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Decreto Fare, la liberalizzazione del WI-FI renderà più difficili le indagini sui reati informatici?

Italia


Una delle parte più interessanti del Decreto Fare, approvato sabato scorso dal Consiglio dei Ministri (Leggi Articolo Key4biz), è sicuramente quella che riguarda la liberalizzazione del Wi-Fi. Provvedimento atteso da anni che comporterà notevoli vantaggi per i cittadini e per gli operatori (Leggi Articolo Key4biz).

Stando a una bozza del Decreto, che deve ancora essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale, per cui il condizionale è ovviamente d’obbligo, la norma che riguarda il Wi-Fi è l’articolo 10 (Liberalizzazione dell’allacciamento dei terminali di comunicazione alle interfacce della rete  pubblica).

La norma in questione prevede che l’offerta di accesso a internet sia libera e senza richiesta d’identificazione degli utilizzatori: “Resta fermo l’obbligo del gestore di garantire la tracciabilità del collegamento (MAC address)”.

 

MAC è un acronimo che significa Media Access Control ed è un sistema di identificazione di dispostivi anziché di persone.

L’avvocato Fulvio Sarzana, esperto di new media, spiega che “a un sistema d’identificazione personale se ne sostituisce uno basato su un numero in grado di identificare “macchine” e non persone”.

 

La norma continua così: “La registrazione della traccia delle sessioni, ove non associata all’identità dell’utilizzatore, non costituisce trattamento di dati personali e non richiede adempimenti giuridici“. L’identificazione personale è, quindi, nettamente esclusa.

E ancora: “Se l’offerta di accesso a internet non costituisce l’attività commerciale prevalente del gestore, non trovano applicazione l’articolo 25 del decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259 e l’articolo 7 del decreto legge 27 luglio 2005 , n. 144, convertito in legge 31 luglio 2005, n. 155”.

 

L’articolo 10 del Decreto Fare prevede inoltre che  “al decreto legislativo 26 ottobre 2010, n. 198 sono apportate le seguenti modificazioni: a) l’articolo 2 è soppresso; b) all’articolo 3 il comma 2 è sostituito dal seguente: “2. Il decreto del Ministro delle poste e telecomunicazioni 23 maggio 1992, n. 314 è abrogato”.

 

Per Sarzana, “La norma non è in alcun modo un’interpretazione autentica da parte del governo ma costituisce un’abrogazione (e una sostituzione con altre norme) vera e propria”.

“Nonostante oggi – aggiunge Sarzana – i commentatori con il vizio di salire sempre sul carro dei l”io l’avevo detto”, si affrettino a dire cose opposte rispetto a quelle che hanno detto fino ad un anno fa, il governo, per bocca del Ministro Zanonato è stato molto chiaro. Si dispone una norma abrogativa perché le norme sull’identificazione sono in vigore e dunque vi è la necessità di dire con certezza che le norme sono abrogate. Altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di una nuova legge”.

 

La norma, continua l’avvocato Sarzana, “all’apparenza rende più semplice il collegamento dell’utente al Wi-Fi e commercialmente più appetibile la vendita di servizi senza fili. Ma questo significa anche che, a meno di effettuare indagini complesse che iniziano dal produttore del dispositivo e risalire ad una catena di eventi impossibili da prevedere, ad esempio  nel  caso il dispositivo sia venduto all’estero, oppure a favore di un terzo, oppure il computer o il telefono siano usati, o il computer non sia associato ad una vendita avvenuta con un codice fiscale, il numero Macaddress non potrà identificare a fini di tutela e di repressione di reati nessun soggetto“.

 

Sarzana continua spiegando che, “pur essendo in linea teorica un indirizzo Macaddress univoco, se il gestore non è  in grado di registrare le sessioni (e associare un nome a quell’indirizzo, come previsto dal secondo comma dell’art 10) non potrà mai sapere chi ha fatto cosa e a chi appartiene il dispositivo utilizzato. Ciò significa che le indagini di polizia giudiziaria in casi di reati informatici diverranno di fatto impossibili (o almeno difficilissime)”.

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