Key4biz

Cambiare passo nella regolamentazione delle nuove reti si può, anzi si deve

Italia


Dopo numerosi mesi di accesi dibattiti e due consultazioni pubbliche, esattamente un anno fa, a metà luglio 2012, Neelie Kroes, lancia un importante “policy statement” sulla rete d’accesso di nuova generazione [1]. Nell’occasione, il Commissario europeo per l’Agenda Digitale affermava senza giri di parole:  «La politica regolamentare dovrebbe rappresentare con chiarezza un volano e  non un ostacolo. Una regolamentazione che si mantiene stabile nel tempo e coerente in tutta Europa può dare basi solide ad una concorrenza sostenibile e ad investimenti efficienti.». Successivamente la Commissione chiariva  ulteriormente che per promuovere le NGN in Europa occorre mirare ad una stabilità regolatoria di almeno 6 anni, in quanto è evidente che chi investe in infrastrutture deve potere traguardare i ritorni economici su tempi medio-lunghi.

Non v’è dubbio che il discorso della scorsa estate, che rappresenta una vera e propria svolta nella politica regolamentare della Commissione sulle reti di nuova generazione, simboleggia anche la presa di coscienza di precedenti errori e incertezze, sintetizzabili nella Raccomandazione NGN del 2010 che in una lunghissima gestazione aveva tentato un impossibile compromesso fra le inconciliabili vision di mercato e tecnologiche dei diversi attori di settore. Letteralmente persi quasi cinque anni, dal 2008 in poi, mentre le reti non decollavano in nessuna parte d’Europa (con la limitata eccezione di quei paesi ove preesisteva la concorrenza infrastrutturale fra Telco e Operatori TV via cavo), a luglio 2012 la Commissione annuncia di avviare un nuovo processo regolatorio europeo basato su tre pilastri:

 

 

Ma la Commissione non si limitava alle enunciazioni di principio, bensì avviava subito il consueto processo normativo [2], [3].

Un corollario, neppure troppo implicito, dei tre pilastri enunciati dal Commissario Kroes consiste nella necessità di un “light touch” regolatorio in tutta Europa, non solo in termini di minore frequenza di intervento (sei anni invece dei tre finora previsti per le analisi di mercato), ma anche nella ridotta intensità, perché troppa invadenza sul mercato pone limiti alla flessibilità delle scelte dei profili tariffari, di servizio e di qualità offerta, sia per gli operatori storici che per quelli alternativi.

Nel settembre 2012, WIK, un importante consulente molto ascoltato a Bruxelles,  approfondisce gli aspetti legati alla neutralità tecnologica e alla libertà di scelta per gli operatori delle soluzioni più adatte in relazione agli obiettivi di business [4]. WIK mette anche opportunamente in luce che, per i paesi ove la concorrenza infrastrutturale da parte del cavo TV è debole o inesistente, sta comunque sorgendo un’efficace offerta del wireless LTE e questo determina benefici concorrenziali di cui non si può non tenere ormai conto nel regolare i mercati dell’accesso.

Allo stato attuale del dibattito sulla regolamentazione NGA in Italia ancora non si intravede la necessaria consapevolezza di questo importante cambiamento di rotta, sebbene esso sia stato annunciato ormai da un anno e i primi passi operativi siano già in corso. Non sembra che si stia ancora prendendo atto, come si dovrebbe, dell’importante interrelazione che esiste fra le regole sul rame e il necessario incentivo degli investimenti sulla fibra. Anche la neutralità tecnologica non è ancora divenuta patrimonio molto diffuso, sebbene quanto meno forme di indebito interventismo tecnologico sembrano ormai fortunatamente accantonate (ma ancora presenti in qualche delibera Agcom destinata, per quanto visto, a mutare). Neppure si ha l’impressione di un’apertura di un dibattito, quanto mai necessario, su quale sia il contributo che il wireless LTE può dare per la diffusione dei servizi tradizionalmente collocati nei mercati dell’accesso fisso. Non si vede una sufficiente percezione dell’allargamento in atto della concorrenza a tre soggetti tecnologici, una volta separati e distinti, ma oggi sempre più interagenti: il rame, la fibra e il wireless LTE. Senza parlare di quello che è sempre stato un tabù, ma che dovrà essere superato nell’interesse della crescita economica: l’ottimizzazione dell’uso dello spettro radio e la graduale migrazione su fibra dei servizi più “bandwidth hungry“.

Un ripensamento complessivo degli scenari sarebbe oggi quanto mai auspicabile e con esso l’abbandono della vecchia impostazione regolatoria basata su un indeterminato “continuum” di delibere che producono aggiustamenti limitati e temporanei in cui non si vede il disegno complessivo e, principalmente, di cui non è dato comprendere quale sia il punto d’arrivo. Nell’odierna attesa, auspicabilmente produttiva e non statica, delle nuove regole della Commissione previste per l’autunno prossimo, si dovrebbe: a) riflettere subito su come intervenire, correggendo quanto necessario [5] , perché non più in linea;  b) evitare nuovi provvedimenti palesemente contrari al “policy statement” della Commissione; c) al contempo, porre solide basi per avviare, finalmente, quella stagione di regolazione leggera che ormai anche la Commissione europea ha compreso chiaramente essere essenziale “volano e non ostacolo” per promuovere stabilmente la concorrenza e gli investimenti per le nuove reti in Europa.

 


 

Note:

[1] European Commission memo: “Enhancing the broadband investment environment -policy statement by Vice President Kroes, Brussels, 12 July 2012

[2] COMMISSION RECOMMENDATION on consistent non-discrimination obligations and costing methodologies to promote competition and enhance the broadband investment environment, Draft, luglio 2012

[3] “Commission draft Recommendation on non-discrimination and costing methodologies” – BEREC Opinion, 26 March 2013

[4] WIK-Consult: “Re-thinking the Digital Agenda for Europe (DAE): A Richer Choice of Technologies“, September 2012

[5] Delibera Agcom 1/12/CONS e seguenti.

Exit mobile version