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Grecia, migliaia in piazza contro la chiusura della Tv pubblica. Il governo: ‘Costava 300 mln di euro l’anno’

Grecia


Migliaia di persone sono scese in strada ad Atene e Salonicco per protestare contro la chiusura della Tv pubblica greca Ert, che poco dopo le 23 di ieri sera ha cessato le trasmissioni.

La decisione del governo, del tutto inaspettata, ha spiazzato tutti. Sono 2.800 i dipendenti del servizio pubblico licenziati. La crisi economica può spingere a spegnere la Tv di Stato?

Sì, per la Grecia. La decisione rientra, infatti, nell’ambito del programma di privatizzazione delle aziende a partecipazione statale concordato con la troika Ue-Bce-Fmi. Ert, considerata da molti un esempio di spreco di soldi pubblici, dovrebbe riaprire con un numero ridotto di dipendenti.

“Non è stata la Commissione Ue a chiedere la chiusura della tv pubblica greca ERT, una decisione pienamente autonoma che va vista nel contesto di modernizzazione dell’economia greca per rendere efficiente il settore pubblico“: così la Commissione Ue in una nota.

“La decisione deve essere vista nel contesto dei grandi e necessari sforzi delle autorità greche per modernizzare l’economia, che comprendono l’efficienza e l’efficacia del settore pubblico”, scrive la Commissione che “non mette in discussione il mandato del governo di gestire il settore”.La Commissione comprende la difficile situazione dello staff ERT e si aspetta che i licenziamenti vengano fatti rispettando le leggi”, prosegue la nota. Bruxelles “sostiene il ruolo della tv pubblica come parte integrante della democrazia europea”, ma “il Trattato chiarisce che le scelte strategiche sulle tv pubbliche stanno agli Stati membri”.

Questo intervento radicale e senza precedenti del governo greco è stato annunciato senza preavviso nel momento in cui i rappresentanti della troika si trovavano ad Atene. “E’ uno choc assoluto“, ha commentato uno dei giornalisti della redazione, Pantelis Gonos, “il governo, senza consultazioni né discussione ha preso tutti in contropiede, annunciando la sospensione dalla mezzanotte”, ha spiegato.

 

Il problema dello sperpero del denaro pubblico, specie in Tv, non è nuovo. La privatizzazione potrebbe essere una soluzione, che non tutti condividono, ma chiudere la Tv pubblica anzitempo sembra eccessivo.

 

“Ert è un caso di eccezionale mancanza di trasparenza e di incredibile stravaganza. Tutto questo finisce ora“, ha detto il portavoce del governo, Simos Kedikoglou, in una conferenza stampa. Costa 300 milioni di euro all’anno, “da tre a sette volte le altre tv e ha da quattro a sei volte il personale di altre strutture con ascolti ridotti. Per questo il governo ha deciso di chiuderla”.

Kedikoglou ha spiegato che “in un momento in cui al popolo greco vengono imposti sacrifici non ci possono essere entità intoccabili che possono restare intatte quando si applicano tagli ovunque”.

Il portavoce ha poi precisato che l’emittente riaprirà più avanti con una struttura diversa e meno lavoratori. Agli attuali dipendenti verrà concessa la possibilità di presentare richiesta di assunzione nella nuova organizzazione. Immediata la protesta dei sindacati.

 

La decisione della chiusura ha creato anche una grave spaccatura all’interno della coalizione di governo diretta dal premier conservatore Antonis Samaras: due dei tre partiti della coalizione si sono opposti alla chiusura e hanno annunciato che voteranno contro quando il decreto sarà presentato in Parlamento per l’approvazione.

 

Il sindacato dei giornalisti Poesy ha convocato uno sciopero immediato di sostegno nel settore dei media privati. “Il governo è determinato a sacrificare la televisione pubblica e la radio per soddisfare i suoi creditori”, ha denunciato il sindacato.

Il ministero delle Finanze ha pubblicato un comunicato nel quale si annuncia che Ert non esiste più in quanto entità pubblica.

 

Secondo i sindacati, chiudendo l’Ert, il governo si assicura con un colpo solo l’obiettivo imposto dai creditori della troika di sopprimere 2.000 impieghi pubblici entro la fine di giugno. “E’ una soluzione facile per rispondere alle esigenze della troika“, ha affermato il sindacato Poesy. La Confederazione dei quadri del servizio pubblico Adedy ha definito il decreto come un vero “colpo di stato”.

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