Datagate, Snowden chiede asilo anche all’Italia. Emma Bonino riferirà in Parlamento

di Alessandra Talarico |

Fonti della Farnesina si sono limitate a confermare di aver ricevuto la richiesta via fax, che sarà oggetto di valutazione da parte del nostro Governo. Le stesse fonti riferiscono che difficilmente sarà accolta, mancando i necessari presupposti.

Stati Uniti


Edward Snowden

C’è anche l’Italia tra i 21 Paesi cui Edward Snowden – la talpa del Datagate – ha chiesto asilo politico.

Le richieste sono state consegnate il 30 giugno a un funzionario del consolato russo presso l’aeroporto Sheremetyevo di Mosca da Sara Harrison, legale attivista Wikileaks, e quindi trasmesse via fax ai seguenti paesi: Austria, Bolivia, Brasile, Cina, Cuba, Finlandia, Irlanda, Italia, Olanda, Nicaragua, Norvegia, Polonia, Russia, Svizzera e Venezuela.

Secondo quanto reso noto attraverso un documento pubblicato da Wikileaks, la documentazione trasmessa alle ambasciate evidenzia “il rischio di persecuzione” che Snwoden si troverebbe ad affrontare negli Usa.

La Bolivia è al momento l’unico paese che ha dimostrato apertura verso la richiesta, come ha affermato il presidente Evo Morales in una intervista alla tv Russia Today. Morales ha precisato che il suo Paese non ha ancora ricevuto un’istanza in tal senso ma che “se ci sarà siamo pronti a esaminarla, siamo pronti alle trattative“.

Norvegia e Finlandia hanno fatto sapere che la richiesta può essere accolta perchè la domanda deve essere presentata sul territorio nazionale. Dal Venezuela, il presidente Nicolas Maduro ha precisato che Snowden non ha chiesto asilo politico al Paese, ma ugualmente “merita protezione in conformità con il diritto internazionale umanitario come persona che ha rivelato la verità”.

 

Pollice verso alla richiesta di asilo è arrivato anche da Polonia e Austria perchè la richiesta non è stata fatta pervenire direttamente alle ambasciate dei due Paesi.

Il ministro degli esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha confermato la ricezione della richiesta d’asilo, che sarà esaminata “in conformità con la legge”, mentre la Svizzera ha fatto sapere che Snowden potrebbe recarsi nel Paese ma dovrebbe presentare richiesta di un visto umanitario presso un’ambasciata svizzera all’estero.

 

L’India avrebbe respinto la richiesta, mentre fonti della Farnesina si sono limitate a confermare di aver ricevuto l’irrituale richiesta via fax, che – dicono – sarà oggetto di valutazione da parte del nostro Governo.

Le stesse fonti riferiscono però che difficilmente sarà accolta, mancando i presupposti necessari alla concessione dell’asilo.

Giovedì, in ogni caso, il ministro degli Esteri, Emma Bonino, riferirà sul Datagate alle commissioni congiunte Affari costituzionali ed Esteri di Camera e Senato.

Secondo quanto sancito dall’art 14 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, l’asilo non può essere richiesto se si è ricercati per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai princìpi dell’Onu.

L’art. 15 della Dichiarazione universale recita però che “…nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza”, mentre, come denuncia Snowden in una sua dichiarazione diffusa sempre da Wikileaks, a lui il passaporto è stato revocato unilateralmente pur non essendo accusato di nulla, facendo di lui un apolide, una persona senza Stato.

“Senza alcun ordine giudiziario, l’amministrazione cerca ora di impedirmi di esercitare un diritto fondamentale che appartiene a tutti: il diritto di chiedere asilo”, aggiunge Snowden accusando il Governo Usa di aver paura non tanto di lui o di Bradley Manning o di Thomas Drake, quanto “di voi, di un pubblico arrabbiato e informato che chiede il governo costituzionale che gli era stato promesso”.

 

Nel documento, l’ex consulente della NSA non risparmia le critiche al presidente Obama, accusato di impiegare contro la sua persona “i vecchi e cattivi strumenti dell’aggressione politica”, il cui scopo “è quello di spaventare non me ma chi verrà dopo di me”.

Obama, accusa ancora Snowden, “aveva dichiarato davanti al mondo che non avrebbe permesso ‘manovre’ diplomatiche sul mio caso. Ma pur avendo fatto questa promessa il Presidente ha ordinato al suo vice di fare pressioni sui leader dei paesi a cui ho chiesto protezione affinché respingano le mie richieste  di asilo”.

 

Per decenni, aggiunge, gli Usa “sono stati tra i più strenui difensori del diritto umano di chiedere asilo. Tristemente questo diritto…viene ora respinto dal Governo del mio Paese” che sta usando “la cittadinanza come un’arma”.

Ieri, dalla Tanzania, Obama ha rassicurato l’Europa sul fatto che fornirà tutte le informazioni che gli sono state richieste sul caso Datagate, ma ha anche difeso l’operato dell’intelligence, sottolineando che “…in tutte le capitali europee ci sono persone interessate, se non a quello che mangio per colazione, quanto meno a cosa dirò ai loro leader quando ci incontreremo…è così che lavora l’intelligence”.

Intanto il presidente russo Vladimir Putin ha ribadito che Mosca non ha intenzione di estradare nessuno – anche perchè negli Usa c’è la pena di morte, – ma ha avvertito Snowden che se vuole restare in Russia “deve smetterla di danneggiare i nostri partner americani”.

 

Sulla spinosa vicenda è intervenuto anche il premier Enrico Letta con dichiarazioni che, a dire il vero, sono sembrate molto accomodanti rispetto ai toni adirati di Francia e Germania. Letta ha affermato di sentirsi ‘confortato’ dalle rassicurazioni di Obama: “possiamo avere fiducia che ci saranno dei chiarimenti. Non ho dubbi che questo avverrà”.

Oggi, intanto, il direttore del Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza, Giampiero Massolo, sarà ascoltato dal Copasir, il comitato parlamentare di controllo sui Sevizi nell’ambito di un’audizione già fissata da tempo ma in cui inevitabilmente verrà chiesto conto delle informazioni secondo cui l’intelligence italiana avrebbe effettuato 300 mila accessi – solo nei primi sei mesi di quest’anno – nelle grandi banche dati strategiche nazionali, pur in assenza di plausibili minacce cibernetiche.

Un accesso avvenuto sulla base del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 24 gennaio 2013 recante indirizzi per la protezione cibernetica e la sicurezza informatica nazionale, voluto dal governo di Mario Monti e i cui pericoli erano stati denunciati già lo scorso marzo dall’avvocato esperto in materie digitale Fulvio Sarzana ma che ebbe poco seguito sulla stampa italiana.