Twitter e libertà d’espressione, gli attivisti temono l’ingresso in Borsa

di Raffaella Natale |

Il social network ha fatto della libertà d’espressione la sua filosofia di base, ma dopo l’IPO dovrà rispondere ai suoi azionisti. Cosa succederà?

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L’espansione internazionale di Twitter e il suo prossimo ingresso in Borsa rimetteranno in discussione la politica molto liberale del social network, definito come “uno dei più ferventi sostenitori della libertà d’espressione“?

La semplicità d’utilizzo della piattaforma, la facilità d’accesso dai dispositivi mobili, l’anonimato permesso e le sue regole d’uso, più flessibili rispetto a quelle di altre reti sociali come Facebook, ne hanno fatto uno dei medium preferiti dagli attivisti di tutto il mondo.

 

Questa ‘tolleranza’, fino a oggi difesa come un marchio di fabbrica dal sito, va a scontrarsi sempre di più con le regolamentazioni nazionali, mentre Twitter, che fuori dagli USA non genera più del 25% delle sue entrate, conta di far crescere la propria presenza all’estero e ha già aperto 7 sedi.

 

“Twitter è sempre stato un nostro alleato“, ha commentato il blogger marocchino Hisham Almiraat. “Ma quando entrerà in Borsa, dovrà rendere conto ai suoi azionisti e io temo che l’avidità o le pressioni politiche possano modificare la sua filosofia di base”.  

 

Nei documenti dell’Ipo, resi pubblici giovedì scorso, Twitter, che spera di alzare 1 miliardo di dollari (734 milioni di euro), non cita che vagamente la libertà d’espressione, impegnandosi a facilitare la “diffusione delle informazioni real time e senza barriere”.

 

Paradossalmente, dice qualcuno, sono i Paesi democratici come Brasile, Germania, Francia e Regno Unito a essere entrati in contrasto con Twitter e non i regimi autoritari come Cina e Iran dove comunque il social network è ufficialmente vietato.

 

“Ci sono alcuni Paesi che non possono essere trattati come la Cina, poiché hanno un regime democratico e funzionano secondo uno Stato di diritto, però limitano la libertà d’espressione in un modo che non può essere contestato“, ha commentato Andrew McLaughlin, ex manager di Google e ora CEO del sito Digg.

 

In alcuni casi, però, la collaborazione con le autorità giudiziarie è importante come nel caso della Francia dove a luglio scorso Twitter ha fornito alla giustizia dati che hanno permesso di identificare gli autori di alcuni tweet antisemiti riportabili all’hashtag #unbonjuif e #unjuifmort.

 

Lo scorso anno, il social network è intervenuto per la prima volta in Germania per bloccare i messaggi di un gruppo di estrema destra di Hannover, usando un sistema che permette di filtrare i tweet provenienti da un singolo Paese.

 

E’ il Brasile comunque lo Stato da cui sono arrivate a Twitter maggiori richieste da parte delle Autorità. Poco dopo l’apertura della sua sede a San Paolo, nel 2012 ha ricevuto la più grande denuncia della sua storia. I giudici brasiliani hanno intimato al sito di bloccare i messaggi provenienti da tre account che fornivano precise indicazioni su come aggirare gli autovelox e i controlli anti – alcool con l’etilometro.