AgCom: spetta alle società tlc coprire i costi non finanziati dallo Stato

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Per la Corte di Giustizia Ue, la direttiva ‘autorizzazioni’ non osta alla disciplina di uno Stato membro e, quindi, ‘le imprese che prestano servizi o reti di comunicazione elettronica sono tenute a versare un diritto destinato a coprire i costi'.

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Le società di telecomunicazioni sono tenute a versare un diritto per coprire i costi sostenuti dall’AgCom e non finanziati dallo Stato, nei limiti previsti dalla legge.

Lo ha stabilito la Corte europea in risposta alla richiesta del TAR Lazio di interpretare la direttiva “autorizzazioni” e di verificare la compatibilità con essa della disciplina italiana. La direttiva sulle autorizzazioni delle comunicazioni elettroniche (direttiva 2002/20/CE) prevede, nello specifico, che i diritti amministrativi imposti alle imprese che prestano servizi o reti coprano i costi amministrativi per la gestione, il controllo e l’applicazione del regime di autorizzazione generale. Le autorità nazionali di regolamentazione devono pubblicare un rendiconto annuo dei propri costi amministrativi e dell’importo dei diritti riscossi.

 

Il Tribunale amministrativo si è rivolto alla Corte di Lussemburgo in riferimento a una serie di domande di pronuncia pregiudiziale presentate nell’ambito di dieci controversie tra Vodafone Omnitel, Fastweb, Wind Telecomunicazioni, Telecom Italia e Sky Italia, da una parte, e l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, la Commissione di Garanzia dell’Attuazione della Legge sullo Sciopero nei Servizi Pubblici Essenziali e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, dall’altra, in merito all’annullamento di delibere che impongono un contributo agli operatori che prestano servizi o reti di comunicazione elettronica per coprire tutti i costi dell’autorità nazionale di regolamentazione che non sono finanziati dal bilancio dello Stato membro.

 

A partire dal 1996 gli operatori che prestano un servizio di pubblica utilità in Italia sono tenuti a versare un contributo obbligatorio a titolo dei costi operativi delle autorità di controllo di detti servizi. Gli operatori che prestano servizi o una rete di comunicazione elettronica rientrano parimenti nelle previsioni di tale normativa.

L’obbligo di corrispondere un contributo a carico degli operatori del settore della comunicazione elettronica ai fini del funzionamento delle autorità di regolamentazione dei servizi di pubblica utilità è stato introdotto dalla legge n. 481/1995. In seguito ad una modifica di tale legge, in vigore dal 2007, i costi operativi delle autorità di controllo, come l’AGCOM, che non sono finanziati dal bilancio dello Stato, sono coperti dagli operatori del settore di competenza di tali autorità. L’importo di tale contributo è fissato con una delibera dell’autorità interessata, nel limite massimo previsto dalla legge del 2% della cifra d’affari dei predetti operatori. Il contributo è versato direttamente all’AGCOM.

Dalla legge finanziaria del 2010, la parte di finanziamento dell’AGCOM a carico del bilancio dello Stato è stata ulteriormente ridotta.

 

In un primo gruppo di cause, Vodafone, Sky Italia, Telecom Italia, Wind e Fastweb hanno al Tar del Lazio di annullare le delibere con cui AgCom ha contestato loro il mancato versamento, per il quinquennio 2006-2010 di una parte del contributo dovuto per le spese di funzionamento AgCom(14.593.034 euro per Vodafone Omnitel, 519.977 euro per Fastweb, 2.966.985 euro per Wind, 26.754.093 euro per Telecom Italia, 9.625.022 per Sky Italia).

In un secondo gruppo di cause, sempre davanti al TAR Lazio, Wind, Telecom Italia e Fastweb, hanno chiesto l’annullamento della delibera Agcom dell’11 novembre 2010 relativa alla misura e alla modalità di versamento del contributo dovuto all’Autorità per le comunicazioni per l’anno 2011 (che fissa la contribuzione dovuta all’Autorità pari allo 1,8 per mille dei ricavi risultanti dall’ultimo bilancio approvato prima della stessa, con un aumento del 20% rispetto al 2010).

 

Con la sua sentenza odierna, la Corte ha dichiarato che l’articolo 12 della direttiva 2002/20/CE “…non osta alla disciplina di uno Stato membro”, e che, quindi, “le imprese che prestano servizi o reti di comunicazione elettronica sono tenute a versare un diritto destinato a coprire i costi complessivamente sostenuti dall’autorità nazionale di regolamentazione e non finanziati dallo Stato, il cui importo è determinato in funzione dei ricavi realizzati da tali imprese, a condizione che tale diritto sia esclusivamente destinato alla copertura di costi relativi alle attività menzionate al paragrafo 1, lettera a), di tale disposizione, che la totalità dei ricavi ottenuti a titolo di detto diritto non superi i costi complessivi relativi a tali attività e che lo stesso diritto sia imposto alle singole imprese in modo proporzionato, obiettivo e trasparente, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare”.