#Agcom su diritto d’autore: disinformazione e processi lunghi e costosi, così i distributori illegali continuano a far soldi

di Raffaella Natale |

Un processo per pirateria richiede competenze specialistiche, si può arrivare a spendere migliaia di euro e può durare fino a 5 anni e alla fine non è detto che si ottenga un risarcimento.

Italia


Agcom e diritto d'autore online

Diritto d’autore online e pirateria, tema ‘scottante’ che nel nostro Paese, che figura ancora nella Watch List degli Stati Uniti tra quelli che non rispettano i diritti di proprietà intellettuale (Leggi Articolo Key4biz), attende ancora una regolamentazione.

Se ne parla oggi al Workshop organizzato dall’Agcom a Roma, che vede la partecipazione dei rappresentanti di diverse Autorità europee ed esperti della materia, per avviare un confronto tra istituzioni e stakeholder in vista dell’approvazione del Regolamento sul diritto d’autore online, che da troppo tempo attende d’essere tirato fuori dal cassetto.

 

Linea morbida o dura contro i pirati? E’ su questo punto che il dibattito s’è accesso stamani dopo la presentazione del presidente Agcom, Angelo Cardani.

Si parte da un dato certo e incontestabile: servono regole per gestire e arginare un fenomeno che non può più essere regolato da una legge vecchia di 70 anni.

Intanto bisogna far luce su un aspetto fondamentale: l’Agcom ha potere o meno in materia? Cardani ha detto che l’Autorità ‘sarebbe lieta di cedere il passo’ se il Parlamento decidesse di intervenire con riforma della legge che tutela il diritto d’autore “per adeguarla alla nuova realtà tecnologica e di mercato”.

Nel quadro normativo attuale, d’altronde, l’Agcom ritiene opportuno procedere nell’analisi del dossier, in quanto appare legittimata dalle disposizioni esistenti.

 

E poi, contro la pirateria è più efficace un approccio educativo o punitivo? Fino a ieri il modello Hadopi, quello della Francia, con norme stringenti contro il downloading illegale sembrava quello giusto, oggi è di nuovo tutto in discussione dopo la decisione del governo di rivedere le norme, sopprimere l’Autorità costituita ad hoc e passarne le competenze al Consiglio superiore dell’audiovisivo (Leggi Articolo Key4biz).

 

Nel suo intervento Cardani ha illustrato la propria posizione a favore di “un approccio di educazione alla cultura della legalità nella fruizione dei contenuti”. Senza tralasciare ovviamente “la promozione di una offerta legale in rete che sia effettivamente appetibile e concorrenziale – anche rispetto alle tempistiche di fruizione – rispetto all’offerta tradizionale”.

In questo passaggio si coglie l’apertura dell’Autorità italiana ad anticipare i tempi di uscita su internet delle premier cinematografiche.

 

Lo schema di Regolamento sottoposto a consultazione dall’Autorità a guida di Corrado Calabrò ha fatto emergere alcune criticità. Intanto i dubbi sul potere effettivo dell’Agcom di adottare il Regolamento, gli effetti delle regole di enforcement introdotte in altri ordinamenti, come appunto quello francese, e infine la varietà di dati relativi all’impatto economico della pirateria (Leggi Articolo Key4biz).

 

Cardani ha osservato che, su questi aspetti, l’Autorità ha consultato autorevoli giuristi, sta procedendo anche con approfondimenti interni sugli aspetti economici del fenomeno e sulle relative modalità d’intervento. Alla discussione ovviamente contribuirà il workshop odierno che porterà il contributo delle esperienze di altre Autorità europee, delle parti interessate e degli accademici.

 

Kerstin Jorna, responsabile Proprietà intellettuale alla Direzione Generale Mercato interno e Servizi della Commissione Ue, ha partecipato alla discussione fornendo importanti spunti di riflessione: le lungaggini delle procedure giudiziarie, che nel migliore dei casi si risolvono in due anni ma in alcuni Paesi, come l’Italia, si va dai tre ai cinque anni. Troppo; i procedimenti, poi, sono molto costosi, complessi e richiedono competenze specialistiche. Per ogni singolo caso si può arrivare a spendere fino a migliaia di euro e non è detto che alla fine si ottenga un risarcimento.

 

Sarah Jacquier, Responsabile per gli aspetti giuridici dell’Hadopi, dà qualche numero sulle azioni portate avanti dall’Autorità francese contro la pirateria: 1,7 milioni d’interventi di primo grado, 159 mila di secondo grado. Ma, dopo tre anni e 33 milioni di euro di finanziamenti pubblici, l’unico risultato tangibile è stata solo una multa da 150 euro (Leggi Articolo Key4biz).

