistema delle start up e il venture capital Carlo Purassanta, del consiglio direttivo di Confindustria Digitale: “Non c’è nemmeno un’azienda italiana nella classifica stilata da RedHerring che mette in fila le cento aziende più innovative in Europa”.

 

Un appello alla politica per invertire la tendenza arriva da Massimiliano Magrini, cofondatore e managing partner di United Ventures: “Bisogna applicare la norma sul Fondo dei Fondi – dice Magrini – per promuovere il venture capital nel nostro paese. Larga parte dei fondi europei che investono in start up sono di natura pubblica. Le start up sono il motore di crescita, innovano e rispondo ad esigenze reali. Basti pensare che aziende come Google acquisiscono una cinquantina di start up all’anno”.  

 

Il panorama del venture capital italiano viene illustrato da Anna Gervasoni, direttore generale dell’Aifi. “L’Italia ha fatto pochissimo per sostenere il venture capital – dice Gervasoni – i nostri venture capitalist hanno pochissimi fondi a disposizione. Ad esempio, non ci sono nel nostro paese fondi pensione che finanziano il venture capital. Manca anche un Fondo dei Fondi che ci sostenga. Detto questo, le richieste di sostegno sono numerose, ma ne possiamo accontentare soltanto una minima parte. Il tutto mentre il Mise ha destinato 190 milioni di euro per finanziamenti a pioggia a Invitalia”.

Per quanto riguarda il tema del digitale nella PA, secondo Giovanni Linzi, del direttivo di Confindustria Digitale, “c’è una stretta connessione fra Agenda Digitale e spending review – dice – il lancio di questo grande progetto consentirà di rivedere i processi e il ruolo delle infrastrutture nella PA, portando al risultato della “vista unica” del cittadino. Uno strumento che consentirà maggiore trasparenza nei rapporti fra cittadino e PA, fornendo inoltre un importante strumento di contrasto all’evasione fiscale. C’è però molto da fare – chiude Linzi – visto che nessuno conosce nemmeno il numero esatto dei datacenter della PA centrale e periferica”.

 

Fabio Benasso, del direttivo di Confindustria Digitale, sottolinea la necessità di aumentare le risorse a disposizione della PA, “che sono limitate – dice Benasso – Bisogna creare le condizioni per coinvestimenti pubblici e privati di lungo termine. L’obiettivo è trovare competenze importanti, creando nuove figure professionali ad esempio nel settore scolastico”.

 

Il viceministro dell’Economia e delle Finanze Luigi Casero sottolinea l’importanza del digitale per la produzione di “risparmi e la riduzione della spesa pubblica – dice Casero – senza dimenticare che il digitale serve anche per ridurre la pressione fiscale. La fatturazione elettronica è una misura in fase di approvazione. Non è una misura obbligatoria per le aziende, anche se produrrà vantaggi sul fronte dei recuperi dell’Iva. Il digitale sarà fondamentale per la lotta all’evasione e consentirà di mettere a punto delle dichiarazioni precompilate, allo scopo di semplificare e ridurre i costi del rapporto delle aziende e dei cittadini con la PA”.

 

Il ministro della Funzione Pubblica e della Semplificazione Gianpiero D’Alia sottolinea l’importanza della presenza della Cabina di Regia dell’Agenda Digitale in capo alla Presidenza del Consiglio. “E’ importante il ruolo della Presidenza del Consiglio, di cui la Funzione Pubblica è soltanto una parte – dice D’Alia – Il nostro obiettivo è far parlare gli enti fra loro, superando le resistenze alla digitalizzazione. Dobbiamo rafforzare il ruolo dell’Agid all’interno della Presidenza del Consiglio”.

 

“Non siamo all’anno zero nel processo di digitalizzazione della PA – dice il ministro della Sanità Beatrice Lorenzinsiamo di fronte ad uno switch off dal cartaceo al digitale, che in 5 anni porterà risparmi diretti per 7 miliardi di euro. In questo senso, non dobbiamo aver paura degli open data, visto che le criticità in termini sanitari si traducono in inefficienza e malasanità.”

