Datagate: spiate dall’NSA anche le transazioni con le carte di credito

di Alessandra Talarico |

Ma per le web company Usa i danni economici non sono così ingenti come si poteva pensare: le rivelazioni di Edward Snowden non hanno scatenato, come qualcuno temeva o sperava, la fuga in massa dai servizi di Google & Co.

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Carte di credito

Anche le transazioni internazionali realizzate attraverso i sistemi di pagamento Visa e Swift sono finite in un apposito database della NSA. Lo rivelano nuovi documenti diffusi da Edward Snowden e resi pubblici dal quotidiano tedesco Der Spiegel, secondo cui l’agenzia americana ha creato un propria banca dati finanziaria per monitorare i flussi di denaro a livello internazionale.

Il monitoraggio, riporta Der Spiegel, viene condotto attraverso un’apposita divisione battezzata “Follow the Money” (FTM). Le informazioni raccolte vengono quindi fatte confluire in una banca dati chiamata ‘Tracfin’ che nel 2011 conteneva 180 milioni di documenti. L’84% dei dati riguarda operazioni con carta di credito.

Nel corso di una conferenza interna del 2010, gli analisti della NSA hanno descritto in dettaglio l’accesso alle complesse reti Visa, con l’obiettivo di “raccogliere, analizzare e ingerire i dati…concentrandosi su regioni geografiche prioritarie” quali l’Europa, il Medio Oriente e l’Africa.

 

Nella banca dati sono finiti anche dati della Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication (SWIFT) di Bruxelles, un network utilizzato da diverse centinaia di banche per inviare informazioni sulle transazioni in modo sicuro. L’accesso a SWIFT, come dimostrano alcuni documenti visionati da Der Spiegel, includeva anche “la lettura dei dati delle stampanti di numerose banche”.

Visa, dal canto suo, ha escluso che la possibilità che i dati possano essere stati reperiti da reti gestite dall’azienda.

 

Una prassi, questa appena rivelata, le cui ripercussioni legali, secondo un documento dell’intelligence britannica GCHQ, preoccupavano gli stessi dipendenti dell’agenzia, secondo cui “la raccolta, la conservazione e la condivisione di dati ‘politicamente sensibili’ rappresenta una profonda invasione della privacy, coinvolgendo ‘quantità di dati’ pieni di ‘informazioni personali’, molte delle quali non riguardanti ‘i nostri obiettivi'”, si legge nel documento.

 

Eppure, passata l’ondata di sdegno e i paginoni dei giornali dedicata all’ampio monitoraggio delle comunicazioni  – internet, smartphone e ora anche le carte di credito – a opera della NSA, nessuno sembra più prestare molta attenzione alle costanti rivelazioni di Edward Snowden, né al suo destino.

Non sembrano più tanto preoccupate neanche le principali web company, come Google, Amazon e Facebook, che secondo i documenti della talpa avrebbero collaborato con la NSA: l’impatto delle rivelazioni di Snowden sul loro business è stato minimo. Si temeva invece che, soprattutto in Europa, gli utenti avrebbero deciso di boicottarle per usare alternative locali più affidabili, provocando ingenti perdite – stimate dalla Cloud Security Alliance in 35 miliardi di dollari entro il 2016.

Secondo Forrester Research, le stime sulle perdite potrebbero essere anche troppo basse: l’analista James Staten stima perdite potenziali per 180 miliardi, pari al 25% dei ricavi totali dei fornitori di servizi IT.

 

Sulla base di queste previsioni, che la stessa Cloud Security Alliance definiva ‘non rappresentative’, sei gruppi del settore tecnologico hanno scritto la scorsa settimana al Governo Usa per chiedere una riforma dei programmi di spionaggio.

 

Eppure, i dipendenti Google avrebbero riferito a Reuters di non aver notato un impatto significativo sul business dell’azienda. E lo stesso sembra essere trapelato da Microsoft e Amazon. Un portavoce di quest’ultima, anzi, ha spiegato che la domanda internazionale non è mai stata così alta.

 

Le profezie nefaste che hanno accompagnato le rivelazioni di Snowden, insomma, non si sono avverate. Anche il vicepresidente della Commissione europea, Neelie Kroes, prevedeva che la mancanza di fiducia degli europei nei confronti dei provider Usa avrebbe provocato a questi ultimi “conseguenze per diversi miliardi di euro”.

 

Sul perchè non si siano avverate le teorie sono molto: probabilmente non ci son o ancora in Europa e nel resto del mondo valide alternative ai servizi Made in Usa o forse è ancora troppo presto per quantificare l’entità dei danni. O, ancora, è possibile che ormai il sentire comune sia che tutti i governi, chi più chi meno, possono tranquillamente introdursi in qualsiasi rete informatica per carpirne i segreti. I nostri.