Spotify: nel 2012 in Italia 10 mln di pc hanno scaricato illegalmente. Per FIMI necessari strumenti di enforcement

di Raffaella Natale |

Altro aspetto cruciale per l'industria: i siti illegali diventano incubatori per consistenti risorse pubblicitarie, che potrebbero invece andare a piattaforme legali esistenti e a eventuali nuove startup

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Spotify

Spotify, piattaforma che fornisce musica in streaming, ha pubblicato lo studio “Adventures in the Netherlands“, un’analisi approfondita sul fenomeno della pirateria musicale.

La ricerca realizzata da Will Page, Director of Economics di Spotify, contiene anche un interessante paragone con l’Italia, uno dei mercati in cui Spotify è appena entrato e in cui la pirateria è un fenomeno dilagante.

Dall’analisi risulta che il download illegale di musica in Italia è una tendenza diffusa, molto più che nei Paesi Bassi.

Secondo i dati di Musicmetric, infatti, ben 10,7 milioni di indirizzi IP italiani hanno scaricato musica illegalmente nel 2012: il rapporto è di 77 IP torrent unici ogni 100 connessioni residenziali. La seconda osservazione è che chi scarica è recidivo: il 66% degli IP che ha scaricato musica pirata tra gennaio e giugno 2012 lo ha rifatto anche tra luglio e dicembre.

 

Solo il 20% delle connessioni attive scarica un solo file, mentre il 31% scarica tra i 6 e i 15 file. Inoltre, l’utente medio in Italia scarica due file in più rispetto a quello olandese, anche se gli italiani sono attivi solo 3 giorni all’anno (in Olanda 4). In Italia, quindi, la pirateria è più diffusa, ma il numero di utenti “passivi” (che scaricano cioè un solo file) è inferiore rispetto ai Paesi Bassi.

In Italia, si legge nel Report, lo zoccolo duro dei pirati di musica scarica 25 file: questo significa che il 10% di chi scarica illegalmente prende “solo” il 38% dei file, mentre in Olanda la percentuale si alza a 52%.

 

In conclusione, se la pirateria diminuisse a 27 IP ogni 100 connessioni anche nel nostro Paese –  come è già successo nei Paesi Bassi dopo l’arrivo di Spotify – verrebbero scaricati illegalmente 47 milioni di file in meno. 

 

Secondo FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), l’arrivo in Italia di Spotify “ha fortemente accresciuto il valore dell’intero mercato musicale, aumentando le possibilità di fruizione per gli utenti e innovando questo settore in modo tale da offrire una sempre migliore offerta legale in alternativa alla pirateria”.

 

“L’aumento delle possibilità date dell’offerta legale però – precisa FIM – non è sufficiente a ridurre quella illegale”.

Per l’industria della musica, l’unica possibilità di contrastare la pirateria e le numerose forme di lucro che spesso cela, è l’integrazione di una ricca e variegata offerta con delle forme di tutela legale.

Come suggerito e sperimentato dall’esperienza internazionale, sono numerose le variabili che intervengono in tal senso, fondamentale è che risultino combinate una buona formazione dei consumatori alla fruizione legale e lo sviluppo di un ambiente regolamentato in maniera appropriata“.

 

L’ausilio di strumenti di enforcement per contrastare la pirateria, indica FIMI, è certamente una leva utile a sostenere lo sviluppo di nuovi canali e mezzi di successo per la distribuzione di contenuti musicali. Solo considerando alcuni tra i casi principali, i siti bloccati negli ultimi anni (Pirate Bay, Torrent Reactor, KickassTorrent) hanno subito un calo mediamente del 90% in termini di numero di utilizzatori e gli utenti persi dalle piattaforme bloccate non sono automaticamente migrati su servizi illegali alternativi. Nel corso dell’ultimo anno, in Italia, il numero di utilizzatori del protocollo Bit Torrent è calato di 600.000 unità.

