Grecia, il caso ERT fa discutere: è giusto chiudere una Tv pubblica per fronteggiare la crisi?

di Raffaella Natale |

Quarto giorno di sciopero dei dipendenti della Tv pubblica greca chiusa dal governo.

Grecia


Protesta in Grecia contro la chiusura di Ert

Sciopero a oltranza dei dipendenti della Tv pubblica greca, Ert, chiusa dal governo nell’ambito di decisioni politiche volte al contenimento della crisi economica.

Per il quarto giorno consecutivo, centinaia di impiegati continuano ad occupare la sede dell’emittente e lo faranno, ha spiegato un delegato, “fino alla riapertura di Ert e al ritiro dell’atto legislativo che ne ha decretato la chiusura”.

I giornalisti di Ert continuano in ogni caso a produrre i loro programmi che vengono ritrasmessi in streaming e via satellite grazie all’assistenza tecnica fornita dall’Unione europea di radiodiffusione (European Broadcasting Union – EBU).

Inoltre, 50 direttori generali di media pubblici di 39 Paesi hanno firmato un documento congiunto per chiedere l’immediato ripristino della programmazione di ERT.

 

E’ dalla mezzanotte dell’11 giugno che la televisione pubblica greca non trasmette più. La decisione ha spiazzato tutti (Leggi Articolo Key4biz).

Questo intervento radicale e senza precedenti del governo è stato annunciato senza preavviso nel momento in cui i rappresentanti della troika si trovavano ad Atene.

La decisione della chiusura ha creato anche una grave spaccatura all’interno della coalizione di governo del premier conservatore Antonis Samaras: due dei tre partiti della coalizione si sono opposti alla chiusura e hanno annunciato che voteranno contro quando il decreto sarà presentato in Parlamento per l’approvazione.

 

“I sindacati dei dipendenti dei mezzi d’informazione – si legge tra l’altro in un comunicato dell’Esieain seguito alla decisione oscurantista del premier riguardo la chiusura della televisione pubblica che ha suscitato proteste in Grecia e all’estero, hanno deciso di proseguire lo sciopero di tutti i mezzi d’informazione del Paese. Questi sono momenti storici. La dittatura non si impone soltanto con i carri armati, come dimostra il governo della troika. Viene imposta anche con l’oscuramento delle televisioni, con i decreti legge e con l’abolizione di ogni bene pubblico“.

 

La decisione dei sindacati dei media di proseguire lo sciopero ha provocato la dura reazione di Nea Dimokratia (centro-destra), il partito di maggioranza relativa, secondo cui “l’odierna decisione dell’Esiea costituisce una dimostrazione del panico del sindacato dei giornalisti adesso che vengono messi in forse i privilegi di alcuni di loro“.

 

La ragione di questo provvedimento del governo greco? Gli sprechi della Tv pubblica.

Il portavoce del governo, Simos Kedikoglou, ha spiegato che costava 300 milioni di euro all’anno, “da tre a sette volte le altre tv e ha da quattro a sei volte il personale di altre strutture con ascolti ridotti”.

Kedikoglou ha spiegato che “in un momento in cui al popolo greco vengono imposti sacrifici non ci possono essere entità intoccabili che possono restare intatte quando si applicano tagli ovunque”.

Il portavoce ha poi precisato che l’emittente riaprirà più avanti con una struttura diversa e meno lavoratori. Agli attuali dipendenti verrà concessa la possibilità di presentare richiesta di assunzione nella nuova organizzazione. Immediata la protesta dei sindacati.

 

La Commissione Ue ha fatto sapere che la chiusura della tv pubblica ERT “è una decisione pienamente autonoma che va vista nel contesto di modernizzazione dell’economia greca per rendere efficiente il settore pubblico”.

“La decisione deve essere vista nel contesto dei grandi e necessari sforzi delle autorità greche per modernizzare l’economia, che comprendono l’efficienza e l’efficacia del settore pubblico”, scrive la Commissione che “non mette in discussione il mandato del governo di gestire il settore”.

 

Chris Dziadul, esperto di televisioni europee, parla di “grave errore di calcolo politico” da parte del governo greco che ha “messo in bilico il proprio futuro“.

In realtà potevano essere adottati provvedimenti di forte ridimensionamento senza dover arrivare a un’azione così drastica.

L’analista sottolinea che “la maggior parte dei broadcaster pubblici europei si trovano in forti difficoltà finanziarie, tuttavia stanno cercando di mantenere il proprio ruolo in un mercato sempre più competitivo“. Sebbene l’industria televisiva stia attraversando un periodo di grandi cambiamenti, ha precisato Dziadul, vi è ancora un ruolo per il servizio pubblico radiotelevisivo in questo nuovo scenario.

 

La Rai, giusto per citare i dati di ieri, ha chiuso con ricavi in calo a 687 milioni (-26 milioni rispetto allo stesso periodo del 2012). Il risultato operativo ammonta a 7,4 milioni in miglioramento di 6,3 milioni rispetto a quanto realizzato nel primo trimestre 2012 grazie alle azioni di contenimento dei costi operativi e altri proventi di natura operativa. A fronte di un risultato ante imposte positivo per 3,5 milioni (rispetto a una perdita di 1,9 milioni nel 2012) il risultato netto è negativo per 6,4 milioni di euro. Il Cda che ha approvato ieri i conti ha inoltre dato il via libera all’unanimità al nuovo modello di organizzazione e gestione della Rai.