#dleaders: dalla A alla Z, dall’alfabetizzazione digitale all’obiettivo zero digital divide

di di Diana Fabrizi - #DLeaders |

Diamo seguito alla pubblicazione dei progetti presentati a Bruxelles in occasione di DLeaders, organizzato da Prima Persona, Fondazione Magna Carta, Youth Intergroup, in collaborazione con Microsoft, Itg, EU40 ed Ego.

Europa


Digital Divide

A come Alfabetizzazione digitale. Z come Zero digital divide. Tra le due lettere, tra i due obiettivi, un intero alfabeto online volto alla costituzione e al consolidamento di soluzioni e servizi ITC attenti alle continue richieste degli utenti e alle concrete esigenze dei cittadini.

Se, anche negli altri approfondimenti #dleaders, è stata sottolineata l’importanza fondamentale della cittadinanza digitale (e di un’adeguata tutela per la stessa nel mondo virtuale), bisogna al tempo stesso riconoscere che tale scopo può essere raggiunto solamente tramite una stretta interconnessione tra la A e la Z di questo nostro alfabeto online.

Se, anche nell’ultimo Decreto del Fare – decreto legge 21 giugno 2013, n. 69, che ha individuato nei suoi 80 articoli gli interventi urgenti e prioritari per il Paese -, persino il Governo ha stabilito la rilevanza delle risorse digitali e dell’attuazione dell’Agenda Digitale Italiana, appare evidente quanto sia necessario un puntuale processo di evoluzione tecnologica sia in termini economici sia in termini di mentalità e consapevolezza e senso civico.

 

Non è più possibile temporeggiare nella vana attesa che “magicamente” cittadini e legislatori (già, perché specialmente questi ultimi sono spesso molto arretrati e poco inclini ad utilizzare e sfruttare tutto ciò che di positivo l’innovazione tecnologica ci offre) comprendano i benefici derivanti da una “società digitale”. Ecco allora qualche utile e semplice consiglio per il Governo (ma anche per tutti coloro che lavorano nel campo ITC): lanciare un programma di formazione e di alfabetizzazione digitale (differenziato per età e categorie sociali e professionali) riguardo l’uso e le potenzialità di Internet, con un reale abbattimento del digitale divide nazionale (divario digitale anche di genere!), nei terreni propri dell’istruzione, della sanità, della pubblica amministrazione, della giustizia, della società civile tutta. Attraverso un simile avanzamento di idee che promuovano finalmente lo sviluppo della cultura digitale, sarà ancor più facile favorire la sinergia tra l’innovazione sociale e l’innovazione strettamente tecnologica. In parte si sta già cercando di sopperire alle lacune del sistema attuale ma, consci del fatto che repetita iuvant, appare qui opportuno individuare come fondamentali, l’adozione o la previsione normativa o almeno l’intenzione di favorire la diffusione e l’utilizzo di recenti misure e/o strumenti tecnologici: open government, social learning, domicilio digitale, casella di posta elettronica certificata (PEC), fascicolo sanitario elettronico, e-commerce, digital marketing, smart working, cloud computing, universalità della banda larga di terza generazione (3G).

 

Certo, nel 2013 potrebbe sembrare scontato (e forse superato!) parlare di copertura della banda larga in tutto il territorio nazionale. Eppure il primo passo per favorire l’alfabetizzazione digitale e raggiungere l’obiettivo zero digital divide (espressione già utilizzata da progetti portati avanti da alcune amministrazioni, come la Provincia di Roma con il presidente Nicola Zingaretti o la Regione Abruzzo con il presidente Gianni Chiodi) è senza alcun dubbio proprio lo sviluppo della banda larga (broadband)- a cui alcuni associano pure una riduzione delle tariffe ADSL -, garantendola a tutta la popolazione e contemporaneamente rispettando i principi della “net neutrality“, come ribaditi dall’Agenda Digitale Europea prevista nella strategia Europa2020. C’è da dire che, nell’ottica di attenuare le disuguaglianze in questo campo tanto in prospettiva nazionale quanto internazionale, sono stati emanati bandi di gara per ottenere la copertura della banda ultra larga con fondi pubblici nelle Regioni del Sud Italia (partendo dalla Campania), anche con l’intento di eliminare il digital divide entro il 2014. Inoltre, sulla diffusione e liberalizzazione del collegamento Wi-Fi, l’art. 10 co. 1 e 2 del Decreto del Fare, pur senza nominare esplicitamente il Wi-Fi, si basa tacitamente sulla Direttiva 2008/63/CE (relativa alla concorrenza sui mercati delle apparecchiature terminali di telecomunicazioni) ed enuncia: “L’offerta di accesso ad internet al pubblico è libera e non richiede la identificazione personale degli utilizzatori. Resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento (MAC address). La registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all’identità dell’utilizzatore, non costituisce trattamento di dati personali e non richiede adempimenti giuridici“.

