La Ue nuovo eldorado dei ‘patent troll’? I big del settore contro il brevetto unico: ‘favorirà gli abusi’

di Alessandra Talarico |

14 aziende, tra cui Microsoft, Telecom Italia, Apple e Samsung, hanno inviato una lettera alle autorità europee per chiedere, misure volte a limitare il rischio di favorire i patent troll a scapito dei consumatori prima dell’entrata in vigore del brevetto

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Il nuovo brevetto unico europeo, che ha ricevuto lo scorso dicembre il via libera del Parlamento europeo dopo oltre 30 anni di trattative e che sarà operativo dal 2014, inquieta i big dell’hi-tech.

Il timore è che il nuovo sistema – che permetterà agli inventori europei di estendere, con un’unica domanda, la validità di un brevetto in tutti i Paesi Ue che aderiscono all’accordo, usufruendo di procedure semplificate e di costi ridotti fino all’80% – favorisca i cosiddetti patent troll, cioè quelle società che acquistano i diritti sui brevetti depositati da altri e se ne servono per ottenere il pagamento delle royalties o innescare contenziosi in tribunale e che negli ultimi tempi hanno preso di mira in particolare le tecnologie utilizzate negli smartphone e dagli sviluppatori di app per le piattaforme mobili.

Per questo, 14 aziende, tra cui Google, Apple, Microsoft, Telecom Italia, Deutsche Telekom e Samsung, hanno inviato una lettera alle autorità europee per chiedere che vengano stabilite, prima dell’entrata in vigore del brevetto unico, regole volte a limitare il rischio di favorire i patent troll a scapito dei consumatori.

Le aziende protagoniste del mercato smartphone – come Apple e Samsung, ma anche Motorola – non sono certo nuove agli scontri nelle aule dei tribunali per far valere i diritti di proprietà sui brevetti illecitamente sfruttato dai concorrenti.

 

Secondo i dati dell’American Intellectual Property Law Association, i costi per difendersi da un’accusa di violazione di brevetto variano da 650 mila dollari per i casi minori fino a 5 milioni di dollari. Solo nel 2011, per difendersi dagli attacchi dei patent troll, le aziende hi-tech hanno sostenuto costi diretti per 29 miliardi di dollari.

In difesa dell’industria è sceso anche il presidente Obama, che a giugno ha annunciato una serie di importanti iniziative – cinque azioni esecutive e sette raccomandazioni legislative – volte a frenare i ‘patent troll’, mentre la FTC ha aperto un’indagine sulla liceità delle loro pretese.

Tra i casi più eclatanti di ‘abuso’, quello della NTP che, a luglio del 2010, dopo aver ottenuto oltre 612 milioni di dollari dalla RIM per chiudere un contenzioso legato alla paternità di alcuni brevetti relativi a tecnologie utilizzate nel BlackBerry, ha deciso di portare in tribunale Apple, Google, HTC, LG Electronics, Microsoft e Motorola, reclamando la presunta violazione di 8 brevetti legati all’email mobile.

Stessa strada tentata dalla Interval del co-fondatore di Microsoft Paul Allen, che però si è visto rifiutare la richiesta di risarcimento che aveva presentato nei confronti delle maggiori società hi-tech americane – tra cui Apple, Google, AOL, Facebook, eBay e RIM – ree a suo dire di aver illecitamente utilizzato una serie di brevetti utilizzati in una vasta gamma di servizi internet, dalla ricerca all’eCommerce.

 

Ora, quindi, i big dell’hi-tech temono che il brevetto unico europeo, influenzato – dicono – da ‘modello tedesco’, possa innescare un nuovo fronte di battaglia in Europa, trasformando il Vecchio Continente nell’equivalente dell’Eastern District del Texas, considerata molto propensa e sollecita ad accogliere le istanze dei proprietari di brevetto.

 

Due, in particolare, gli aspetti delle nuove regole Ue che impensieriscono i firmatari della lettera: la ‘biforcazione’, ossia la possibilità di affidare a due corti differenti il compito di stabilire la validità di un brevetto e la sua possibile violazione. Le aziende hi-tech temono che così il titolare di un brevetto potrebbe essere in grado di vincere una sentenza di infrazione in una giurisdizione molto prima che un altro giudice stabilisca magari che il brevetto non è neanche valido.

L’altro aspetto fonte di preoccupazione riguarda le ‘ingiunzioni’: le nuove norme Ue non sono sufficientemente chiare sull’applicazione delle ingiunzioni, in particolare non specificano quando queste siano valide in tutta la Ue o solo in un Paese.