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4G: l’Europa deve recuperare il gap con Usa e Asia. Servono più frequenze e regole ‘light’ per rilanciare gli investimenti

Europa


L’Europa, che ha ormai perso la leadership nel settore delle tecnologie mobili, si trova a dover inseguire i competitor asiatici e nordamericani già in netto vantaggio nel rollout dei servizi di quarta generazione basati su LTE.

Ma quali sono le cause di questo sorpasso e come fare a recuperare terreno?

Gli operatori telefonici attribuiscono questo ritardo alla crisi che ha frenato i consumi e a una regolamentazione penalizzante, che ha finora privilegiato le ragioni dei consumatori – che hanno ottenuto prezzi molto vantaggiosi – e degli operatori ‘senza rete’, invece che sostenere chi ha investito nelle infrastrutture.

Bruxelles riconosce che gli investimenti nelle reti mobili di nuova generazione sono un volano essenziale per la ripresa dell’economia, non solo quella strettamente legata alle comunicazioni, che già vale il 3% del PIL e sta preparando una serie di ‘misure concrete’ per la realizzazione del mercato unico digitale, che dovrebbe servire a rilanciare gli investimenti e a rinvigorire la capacità innovativa delle aziende europee. Oltre ad apportare un ‘jackpot’ da 680 miliardi all’economia europea.

Certo, non esiste una bacchetta magica per risolvere dall’oggi al domani una crisi che nel giro di un lustro ha completamente sovvertito gli equilibri. Fino a 5 anni fa, infatti, l’Europa era ancora in una situazione di vantaggio rispetto agli Usa ma da allora le parti si sono rovesciate: la spesa media in servizi di comunicazione degli utenti d’oltreoceano è superiore a quella registrata in Europa, il consumo di minuti voce è 5 volte superiore e quello dati si attesta a circa il doppio. Anche in termini di sviluppo dell’LTE gli Usa sono ormai avanti: circa il 20% delle connessioni alla fine del 2013 saranno basate su questa tecnologia, contro il 2% in Europa. La velocità delle connessioni dati negli Usa è già il 75% maggiore e il ritmo degli investimenti è molto più sostenuto con un capex che negli Usa è cresciuto del 70% dal 2007 mentre in Europa è sceso del 14% tra il 2005 e il 2009 a 40 miliardi di euro.

Gli Usa, inoltre, contano 31 milioni di utenti LTE, la Corea del Sud ne ha 16 milioni mentre la Germania ne conta 570 mila e il Regno Unito 41 mila.

Una situazione che Pierre Louette di France Télécom definisce ‘umiliante’.

“Il web – dice – è stato inventato prevalentemente da un europeo ma le maggiori imprese sono americane e le reti più veloci sono negli Usa e in Asia”.

 

Nei giorni scorsi, uno studio di Navigant Economics per la GSMA, nel quantificare il gap tra Ue e Usa nello sviluppo delle reti di nuova generazione, ha esposto alcune possibili soluzioni, anche regolamentari, per rilanciare investimenti e innovazione.

 

Secondo Jeffrey Eisenach, Managing Director di Navigant, la crisi delle tlc europee è stata generata da diversi fattori ma è dovuta principalmente a una struttura di mercato inefficiente che ha impedito agli operatori di beneficiare di economie di scala e ha inibito la crescita dell’ecosistema mobile. A pesare sulle casse delle telco, anche gli enormi esborsi che nei primi anni dello scorso decennio hanno dovuto affrontare per le frequenze 3G: secondo il Ceo di Vodafone Vittorio Colao, quelle aste furono ‘un’aberrazione’  anche perchè avvennero nel bel mezzo di una bolla speculativa.

Anche secondo l’analista Robin Bienenstock di Sanford C. Bernstein, le policy comunitarie – che pure hanno permesso all’Europa di avere una diffusione dei servizi tra le più alte al mondo e prezzi molto vantaggiosi per i consumatori – hanno finito per indebolire la capacità di investire degli operatori.

Ecco perchè, secondo Bienenstock, Bruxelles dovrebbe ora puntare su un programma più favorevole all’industria ad esempio “riducendo gli ostacoli al consolidamento e accelerando il rilascio di nuove risorse frequenziali”.

 

Una tesi, questa, condivisa dalla GSMA, secondo cui è necessaria una nuova politica sullo spettro radio e un’accelerazione verso il mercato unico. Servono, insomma, sostanziali modifiche all’attuale quadro normativo, così da stimolare l’innovazione e gli investimenti.

La Commissione presenterà le proprie misure concrete per il mercato unico entro l’estate e intanto mira anche ad abolire il roaming. Una decisione controversa, che non ha mancato di suscitare la reazione degli operatori mobili che hanno chiesto al Commissario Neelie Kroes di “porre attenzione al quadro generale e di proporre delle raccomandazioni coraggiose e di lungo termine” perchè se non si esce da questo stallo a rimetterci sarà la ripresa dell’Europa.

 

Più che abolire il roaming servirebbe pertanto dare priorità all’armonizzazione delle politiche sullo spettro radio, assicurando che le frequenze sulla banda 700MHz siano assegnate alla banda larga mobile a livello globale. La Ue dovrebbe inoltre ridurre, secondo gli operatori mobili, gli impedimenti al consolidamento del mercato mobile con maggiori cautele nell’imposizione di rimedi in caso di fusioni tra aziende di settore.

Serve inoltre una politica più incentrata sull’innovazione – basti pensare alle potenzialità del cloud computing, dei Big data, delle tecnologie per la ‘green economy’ – così da attrarre gli investimenti e rendere di nuovo l’Europa il centro mondiale dell’innovazione tecnologica.

Ma soprattutto – indicano gli operatori – bisogna spingere sul mercato unico che potrebbe fungere da catalizzatore della crescita.

Con una regolamentazione più leggera – sia a livello nazionale che europeo – che elimini le restrizioni alla condivisione delle reti e fornisca aiuti per la copertura delle aree svantaggiate, gli investimenti potrebbero ripartire immediatamente, generando vantaggi per i consumatori, le imprese e l’intera economia. Allo stesso tempo le telco europee potrebbero contrastare gli assalti  delle aziende straniere, che guardano al Vecchio Continente come nuovo territorio di conquista (ne è l’esempio Carlos Slim che ha acquisito quote dell’olandese KPN e Telekom Austria).

 

Sulle decisioni europee pesano però i veti degli Stati membri, che si oppongono all’idea di cedere ulteriori poteri a Bruxelles, perdendo però di vista il quadro più ampio: più ci si barrica nelle ‘fortezze nazionali’, come le chiama la Kroes, più l’Europa accumulerà ritardo in un settore determinante per il futuro dell’economia e dell’occupazione. Non dimentichiamo infatti che nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione si prevede saranno 900.000 i posti vacanti entro il 2015.

 

 

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