Datagate: le ragioni della talpa che ha svelato i segreti di #Prism. E negli Usa si pensa alla class action

di Alessandra Talarico |

Il furore scatenato dalle rivelazioni di Snowden rischia di ampliare la distanza sulla definizione delle regole legate alla protezione dei dati. Regole che sono in corso di definizione e hanno già scatenato la lobby delle web company Usa.

Stati Uniti


Edward Snowden

Di Edward Snowden, sconosciuto fino a qualche ora fa, il mondo sa ormai tutto: 29 anni, ex tecnico della Cia è attualmente collaboratore di Booz Allen Hamilton, una delle principali società di consulenza strategica a livello globale.  

È lui la gola profonda del datagate che ha travolto l’amministrazione Obama e ha deciso di parlare delle attività di sorveglianza del Governo Usa, spiega sempre il quotidiano britannico The Guardian, “per informare il pubblico di quanto viene fatto nel loro nome e contro di loro”.

 

Snowden si è rifugiato a Hong Kong – eventualità che ha portato ambienti dell’intelligence ad affermare che dietro le sue azioni vi sia in realtà il governo di Pechino – e ha deciso di venire allo scoperto nella consapevolezza “di non aver fatto nulla di sbagliato”.

 

Il polverone suscitato dalle sue rivelazioni sul controllo sistematico a opera dei servizi americani di ogni comunicazione telefonica e internet dei cittadini Usa e non solo,  non accenna però a placarsi, e scoppia – sarà una coincidenza? – proprio nei giorni in cui il nuovo premier cinese Xi Jinping incontrava per la prima volta Barack Obama in California.

 

Dopo l’indignazione suscitata dalle rivelazioni di Snowden e la difesa – bipartisan e a spada tratta – del programma Prism da parte del Congresso Usa, l’opinione pubblica sembra essersi spaccata su due posizioni contrapposte: semplificando, c’è chi si dice d’accordo col presidente Obama e ritiene di sentirsi più al sicuro sapendo che il governo americano vigila – anche in rete – contro i malintenzionati, chi ritiene inaccettabile di essere spiato, pur non avendo niente da nascondere.

 

Il senatore repubblicano Rand Paul afferma di stare considerando l’organizzazione di una class action: “stiamo esaminando talmente tanti dati che penso questo possa soltanto peggiorare la lotta al terrorismo”, ha detto.

Il programma Prism è stato citato in oltre 77 mila report dell’intelligence. Secondo Jameel Jaffer, direttore dell’Unione americana per le libertà civili, si tratta di una “militarizzazione senza precedenti delle infrastrutture nazionali di comunicazione” ed è una cosa “profondamente disturbante per chè tiene alla separazione tra le due cose“.

Anche secondo Jaffer, il fatto che le attività di controllo dell’NSA e dell’FBI siano ormai di dominio pubblico potrebbe autorizzare gli utenti delle compagnie telefoniche a ad aviare una causa collettiva.

 

Mentre il tedesco Bild ironizza sulla vicenda mettendo in copertina Obama con il titolo ‘Yes, we scan’, in Europa, c’è chi teme che il furore scatenato dalle rivelazioni di Snowden rischi di ampliare la distanza delle posizioni sulle regole legate alla protezione dei dati. Regole che sono in corso di definizione e hanno già scatenato una forte azione di lobby da parte delle web company americane.

 

“Con tutto quello che abbiamo scoperto in questi giorni, su come facilmente le gli Stati Uniti spiano i dati delle persone, penso che sarà difficile per gli americani opporsi a un accordo forte sulla protezione dei dati”, ha detto Hannes Swoboda, leader dei deputati socialisti del parlamento europeo.

“E’ un problema è cruciale per noi in Europa…ci sarà una crescente resistenza contro un accordo con gli Stati Uniti a meno che non ci siano alcune chiare garanzie da parte loro sul pieno rispetto dei principi europei di protezione dei dati”, ha aggiunto.

 

I negoziati dovrebbero partire il prossimo mese: nella fase di preparazione, le aziende hi-tech e le società di servizi finanziari Usa hanno attuato una forte opera di pressione sui negoziatori per ottenere meno limiti sui ‘flussi di dati transfrontalieri’ dalle nazioni europee.