 

I siti illegali, infine, diventano incubatori per consistenti risorse pubblicitarie, che potrebbero invece essere predisposte per le piattaforme legali esistenti e per eventuali nuove startup. In tal senso, conclude FIMI, assorbono importanti forme di sostentamento e supporto che potrebbero risultare fondamentali per vari canali esistenti, sia in fase di sviluppo e crescita che, ancor di più, in fase di lancio.

 

Un aspetto importante, quello della pubblicità sulle piattaforme illegali, di cui si comincia a interessare anche l’Italia. Recentemente il Viceministro Antonio Catricalà ha consigliato agli investitori pubblicitari di UPA di guardare alle best practices degli Stati Uniti dove le associazioni di categoria hanno firmato accordi interessanti con l’obiettivo di sensibilizzare i propri membri ad autoregolamentarsi contro la pubblicità non intenzionale sui siti pirata (Leggi Articolo Key4biz).

 

Importante in questo senso, anche il codice di condotta sottoscritto negli USA da Google e Microsoft che riguarda le inserzioni pubblicitarie su siti web che promuovono la pirateria o vendono beni contraffatti (Leggi Articolo Key4biz). La strada è lunga e in salita, ma l’importante è che si cominci anche in Italia a guardare a questa problematica, altrimenti si rischia di finanziare le sacche della criminalità che lucra con la pirateria.

 

E di Spotify s’è parlato ieri anche nella IX Commissione della Camera in occasione dell’audizione del presidente Agcom Angelo Cardani sul diritto d’autore online.

La piattaforma è stata citata come esempio di siti che hanno incentivato l’offerta, contribuendo a far sì, ha sottolineato Cardani, che “con una spesa modesta si possono acquistare contenuti legali” (Leggi Articolo Key4biz).

 

Nei Paesi Bassi, dove Spotify è arrivato nel maggio 2010, è diventato il player più importante del mercato.

Grazie anche alla sua popolarità, la settimana scorsa i Paesi Bassi sono stati il primo paese in Europa ad aver stilato la classifica dei brani più scaricati e più ascoltati in streaming. Inoltre, il mercato locale sembra essere giunto a una svolta: secondo i dati IFPI, lo scorso anno i ricavi digitali sono cresciuti del 66% segnando la percentuale più alta nell’Europa occidentale.

 

Ecco le principali evidenze:

* Nel 2012, la pirateria musicale nei Paesi Bassi ha coinvolto solo 1,8 milioni di famiglie, un quarto del totale. Il dato è in linea con precedenti studi accademici che mostrano come il fenomeno sia in calo;

* Analisi più approfondite mostrano che solo poco più della metà degli utenti che effettua un download illegale di musica scarica meno di 3 file, mentre il 10% “ruba” più della metà dei contenuti;

* Gli One Direction e Robbie Williams hanno reso disponibili i loro album su Spotify sin dal momento del lancio e le vendite hanno superato le perdite dovute alla pirateria. Al contrario, Rihanna e Taylor Swift, che non hanno utilizzato fin da subito la piattaforma, hanno perso tanto quanto hanno venduto.

 

 “Questo studio – ha osservato Will Page – mostra come sia possibile misurare non solo il numero di persone che scaricano musica illegalmente, ma anche la ripercussione su lungo periodo della frequenza di utilizzo e della quantità di file scaricati“. “Questa svolta permette all’industria musicale di far crescere ancora di più il mercato legale ponendosi questa domanda ‘quale tipo di appassionato di musica è più incline a passare a Spotify: la maggioranza passiva o lo zoccolo duro dei pirati?'”.

 

“Il lancio della funzione Scopri, avvenuto di recente, continuerà a migliorare il modo in cui la musica può incontrare nuovi fan attraverso una piattaforma legale. Dobbiamo continuare a migliorare perché gli ex-pirati sanno come tornare indietro“, ha concluso Page.

 

Lo studio è stato realizzato utilizzando i dati di streaming di Spotify, dati di vendita di GfK Paesi Bassi, dati di vendita IFPI e BitTorrent da MusicMetric.

 

Per maggiori informazioni:

Adventures in the Netherlands