“L’imprenditore italiano si trova oggi in una tempesta perfetta: raggiunto da un vortice di informazioni molecolari, di monadi digitali, inutili se non gestite, utilizzabili e preziose se elaborate da una piattaforma che le organizzi e dia loro un senso ha detto Alberto Tripi, Presidente del Gruppo AlmavivA e Vice Presidente Assinform, membro del Consiglio Direttivo e della Giunta di Confindustria – L’Italia è partita tardi, ma sta per fare un salto in avanti, le aziende hanno capito l’importanza dei Big Data Analytics, degli Open Data e del Cloud, come risorsa di business e come stimolo per la creazione di occupazione stabile”.

“Oggi – conclude Tripi –  il futuro passa attraverso la gestione di tali informazioni, relativamente alla loro reperibilità, quantità e intellegibilità. Solo governando questa enorme mole di dati, i Big Data, sarà possibile, per Banche, Assicurazioni, Imprese, Pubblica Amministrazione, raggiungere obiettivi ambiziosi in un contesto sempre più complesso”.

“Oggi le aziende soffrono di uno shortage di cassa e vogliono riservare i fondi che hanno al loro core business – dice Stefano Venturi, del consiglio direttivo di Confindustria Digitale – le aziende italiane devono aprirsi all’e-commerce, che possono portare 3 miliardi di risparmi alle famiglie italiane. Oggi le nostre aziende sono un po’ in ritirata, l’agenda digitale servirà per invertire questa tendenza”.

Uno strumento per raggiungere questo obiettivo sarà il decollo dei pagamenti alternativi al contante. “Il decollo di sistemi di pagamento alternativo, fra cui la moneta digitale e la diffusione dei Pos mobili – dice l’amministratore delegato di CartaSi Laura Ciolisarà fondamentale. Per fare il salto di qualità ci vorrà il decollo dell’m-payment, non importa se in modalità Nfc o con altre tecnologie. Il contactless servirà per alimentare l’economia digitale”.  

Un settore che già da tempo cavalca l’onda lunga del digitale è il turismo. “Il turismo è stato completamento modificato da Internet – dice Renzo Iorio, presidente di Federturismo – Prenotazione di alberghi, treni e aerei sono ormai fatte per il 56% online. Il 20% di queste operazioni viene poi fatta su tablet o smartphone. I clienti online sono infedeli, ma ormai l’80% delle decisioni sulle mete di viaggio è presa attraverso le recensioni raccolte in Rete, con un processo di democratizzazione del processo completo. Per l’Agenda Digitale, partire dai servizi al cliente è fondamentale. Anche perché come riusciremo a raccontare il nostro paese all’estero sarà fondamentale per il business”.

Per quanto riguarda gli e-citizen, infine, bisogna ricordare che “L’Agenda Digitale è fatta da persone – dice Debora Serracchiani, governatore del Friuli Venezia Giulia – bisogna spiegare agli italiani come il digitale rivoluziona il loro modo di andare al alvoro, andare a scuola, fruire dei servizi della PA. Per semplificare le cose, in Friuli Venezia Giulia abbiamo copiato un modello dalla Gran Bretagna, si chiama Go On Uk, e lo abbiamo declinato in base alle esigenze dell’Italia, con Go On Italia, e con quelle del Friuli Venezia Giulia, Go On FVG. Prevede diverse aree di azione fra cui il cittadino digitale, la scuola, la formazione digitale ai più anziani. Bisogna ricordare che ci sono centinaia di micro imprese italiane che hanno difficoltà ad andare in Rete”.   Massimo Sarmi, infine, presidente di Poste Italiane, ricorda il ruolo “fondamentale della Cibersecurity e del cloud – ha detto – senza dimenticare quello del punto unico di accesso ai servizi alle persone e imprese”

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