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Agenda digitale: per la Ue, Italia troppo indietro nell’NGN. Maggiori investimenti in infrastrutture

Italia


L’Italia, secondo quanto emerge dal Rapporto sullo stato di avanzamento dell’Agenda digitale pubblicata oggi dalla Commissione Ue (Leggi Articolo Key4biz), evidenzia un tasso di utilizzo della banda larga da rete fissa relativamente basso e una scarsa disponibilità di accessi alle reti nuova generazione. Il nostro Paese resta, tuttavia, resta al di sopra della media europea per quanto riguarda la banda larga mobile.

 

Bruxelles sottolinea che l’Italia dovrebbe favorire gli investimenti in infrastrutture, al fine di aumentare la disponibilità di banda ultralarga. Un impegno che il Ministro Flavio Zanonato intende adempiere, come ha più volte ribadito nel corso delle ultime audizioni in Parlamento.

“E’ imprescindibile – ha detto Zanonato ieri in Commissione Trasporti della Camera – dotarsi di infrastrutture digitali in primis la banda larga in linea con l’Agenda digitale, garantendo a tutti l’accesso ad almeno 30 Mbit al 2020″. (Leggi Articolo Key4biz)

 

Nel 2012, la rete a banda larga standard copriva il 98,4% delle utenze domestiche in Italia, contro il 95,5% della media Ue. L’accesso alle reti NGN ad almeno 30 Mbps era, invece, disponibile solo per il 14% delle abitazioni mentre la media è del 53,8%.

Il Rapporto della Commissione evidenzia poi che a gennaio 2013 l’operatore storico possedeva una quota di mercato (51,4%) ben al di sopra della media europea (42,3%).

La tecnologia più diffusa per l’accesso a banda larga è la DSL (96,3% degli abbonamenti contro il 73,8% della Ue).

Nello stesso periodo, la quota di connessioni ad alta velocità (almeno 30 Mbps) era significativamente più bassa della media (0,1% da 14,8% nella Ue), le connessioni ultra-veloci (almeno 100 Mbps) erano anche marginali.

 

Per quanto riguarda internet mobile, nel 2012 la banda larga di terza generazione (Hspa) era disponibile per il 96,5% della popolazione contro una media Ue del 96,3%, mentre non era ancora accessibile la tecnologia LTE, i cui impianti sono entrati in funzioni a partire da gennaio 2013. E sempre lo scorso gennaio, la quota di abbonati a connessioni internet mobili rispetto al totale della popolazione era del 14,3% in Italia, contro il 9% della media europea.

 

La Ue mette in luce che persiste un problema di un ritardo sull’uso medio della rete. Solo il 53% degli italiani accede regolarmente a internet, almeno una volta a settimana, rispetto al 70% della media Ue. Una forte discrepanza, sebbene dal 2011 si sia registrato un aumento di due punti percentuali.

Il 37% degli italiani non ha mai usato internet, nel 2011 la percentuale era del 39%, quasi il doppio rispetto alla media europea che è del 22%. Il 38% dei meno abbienti usa regolarmente internet, 16 punti al di sotto della media Ue.

I nuovi dati sull’uso di internet da dispositivi mobili evidenziano che l’Italia è in ritardo: nel 2012 il 36% dei cittadini Ue accedeva alla rete tramite un device mobile, nel nostro Paese questa percentuale era del 16%, ben lontana dai leader dell’Unione europea (Regno Unito con il 63% e Svezia col 70%).

Ma le aziende italiane sono in linea con la media Ue per quanto concerne la fornitura di dispositivi mobili ai propri dipendenti per accedere al web (47% mentre nella Ue 48%).

 

Solo il 56% degli italiani disponeva poi di conoscenze informatiche, contro il 67% della media Ue. Ma, per quanto riguarda competenze più elevate, la percentuale era stabile dal 2009 al 24%, più vicino alla media Ue del 27%. La media tra computer skills di basso e medio livello è tuttavia più bassa di 4-5 punti percentuali rispetto a quella Ue rispettivamente del 16% e 25%. Questo spiega perché l’Italia resta in ritardo rispetto agli altri Paesi Ue.

 

I problemi però sono diffusi e non riguardano solo noi. La Commissione ha detto stamani che la metà dei cittadini dell’UE possiede competenze digitali scarse o inesistenti – nell’ultimo anno non è migliorato né il numero né il livello delle competenze degli utenti di ICT. Il 40% delle imprese che assumono o cercano di assumere specialisti informatici ha difficoltà e si prevede che il numero di posti vacanti per specialisti nelle ICT continuerà a crescere per raggiungere ben 900 mila posti entro il 2015. E in alcuni Stati il problema è ancora più grave dell’Italia, dove nel 2012 solo il 4% delle aziende ha assunto o cercato specialisti ICT. Uno dei tassi più bassi nell’EU27, insieme a quelli di Romania e Portogallo, che ha una media dell’8%.

 

Anche l’eCommerce non procede bene. Nel 2012 solo il 17% degli italiani ha effettuato acquisti di bene e servizi online negli ultimi 12 mesi. Tasso quasi invariato rispetto al 2010 e ben al di sotto della media Ue del 45%. Se poi si parla di acquisti via internet di beni in altri Paesi allora la percentuale crolla al 5%.

 

Il dato peggiore, però, l’Italia lo registra nell’eGovernment con la percentuale più bassa di cittadini che hanno usato servizi online della PA (19%), in calo di tre punti percentuali rispetto al 2011 e molto lontana dalla media EU27 del 44%.

 

Nel 2010, la spesa delle aziende in R&D (BERD) per il settore ICT era di 2,179 milioni di euro, in crescita rispetto ai 2,139 mln dell’anno precedente. La quota dell’ICT sul totale BERD è abbastanza elevata, leggermente al di sopra del 20%. Nel 2011, il sostegno pubblico in R&D nell’ICT era di 579,2 milioni di euro, circa il 6,5% dei fondi pubblici in Ricerca e Sviluppo, pari allo 0,57% del PIL, ma inferiore alla media Ue.

 

Per maggiori approfondimenti:

Digital Agenda in Italy

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