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Datagate: Angela Merkel chiede un rigoroso accordo sulla protezione dei dati a livello europeo

Germania


Facebook e Google, per citare due tra i principali OTT americani, dovrebbero essere soggetti alle stesse regole sulla protezione dei dati in tutti gli Stati membri, e non semplicemente sottostare agli obblighi vigenti nel paese in cui hanno sede legale.

E’ quanto chiede il Cancelliere tedesco Angela Merkel, ribadendo la necessità di un rigoroso accordo sulla protezione dei dati a livello europeo, che obblighi le web company a rivelare quali dati personali hanno archiviato nei loro server e a chi li rendono disponibili.

 

A tre mesi dalle elezioni per il rinnovo del parlamento federale, l’esplosione dello scandalo Datagate – innescato dalle rivelazioni di Edward Snowden –   si è rivelata una vera grana per la Merkel, che ha subìto nelle ultime settimane pesanti critiche perchè la sua reazione nei confronti del Governo Usa è stata considerata troppo ‘morbida’.

Nel corso del weekend, lo sfidante socialdemocratico Peer Steinbrück ha accusato il Cancelliere di essere venuta meno al suo dovere di proteggere i cittadini tedeschi.

La risposta a questi addebiti è arrivata domenica sera, quando in un’intervista televisiva la Merkel ha posto la questione in un’ottica europea, sfidando gli Stati membri come Gran Bretagna e Irlanda, dove vigono leggi sulla protezione dei dati meno rigide di quella tedesca, a sostenere le norme più severe previste dalla riforma Ue.

“Le internet company che operano in Europa – come Facebook e Google – devono dare ai paesi europei maggiori informazioni riguardo chi può accedere ai loro dati”, ha affermato la Merkel.

 

La Germania, ha aggiunto, ha una legge sulla protezione dei dati “molto buona”, ma nonostante questo, se Google ha sede legale in Irlanda è soggetto solo alle leggi di quel paese.

Nel Regno Unito, invece, vige “una filosofia molto diversa” per quanto riguarda la protezione dei dati e leggi molto diverse che regolano l’accesso ai dati delle comunicazioni da parte dei servizi di intelligence. Serve pertanto, a giudizio del Cancelliere tedesco, “un’intensa discussione per scoprire cosa sia ragionevole”.

La posizione della Germania sarà che “non sempre il fine giustifica i mezzi” nella raccolta dei dati per ragioni di intelligence.

 

Riguardo, infine, la possibilità che gli Usa abbiano violato le leggi tedesche sulla protezione dei dati ha affermato: “Attendo un chiara promessa dal Governo americano, che in futuro osserverà la legge tedesca sul territorio tedesco. Siamo buoni partner…e dobbiamo poter fare affidamento gli uni sugli altri”, ha concluso.

 

Parlando alla Conferenza DLDwomen a Monaco, il Commissario Ue alla giustizia, Viviane Reding, ha quindi ribadito che la protezione dei dati “è un diritto fondamentale”, sottolineando che “Regole forti generano fiducia e la fiducia è essenziale nel mondo di internet. Senza non si va da nessuna parte” (Leggi articolo Key4biz).

 

Anche il Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz è intervenuto sul Datagate risponendo a una domanda – rivolta dall’italiano Enrico Santus – nel corso di un’intervista organizzata coi fan della sua pagina Facebook: “Capisco che gli Usa vogliano combattere il terrorismo – ha detto – Dubito che l’ufficio del Parlamento europeo a Washington stia preparando degli attacchi terroristici…non credo sia necessario spiarci! Se fosse vero, gli Usa dovranno spiegarci perché hanno trattato i loro alleati come nemici”.

L’esecutivo europeo sta lavorando alacremente alla revisione della Diretti va sui dati personali, che risale al 1995 ed è ovviamente inadeguata a fronteggiare le sfide dell’era digitale.

Obiettivo principale è creare un corpus unico di norme di protezione dei dati valido per tutta l’Unione e volto ad abolire gli oneri amministrativi inutili, come le prescrizioni in materia di comunicazione a carico delle imprese, che risparmieranno così circa 2,3 miliardi di euro l’anno.

Ma la proposta di riforma è stata fortemente osteggiata sia dalle web company americane, che hanno pesantemente pressato i parlamentari europei allo scopo di alleggerire la portata delle nuove norme – che includono anche la possibilità di multare le aziende fino a un massimo del 2% del fatturato – sia da alcuni Stati membri, che si sono opposti a diverse delle misure proposte dalla Commissione che potrebbero sfociare in pesanti oneri sulle aziende, proprio nel momento in cui i Paesi europei sperano che il business digitale possa contribuire a risollevare l’economia.

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