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La guerra del PD alle web company ‘furbette’: chi vende pubblicità online paghi le tasse in Italia

Italia


Il Partito Democratico stringe il cerchio intorno alle multinazionali del web che aggirano il pagamento delle tasse in Italia. Con due emendamenti al ddl delega ‘per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita’ depositati in commissione Finanze della Camera, di cui è primo firmatario Ernesto Carbone, si chiede di “prevedere l’introduzione anche in Italia, in linea con le migliori esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle imprese multinazionali basati su adeguati sistemi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale”. Un secondo emendamento stabilisce che chiunque “venda campagne pubblicitarie online erogate sul territorio italiano debba avere una partita Iva italiana, ivi incluse le operazioni effettuate mediante i centri media e gli operatori terzi”.

 

Il tema delle multinazionali ‘furbette’ è stato al centro dell’attenzione anche dell’ultimo G20, quando il premier Enrico Letta ha ribadito il sostegno dell’Italia all’accordo sulla lotta all’evasione fiscale con lo scambio automatico di informazioni e il piano d’azione per combattere l’elusione fiscale.

Una necessità, quella di prevenire che le multinazionali sfruttino scappatoie e paradisi fiscali per pagare delle tasse minime, condivisa anche dal ministro delle Finanze russo Anton Siluanov, che ha espresso sdegno nei confronti delle politiche di aziende come Google e Amazon che ‘fanno soldi in un Paese’, ma pagano tasse più basse in un altro Stato.

 

Già lo scorso giugno, al G8 a Lough Erne, Letta aveva preso un forte impegno contro le multinazionali che praticano selvagge operazioni di ottimizzazione fiscale per pagare al minimo le tasse.

Al G8, ha indicato Letta, è emerso senza dubbio che “non ci saranno più scorciatoie”.

Il governo italiano, ha poi promesso il premier in un incontro con i dipendenti dell’Agenzia delle entrate ed Equitalia, farà una “lotta senza quartiere” contro l’evasione nei paradisi fiscali.

 

Basti pensare che a fronte dei loro profitti miliardari, società come Amazon e Facebook hanno denunciato al fisco italiano una cifra che complessivamente supera di poco il milione di euro: 950 mila euro, nel caso di Amazon, e 132 mila euro nel caso di Facebook. Eppure è così, come nel caso di Google, che da noi ha pagato all’erario circa 1,8 milioni di euro (Leggi Articolo Key4biz) a fronte di 52 milioni di ricavi e 2,5 milioni di utile conseguiti da Google Italy.

 

Il problema non riguarda solo l’Italia: anche che in Gran Bretagna una Commissione parlamentare si sta occupando specificatamente del caso e Google e Amazon sono state sentite più volte per chiarire la loro strategia ‘aggressiva’ di ottimizzazione fiscale (Leggi Articolo Key4biz). Argomento sul quale sono impegnati anche gli Stati Uniti (Leggi Articolo Key4biz).

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