Huawei: l’ex capo della Cia Michael Hayden accusa l’azienda di spiare per conto di Pechino

di Alessandra Talarico |

Huawei ha definito le accuse di Hayden ‘diffamatorie e prive di fondamento’, ma per Hayden, visti i suoi legami col Governo di Pechino, Huawei ‘è un’inequivocabile minaccia per la sicurezza nazionale’.

Cina


Ren Zhengfei

Quali sono i rapporti tra Huawei e il governo di Pechino? Per Michael Hayden, ex capo della CIA e dell’NSA – e che quindi di spionaggio se ne intende – non ci sono dubbi: la società “ha condiviso col Governo cinese le sue conoscenze profonde ed estese dei sistemi di telecomunicazione stranieri”.

Huawei, fondata nel 1987 dall’ingegnere dell’esercito Ren Zhengfei, è il secondo produttore mondiale di infrastrutture per le tlc dopo la svedese Ericsson. Ha accordi commerciali con 45 dei principali operatori tlc mondiali e ha sempre negato con forza qualsiasi legame col Governo di Pechino.

 

Intervistato dal quotidiano economico Australian Financial Review, il generale Hayden – attuale direttore di Motorola Solutions – non è andato per il sottile: Huawei, dati i suoi legami col Governo di Pechino “è un’inequivocabile minaccia per la sicurezza nazionale”, non tanto, o non solo, per  le “comprensibili” attività di spionaggio della Cina verso l’occidente – “anche noi rubiamo i segreti degli altri Stati”, ha ammesso francamente Hayden.

La differenza tra le attività di spionaggio effettuate dalla Cina e quelle americane è che gli Usa “rubano i segreti degli altri Stati in nome della libertà e della sicurezza dei cittadini, mentre la Cina lo fa per arricchire i suoi cittadini”.

La Cina, inoltre, non si limita a rubare “segreti di Stato” ma ha una definizione molto più ampia di “spionaggio legittimo”, che include “la proprietà intellettuale, i segreti industriali e commerciali e le posizioni negoziali di soggetti privati. In altre parole – ha aggiunto – la Cina va ben oltre quello che facciamo noi”.

Di più, secondo Hayden, come emerso nell’audizione pubblica presso la House Intelligence Committee, cui ha partecipato anche Huawei, “non sono trasparenti neanche tra di loro: non si sa chi nomina il consiglio di amministrazione o chi controlla la proprietà. E non esiste un comitato di sorveglianza indipendente che potrebbe garantirci che Huawei o ZTE non facciano quello che hanno promesso di non fare”.

 

Haiden paragona poi le attività di spionaggio attuate dalla Cina contro l’occidente alla guerra sottomarina indiscriminata che la Germania intraprese tra il 1915 e il 1918 contro la Gran Bretagna e gli alleati. Di sicuro, aggiunge il generale, “l’intensità dello spionaggio cinese è maggiore di quella che abbiamo visto tra gli Usa e i sovietici durante la guerra fredda”.

Il problema è, quindi, che la Cina considera le attività spionistiche attuate tramite i suoi ‘campioni nazionali’ come Huawei contro aziende private relativamente vulnerabili “una pratica accettabile, ma per noi questo è semplicemente inconcepibile” e questo problema è “diventato centrale nei rapporti sino-americani” e rischia di minare le relazioni tra i due paesi.

 

Per tutte queste ragioni, gli Usa non hanno consentito alle aziende del Paese di stringere legami commerciali con l’azienda, che ha quindi deciso di abbandonare il mercato nordamericano.

La società è nel mirino anche di Bruxelles, che l’accusa di dumping mentre l’Intelligence and Security Committee del Regno Unito ha sottolineato che l’aver consentito alla società  di diventare uno dei principali attori del mercato nazionale delle telecomunicazioni senza gli adeguati controlli di sicurezza ha reso il Paese vulnerabile ai cyberattacchi. Anche il governo australiano ha deciso di impedire a Huawei di partecipare al progetto da 34 miliardi di dollari per la costruzione di una rete broadband nazionale.

 

Huawei, dal canto suo, ha definito le accuse di Hayden “diffamatorie e prive di fondamento”. Si tratta, ha affermato un portavoce, di “commenti il cui unico scopo è quello di distrarre dalle reali inquietudini del mondo sullo spionaggio – industriale e di altro tipo – e che meriterebbero una seria discussione a livello globale”.

Il presidente di Huawei Australia, John Lord ha altresì precisato che più della metà degli operatori australiani importano prodotti dalla Cina e che molti dei componenti utilizzati da Alcatel-Lucent, Ericsson, Nokia-Siemens e Cisco per le reti tlc vengono prodotti da aziende cinesi.

“Mettere in blacklist una solo vendor non renderà le reti critiche più sicure”, ha affermato Lord.