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Mercati, beni e consumi dematerializzati tra tutela del consumatore e tutela dei contenuti digitali

Italia


I nuovi spazi virtuali generati da Internet rendono possibile, fra l’altro, la dematerializzazione dell’oggetto del contratto favorendo lo sviluppo di nuovi mercati basati su nuovi diritti di fruizione condizionata all’osservanza di regole stringenti dettate dalla necessità di tutelare il contenuto digitale: la società basata sulla proprietà cede il passo alla società dell’accesso ai contenuti.

 

La fruizione del bene materiale tradizionalmente centrata sul diritto reale di proprietà nella società reale viene sostituita, nella società liquida dei contenuti digitali, da diritti obbligatori flessibili orientati alla prevalente tutela del titolare dei diritti d’autore e diritti connessi: si pensi al pervasivo utilizzo degli schemi negoziali di licenza di utilizzo – nelle numerose declinazioni riflesso del bene immateriale che s’intende proteggere da indebito utilizzo – e alla creazione dei nuovi diritti obbligatori di accesso temporaneo e condizionato.

Il nuovo mercato virtuale – peculiare della società dell’accesso – è caratterizzato da nuove modalità di fruizione di beni e servizi disciplinate nei contratti di accesso.

 

La diffusione del commercio elettronico e dei contenuti digitali favoriscono lo sviluppo di modalità di consumo dematerializzate e la conseguente emersione di un nuovo soggetto attivo nei mercati virtuali: il consumatore telematico, virtuale o digitale che dir si voglia.

L’utilizzo delle definizioni summenzionate è, ancora, pressoché indifferenziato salvo una differenza concettuale – destinata ad affermarsi  progressivamente – che vale, tuttavia, la pena di sottolineare sin da ora.

Con la definizione di consumatore telematico o virtuale s’intende sottolineare la prevalente attenzione dell’interprete al fenomeno dell’utilizzo della piattaforma tecnologica del world wide web di Internet per la contrattazione telematica, quindi al tema delle forme e dei procedimenti formativi dell’accordo.

Con la definizione di consumatore digitale s’intende sottolineare, invece, la prevalente attenzione dell’interprete al fenomeno della dematerializzazione dell’oggetto e alla fruizione di contenuti digitali, quindi al tema delle nuove modalità di consumo, delle relative garanzie e tutele.

 

Il progressivo crescente utilizzo di Internet e dello spazio virtuale anche per finalità commerciali — e non più solo di scambio di informazioni a titolo di cortesia o nell’esercizio di attività istituzionali non-profit — ha richiamato, come si è già rilevato, l’attenzione del giurista su una serie di problemi resi ancora più complessi dalla internazionalità del fenomeno.

A livello comunitario, il mercato unico digitale, veicolato dalle reti di comunicazione elettronica, viene considerato come la “quinta libertà” e, conseguentemente, ne viene ritenuto prioritario lo sviluppo: senza tutela dei contenuti, tuttavia, come noto, il mercato digitale non potrà crescere adeguatamente.

Nella categoria dei beni immateriali rientrano, tradizionalmente, le opere dell’ingegno, le invenzioni ed i modelli industriali.

 

Si tenga presente che il diritto morale o patrimoniale sul bene immateriale, derivante dalla creazione intellettuale (corpus mysticum), non va confuso con il diritto sulla cosa materiale (corpus mechanicum), potendo, infatti, i diritti sulla cosa materiale circolare disgiuntamente da quelli derivanti dalla creazione intellettuale e senza interferire con questi.

Data la eterogeneità della categoria dei beni immateriali, risulta difficile individuarne esattamente limiti e caratteristiche.

 

L’unico elemento certo è il requisito dell’assenza di corporalità. Genericamente si può parlare di bene «immateriale» quando sussistono le seguenti caratteristiche: è godibile simultaneamente da un numero indeterminato di persone e in luoghi diversi ed il godimento da parte di un soggetto non limita quello degli altri, né deteriora il bene.

Da questa definizione onnicomprensiva si distinguono le singole definizioni specifiche di ciascun nuovo bene immateriale fra cui possiamo, senza pretese di esaustività, annoverare: software, data-base, domain name, sito web, identità digitali (avatar), file musicali, file video, file game, opere letterarie digitali, foto digitali, audiovisivi e opere multimediali.

 

Requisiti comuni a tali beni immateriali sono, in sintesi, la:

1) qualità di creazione intellettuale, tutelata dal diritto d’autore o dal diritto industriale;

2) riproducibilità illimitata;

3) fruibilità simultanea da parte di più soggetti;

3) inconsumabilità.

 

Il bene oggetto del contratto, quindi, si dematerializza, diventa codice informatico – inesauribile e inconsumabile – suscettibile di fruizione di simultanea e di massa da parte di un numero illimitato di utilizzatori.

 

Condivisione e accesso ai contenuti digitali sono i nuovi mantra dei mercati virtuali, che sono luogo elettivo – per non dire, con riferimento a taluni settori come quello musicale, esclusivo – della fruizioni di software, opere letterarie, musicali, video e audiovisivi.

