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Mercato unico tlc, per BCG servono misure ‘pro-investimenti’ o l’Europa rischia di non recuperare il gap nella digital economy

Europa


La realizzazione di un vero mercato unico europeo per le tlc potrebbe generare una crescita del PIL pari a 750 miliardi e creare 5,5 milioni di nuovi posti di lavoro da qui al 2020.

È quanto prevede lo studio ‘Reforming Europe’s Telecoms Regulation to Enable the Digital Single Market’ condotto da The Boston Consulting Group (BCG) per ETNO (European Telecommunications Network Operators’ Association) che individua 5 misure funzionali allo sblocco dei necessari finanziamenti per accelerare la diffusione delle reti ultraveloci in Europa – infrastrutture essenziali per il decollo della digital economy: 1) sostanziale deregulation dell’accesso all’ingrosso alla rete fissa; 2) parità di condizioni per operatori e fornitori di servizi digitali; 3) politiche dello spettro radio in grado di accelerare la realizzazione di reti mobili; 4) consolidamento del mercato mobile; 5) armonizzazione delle regole e delle procedure per sbloccare le sinergie cross-country.

 

Messe insieme, stima BCG, queste misure potrebbero incrementare il flusso di cassa degli operatori per una cifra compresa tra 105 e 165 miliardi entro il 2020. Soldi che potrebbero essere investiti nelle reti di nuova generazione su cui si basa parte del rilancio dell’economia dell’Europa, continente un tempo leader dell’innovazione nel settore ma che oggi invece fa fatica a competere con le economie più avanzate.

Per dare un’idea, basti pensare che in molti mercati dell’Asia e del nord America la penetrazione della fibra ottica è venti volte superiore a quella Ue e quella dell’LTE è superiore di 35 volte.

 

Tra il 2008 e il 2012 gli investimenti delle telco sono scesi mediamente del 2% l’anno: in 5 anni si sono persi approssimativamente 3,5 miliardi di investimenti, mentre gli altri mercati avanzavano a spron battuto nella realizzazione delle reti NGN.

Restando così le cose, calcola BCG, “il deficit di investimenti necessari per raggiungere gli obiettivi della digital agenda in termini di copertura e penetrazione si attesterebbe, rispettivamente a 110 e 170 miliardi di euro”, con il risultato che i consumatori e le aziende sarebbero penalizzati da connessioni lente e poco affidabili e a farne le spese sarebbe l’intera economia europea.

“Con la Commissione che si appresta a lanciare una riforma del quadro normativo del settore, i risultati di questo studio arrivano al momento giusto e mostrano che, con le giuste condizioni regolamentari, le telecomunicazioni possono contribuire alla crescita e all’occupazione in Europa”, ha affermato il presidente del board ETNO, Luigi Gambardella, che ha sottolineato come il settore “necessita di una visione di lungo termine, con policy che favoriscano gli investimenti ed evitino misure che distruggano il valore di mercato”.

 

I dati dello studio, ha aggiunto il direttore di ETNO, Daniel Pataki, “sono essenziali per un dibattito informato sulle sfide del settore e sulle opportunità del mercato unico digitale”.

Per l’analista BCG Wolfgang Bock, “i consumatori europei pagano prezzi relativamente bassi per l’accesso a internet, ma stanno perdendo le opportunità legate ai servizi di nuova generazione”.

 

 

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