Roaming: l’azzeramento costerà 7 mld di euro agli operatori che chiedono alla Ue più attenzione agli investimenti

di Alessandra Talarico |

Per le telco, ‘ulteriori livelli di regolazione, il cui impatto non è stato attentamente valutato, difficilmente aiuteranno il mercato a crescere’.

Unione Europea


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Una ‘mossa per guadagnare qualche titolo sui giornali’. Così le società telefoniche europee hanno definito la proposta della Commissione europea – avallata anche dalla Commissione Industria dell’Europarlamento – volta ad azzerare il roaming.

Lo riferisce il Financial Times, che ha potuto ottenere una copia inedita della proposta di legislazione: un documento di 56 pagine il cui fulcro è proprio l’eliminazione del roaming, una delle principali fonti di reddito degli operatori mobili, attraverso l’offerta ‘forzata’ di pacchetti tariffari ‘comunitari’.

Nel documento si precisa quindi, come più volte ribadito pubblicamente anche dal Commissario Neelie Kroes, che “la differenza tra le tariffe di roaming e quelle domestiche dovrebbe avvicinarsi allo zero”.

La reazione delle telco è ovviamente molto critica e preoccupata visto che, secondo uno studio commissionato da ETNO, la misura farebbe perdere al settore introiti per 7 miliardi di euro entro il 2020, senza per altro affrontare la questione relativa ai necessari stimoli agli urgenti investimenti nel settore.

 

Gli operatori sottolineano altresì che, nonostante la proposta Ue contenga iniziative favorevoli all’industria – come l’armonizzazione dello spettro radio – non viene fatto alcun riferimento alla questione ‘fusioni e acquisizioni’. Le telco, infatti, hanno chiesto alla Commissione di essere meno rigida nei confronti del consolidamento ‘in market’, ossia delle fusioni tra operatori attivi in uno stesso paese, spesso bloccate dall’antitrust per evitare eccessiva concentrazione di mercato. Operazioni che però, secondo l’industria, sono necessarie per superare l’attuale frammentazione, che impedisce alle aziende di raggiungere la scala necessaria per competere ‘ad armi pari’ con i competitor asiatici e americani.

 

Il problema era stato affrontato dall’industria già nelle scorse settimane, quando in una lettera indirizzata al presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, i Ceo dei principali operatori europei – denunciando che la situazione finanziaria di un terzo degli operatori mobili europei è diventata ‘insostenibile’ – hanno chiesto proprio un allentamento delle norme che bloccano le fusioni; la rimozione dell’accesso all’ingrosso alle reti a banda larga fissa ai concorrenti e la fine della ‘disparità di trattamento’ delle aziende hi-tech che sfruttano scappatoie fiscali per non pagare le tasse.

Secondo gli operatori, Bruxelles avrebbe improntato le sue proposte in un’ottica troppo ‘pro-consumatori’ e poco incline verso la necessità di sostenere gli investimenti nella fibra ottica e nelle reti 4G.

 

“Il settore delle telecomunicazioni, come anche l’Europa, ha bisogno di politiche che favoriscano gli investimenti, ma non siamo sicuri che la proposta ora sul tavolo vada in quella direzione”, ha affermato il vice amministratore delegato di Orange Pierre Louette, sottolineando come al momento, la Ue sta continuando a concentrarsi “sulla concorrenza e sull’abbassamento dei prezzi e non su come favorire la crescita”.

Secondo un altro dirigente “ulteriori livelli di regolazione, il cui impatto non è stato attentamente valutato, difficilmente aiuteranno il mercato a crescere”.

Eppure è la crescita di un mercato dal quale dipende anche la competitività dell’intero continente, il perno centrale della nuova regolamentazione sul mercato unico che sarà presentata a settembre dalla Kroes.

 

Secondo un altro studio, sempre commissionato da ETNO, la deregulation potrebbe generare una crescita economica stimata in 750 miliardi di euro e stimolare investimenti per 115 miliardi l’anno entro il 2020.

Senza riforme, l’industria potrebbe perdere ricavi tra 70 e 190 miliardi di euro da qui al 2020, a scapito degli investimenti nelle reti di nuova generazione e della competitività dell’intera economia europea.