 

Altro aspetto importante, segnalato da Jorna, è che negli ultimi tempi sta emergendo con forza un fenomeno preoccupante: i brand, alcuni molto noti, mettono i loro banner su piattaforme illegali, affidandosi a società che perseguono come unico scopo di massimizzare al massimo l’impatto delle loro pubblicità (Leggi Articolo Key4biz).

 

Kerstin Jorna ha giustamente evidenziato che la pirateria rappresenta un “business model di gran successo, perché va incontro alla domanda dei consumatori”.

 

Qual è quindi la soluzione più giusta? Sicuramente quella di allargare l’offerta legale e prevedere prezzi accessibili, visto che i maggiori fruitori delle piattaforme pirata sono soprattutto i giovani. Il professore dell’Università di Amsterdam Nico van Eijk ha commentato che la fine della ‘condivisione online’ dei contenuti è lontana così come la volontà di pagarli.

 

Per il Segretario Generale di FAPAV, Federico Bagnoli Rossi, “Se il problema non viene affrontato seriamente, la pirateria digitale può avere pesanti ricadute: consistenti sacche di disoccupazione per il settore e meno offerta culturale per i consumatori. L’Italia è tra i paesi più a rischio: solo nel 2010, la condivisione di 385 milioni di file audiovisivi illeciti ha causato un danno economico di circa 500 milioni di euro. Non c’è più tempo da perdere”.

 

Due risultati emergono con forza da questo workshop, intanto che è importante rendere i consumatori consapevoli delle loro attività online, evitando rischi di disinformazione su ciò che illegale, e poi che è indispensabile prevede processi amministrativi rapidi per i casi di contraffazione.

 

“E’ falso che chi viva di diritto d’autore voglia limitare la diffusione delle proprie opere su internet. E’ vero semmai il contrario”, ha detto senza mezzi termini il direttore generale della SIAE Gaetano Blandini.

Tuttavia non si può fare a meno di ricordare che l’Italia è al terzo posto assoluto al mondo nei download illegali di musica (non meno di 33 milioni nel 2012).

La SIAE si è detta pronta a che il coordinamento possa evolversi nel senso di offrire all’Autorità il sostegno di uomini, mezzi e risorse per la collaborazione nella gestione delle procedure di notice and takedown in grado di portare all’inibizione selettiva di contenuti non autorizzati, fino all’inibizione di siti da considerarsi pirata.

 

Marco Polillo, presidente di Confindustria Cultura Italia (CCI), ha ribadito: “Il nostro “nemico” non sono gli internauti, ma i delinquenti veri, quelli che si arricchiscono alle spalle di chi la cultura la produce”.

“Chi produce e chi lavora nel mondo della produzione culturale – ha precisato Polillo – non vuole violare la privacy degli internauti, né staccare la connessione a chi si scambia file online, non vuole alcuna forma di censura, né chiedere a chicchessia di filtrare quello che passa sulla rete. Lo mettiamo per iscritto. Vogliamo però allo stesso tempo che chi ha il potere di fermare i delinquenti lo faccia”.

 

Il problema della pirateria riguarda ovviamente anche i broadcaster, non solo studios cinematografici e case discografiche. Sky Italia ha parlato della necessità di una disciplina che preveda anche diritti esclusivi connessi. Mediaset d’altra parte ha sottolineato come la ‘concorrenza’ alla pirateria non sia sostenibile da nessuna azienda.

 

C’è poi chi, come FIEG, chiede non solo un regolamento antipirateria ma anche una legge contro gli aggregatori online di notizie. Proprio su questo punto, oggi il presidente dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella ha scritto a Governo e Parlamento (Leggi Articolo Key4biz), segnalando l’opportunità che l’Italia adotti una legge simile alla Lex Google tedesca, evitando soluzioni di compromesso alla francese.

Per il presidente di Confindustria Digitale, Stefano Parisi, “Dobbiamo tagliare qualsiasi ragionamento che vada nella direzione di mettere delle tasse sulle telecomunicazioni”. La proposta francese che va in questa direzione (Leggi Articolo Key4biz) per finanziare la cultura, per Parisi rappresenta “un approccio che vuole lasciare nei fatti le cose come stanno e dall’altro lato strizza un occhio alle attività illegali sulla rete. Dobbiamo seguire la ‘strada dei soldi’ e fare in modo che la gente paghi per i contenuti”. Scendendo nei particolari, “quello che manca – ha analizzato Parisi – è una chiara decisione sul cinema dove il problema è la finestra di tempo tra l’uscita in sala e l’home video, quando ancora il contenuto non è su nessuna piattaforma digitale ed è lì che la pirateria impazza“.