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‘Tango Down’: 4 arresti in operazione anti-hacker. Sfruttavano ‘marchio’ Anonymous per ottenere consulenze

Italia


L’espressione ‘Tango down‘ nel linguaggio militare vuole dire ‘nemico abbattauto’. Un’operazione coordinata dalla Procura di Roma e battezzata proprio ‘Tango down’ ha smantellato un gruppo hacker responsabile di diversi attacchi ai sistemi informatici di infrastrutture critiche, siti istituzionali ed importanti aziende.

 

L’operazione, condotta dal personale del CNAIPIC (Centro Nazionale Anticrimine Informatico per la Protezione delle Infrastrutture Critiche) della Polizia Postale e delle Comunicazioni ha portato a quattro arresti. Diverse le perquisizioni con il sequestro di materiale informatico.

Nel mirino del gruppo erano finiti i siti del Governo, del Vaticano e del Parlamento, ma anche di aziende ‘strategiche come aziende come Vitrociset e Trenitalia.

Il direttore della polizia postale e delle comunicazioni Antonio Apruzzese, nel corso di una conferenza stampa, ha spiegato che gli indagati si avvalevano della sigla di Anonymous per ottenere guadagni economiche: “Tutte le attività di falsa appartenenza all’associazione Anonymous, famosa per i suoi attacchi informatici in tutto il mondo, era finalizzata all’ottenimento di consulenze dalle stesse aziende che erano destinatarie degli attacchi informatici realizzate dal gruppo di hacker finiti agli arresti domiciliari”.

 

Gli indagati, ha aggiunto il vicequestore, Ivano Gabrielli, direttore del Cnaipic “facevano pervenire, in alcuni casi, alle stesse aziende offerte di consulenza per la sicurezza informatica”.

I danni cagionati dagli attacchi, secondo quanto riferito da Gabrielli, ammonterebbero a svariati milioni di euro.

 

Immediata, sui social network, la solidarietà agli arrestati: su Twitter diversi i messaggi contrassegnati dall’hashtag #Freeanons.

“Per ogni quattro che arrestate, ce ne saranno 100 pronti a riprendere”, scrive qualcuno.

“Hanno anche permesso di individuare pedofili e episodi di bullismo! #nonsoloattacchihackers”, si legge in un altro tweet.

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