 

Nel 2011 è nato in Italia anche il Digital Advisory Group (DGA), gruppo composto da oltre 30 organizzazioni e aziende (tra le quali Microsoft, Google, Yahoo, Telecom) con l’obiettivo di favorire iniziative concrete per stimolare lo sviluppo dell’economia digitale italiana e contribuire a colmare il digital divide. Uscendo invece dai confini nazionali, è molto curiosa la recentissima iniziativa di Google “Project Loon” contro il digital divide e promossa al fine di consentire un accesso a Internet paragonabile al 3G o ancor più veloce.

 

Tale progetto, partito in Nuova Zelanda e destinato ai quasi 5 milioni di persone che non hanno ancora la possibilità di accedere alla rete, è un sistema sperimentale di 30 palloni aerostatici lanciati a 20 chilometri di altezza che ricevono il segnale Internet da stazioni a terra collegate alle reti locali e che comunicano tra di loro formando una rete a maglie in cielo. L’obiettivo (complesso ed ambizioso, ma non per questo impossibile) è quello di agevolare la comunicazione Internet, rendendola possibile anche in presenza di catastrofi o calamità naturali. Per tornare al punto di partenza, ossia alla A di alfabetizzazione digitale (o digital literacy, se si preferisce l’espressione inglese), non si può non tener conto del rapporto del World Literacy Foundation del 2012 che pone l’Italia – con il suo 47% della popolazione analfabeta funzionale – al primo ed inglorioso (sic!) posto nella classifica delle nazioni con maggior tasso di analfabetismo. L’alfabetizzazione informatica deve pertanto mirare a informare gli utenti, avvicinarli al web e permetterne la partecipazione attiva in una società sempre più on line, tramite l’acquisizione di competenze digitali (diverse dal mero apprendimento dell’uso del pc).

 

Gli interventi prioritari di un programma di alfabetizzazione digitale, basato su logiche tipiche dell’innovazione sociale e della sussidiarietà orizzontale, riguardano in primis lo sfruttamento dei mass media: ad esempio, creazione ad hoc di un canale digitale telematico RAI o di un canale YouTube o web tv o account su social media (interventi utili anche per abbattere i costi dell’operazione); in secundis, interessano l’interazione sociale e territoriale: percorsi didattici scolastici e universitari, corsi di formazione promossi gratuitamente da amministrazioni o enti locali (ad esempio, le Regioni) o aziende (pubbliche e private) indirizzati alle varie categorie, collaborazioni con associazioni di volontariato per progetti indirizzati ai diversamenti abili o agli anziani (ad esempio, il piano “Nonni su Internet” della fondazione Mondo Digitale rivolto agli over60).

 

Non è questo il luogo più adatto per riportare nei dettagli la proposta (cui è seguito un interessante dibattito) avanzata da Stefano Rodotà sull’opportunità di inserire o meno nella nostra Costituzione un articolo 21-bis – collegato anche all’articolo 3 – ai sensi del quale “Tutti hanno eguale diritto di accedere alla Rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale“. Senza entrare nel merito della questione, il riconoscimento (non necessariamente costituzionale) di un diritto di accesso a Internet – che riassume buona parte di quanto fin qui espresso – rappresenterebbe in ogni caso un passo in avanti nell’attuazione di molte libertà fondamentali di ogni cittadino e, in particolare, della cittadinanza digitale; inoltre, ridurrebbe drasticamente quel preoccupante digital divide che, ad esempio (in base a dati ISTAT di dicembre 2011), evidenzia come il 39% della popolazione italiana non abbia mai navigato su Internet (24% è la media europea) e quindi non sia in grado di esercitare per proprio conto molti diritti. In un contesto di Rivoluzione Digitale in continua evoluzione (come vuole l’innovazione), è chiaro che gli interventi di spending review (necessari per combattere la crisi) non possono e non devono interessare tagli della banda larga, come invece accaduto in passato.

 

E’, invece, sempre più appropriata una governance che proponga e attui disposizioni – adoggi mancanti o lacunose -, contrapponendosi (ove risulti necessario) anche alle resistenze di autorevoli esponenti pubblici o governativi e facendo valere le proprie competenze ed idee innovative in campo digitale. In fondo per “accontentare” l’interesse comune del Paese bastano poche, ma efficaci, misure che partano da quella A e giungano all’ambizioso raggiungimento di quella Z del nostro alfabeto online!

 

 

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