Anche la nuova Direttiva UE 25 ottobre 2011, n.83 sui diritti dei consumatori – che modifica le Direttive CE 93/13 in materia di clausole abusive e 99/44 in materia di vendita e garanzia di beni di consumo, oltre ad abrogare le Direttive CE 85/577 in materia di contratti negoziati fuori dai locali commerciale e 97/7 in materia di contratti a distanza – prende atto della centralità dei contenuti digitali nei nuovi mercati.

 

Si pensi, a titolo esemplificativo, ai seguenti riferimenti espliciti della Direttiva UE 11/83:

–           art.2, n.11 che definisce “contenuto digitale” i “dati e prodotti forniti in formato digitale”;

–           art.5.1 che tra gli obblighi informativi del fornitore, nei contratti diversi da quelli a distanza e in quelli negoziati fuori dai locali commerciali, prevede anche “la funzionalità del contenuto digitale comprese le misure applicabili di protezione tecnica” (lett.g) oltre a “qualsiasi interoperabilità pertinente del contenuto digitale con l’hardware e il software” (lett.h);

–           art.6.1 che tra gli obblighi informativi del fornitore, nei contratti a distanza e in quelli negoziati fuori dai locali commerciali, prevede anche “la funzionalità del contenuto digitale comprese le misure applicabili di protezione tecnica” (lett.r) oltre a “qualsiasi interoperabilità pertinente del contenuto digitale con l’hardware e il software” (lett.s).

La dematerializzazione e la possibilità tecnica di condivisione illimitata dei contenuti digitali agevola le condotte illecite (c.d. pirateria digitale) e rende strenua la battaglia dei titolari dei diritti d’autore e dei diritti connessi nei confronti degli utilizzatori di Internet.

 

Con il termine pirateria digitale in Internet s’intende fare riferimento alle seguenti attività e precisamente:

—fruizione mediante differita registrazione illecita di audio, video e audiovisivi sul proprio computer — c.d. downloading;

—fruizione in tempo reale dei dati predetti, senza registrazione permanente degli stessi — c.d. streaming — mediante accesso a siti web o più in generale tramite Internet.

 

Nell’interessante Documento Agcom del 12 febbraio 2010 “Il diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica: indagine conoscitiva‘ si osserva che, per valutare le dimensioni del fenomeno, spesso si considerano il file-sharing e il peer-to-peer (P2P) rispetto ai quali, tuttavia, è necessario sottolineare che i dati di traffico P2P comprendono sia quello legale che illegale e che i dati sul traffico degli utenti sono in possesso, quasi esclusivamente, degli operatori fornitori dell’accesso ad Internet.

 

In base alle stime della Federazione contro la Pirateria Musicale (FPM) il 23% degli utilizzatori della rete fruisce musica illegalmente con il P2P e, in media, i brani musicali oggetto di download via Internet sarebbero circa 1300 per ogni pc dotato di software P2P, per un totale di mancato fatturato per il settore di 300 milioni di euro all’anno.

Dal 2000 ad oggi (Fonte: Federazione Industriale Musicale Italiana) il mercato della musica digitale ha raggiunto il 50% del totale con una decisa evoluzione dal download allo streaming dei file musicali: è la definitiva affermazione della società dell’accesso – nota anche come società liquida – in cui i contenuti non vengono più trasposti nei vari supporti elettronici personali ma sono a disposizione sempre e dovunque nello spazio virtuale di Internet.

 

L’evoluzione successiva, già avviata, sarà catalizzata dalla diffusione massiva degli smartphone: 48 milioni di utenti di telefonia mobile che progressivamente, nei prossimi anni a partire da oggi, passeranno – a ritmo esponenziale – agli smartphone diventando fruitori anche di contenuti digitali.

 

Relativamente all’industria cinematografica, secondo gli studi condotti dalla Federazione Anti Pirateria Audiovisiva (FAPAV), piu dell’80% dei film è disponibile in rete su siti già dal secondo giorno di programmazione cinematografica. Dal punto vista del mercato illecito, l’Italia inciderebbe, in questo senso, per il 13% sul totale mondiale dei download; l’incidenza sul mercato legale è, invece, solamente del 5%.

 

Una maggior tutela dei diritti di proprietà intellettuale potrà essere tanto più efficace quanto più forte sarà l’offerta legale veicolata tramite Internet: emblematico il caso di fruizione legale di contenuti offerto da iTunes, che in meno di 4 anni ha venduto online più di 5 miliardi di canzoni.

Verosimilmente, nonostante una scarsa propensione al pagamento da parte dell’utenza media, lo scambio di contenuti digitali autorizzati potrà essere incentivato da una rete efficiente, diffusa capillarmente sul territorio e a banda larga.

 

Prendere atto dell’affermazione socio-economica di nuovi beni digitali e di nuovi consumi dematerializzati significa, quindi, anche porsi il problema della tutela giuridica degli stessi: si evoca, ineluttabilmente, il correlato tema fondamentale del contrasto alla pirateria digitale.

Ma questa è un’altra storia…

 

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