Il nodo gordiano. OCSE all’Italia: ridurre il debito pubblico per non restare in balia dei mercati

di Raffaella Natale |

Fabrizio Saccomanni: 'Entro fine maggio possiamo chiudere procedura deficit eccessivo'.

Italia


Fabrizio Saccomanni

Giudizio positivo sul programma di riforme per la crescita avviato dal nostro Paese lo scorso anno da parte dell’OCSE, che pubblica oggi il suo rapporto semestrale sull’Italia.

L’Organizzazione pensa che potrebbe uscire dalla crisi già quest’anno, ma resta il grande peso del debito pubblico, che spinge a rivedere al ribasso le stime sul PIL per il 2013.

La priorità per l’Italia, secondo l’OCSE, resta “la riduzione ampia e prolungata del debito pubblico”, perché “con un rapporto debito/Pil vicino al 130% e un piano di ammortamento del debito particolarmente pesante”, il Paese rimane in balìa dei mercati finanziari.

 

“Il nuovo governo – ha detto il segretario generale dell’OCSE Angel Gurria oggi a Roma – deve costruire sui risultati passati e garantire che essi vengano sostenuti e rafforzati”.

La priorità è quindi la riduzione ampia e prolungata del debito pubblico. Ma soprattutto, promuovere la crescita e migliorare la competitività per rimettere l’Italia sulla strada di una crescita sana.

 

Per quanto riguarda il PIL, l’Organizzazione parigina stima per l’anno in corso un calo dell’1,5% rispetto al -1,0% precedente e, anche se considera la possibilità per l’Italia di uscire dalla recessione, taglia le previsioni di crescita per il 2014 da +0,6% a +0,5%.

 

Le stime dell’OCSE sono peggiori di quelle del governo (-1,3% quest’anno e +1,3% l’anno prossimo, secondo il Documento di economia e finanza approvato il 10 aprile), ma anche rispetto a quelle del FMI (-1,0% e 0,5%), della Ue (-1,0% e 0,8%) e di Bankitalia (-1,0% e 0,7%)

Anche il debito è stato corretto in peggio al 131,5% del PIL quest’anno e al 134,2% l’anno prossimo, ma “potrebbe aumentare ulteriormente qualora non si prosegua con ulteriori interventi di consolidamento e/o in assenza di entrate provenienti da operazioni di privatizzazione nel 2014“.

“Il debito pubblico italiano – da due decenni sopra il 100% del PIL – è tra i più alti dei Paesi dell’OCSE e il suo rinnovo richiederà circa 400 miliardi di euro l’anno, nel corso dei prossimi anni”. Il problema è anche che “l’elevato livello di debito rende l’Italia particolarmente esposta, nell’attuale contesto di crisi economica e finanziaria, al materializzarsi di circoli viziosi tra finanze pubbliche, settore finanziario ed economia reale”.

 

Il governo prevede invece un più tenue debito/PIL al 130,4% nel 2013 e un 129,0% nel 2014, con un deficit/PIL rispettivamente al 2,9% e all’1,8%.

 

Secondo le simulazioni dell’Organizzazione, adottare e mantenere misure volte a raggiungere un avanzo strutturale di circa il 2% del PIL entro il 2017, consentirebbe di ridurre il rapporto debito/ PIL alla soglia di Maastricht del 60% del PIL entro il 2030, mentre con un pareggio strutturale il debito pubblico si attesterebbe all’85% del PIL nel 2030 per poi raggiungere il 60% nel 2038.

 

Per l’OCSE, l’Italia invece di tentare di preservare i posti di lavoro esistenti dovrebbe “promuovere un mercato del lavoro più inclusivo, accrescendo l’occupabilità attraverso un sostegno attivo alla ricerca di lavoro e alla formazione, accompagnato da una più ampia rete di protezione sociale“. La riforma del 2012, per l’organizzazione, è un “un primo tentativo” di “affrontare in modo esaustivo le debolezze del mercato del lavoro“. Ora, si dovrà riorientare il sostegno verso la “flexicurity”. Una maggiore flessibilità nelle assunzioni e nei licenziamenti dovrebbe essere associata a “politiche più efficaci in materia di ricerca di lavoro, di attivazione e formazione, e di attuazione del sistema di protezione sociale universale previsto”.

 

Il neo primo ministro Enrico Letta ha detto lunedì nel suo discorso programmatico che favorire la ripresa dell’economia e puntare sul lavoro sarà la priorità del suo esecutivo.

Mentre oggi il Ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, intervenendo alla presentazione del rapporto OCSE, ha dichiarato: “Proseguiamo con fermezza sulla strada delle riforme strutturali, che sono già state iniziate. Riforme che hanno un effetto di sostegno alla crescita”.

“Nelle prossime settimane, entro fine maggio, al massimo entro i primi di giugno” la procedura Ue sul deficit eccessivo può essere ‘chiusa’, ha aggiunto, spiegando che questo sarebbe un riconoscimento del percorso fatto e un importante segnale per i mercati.

La crisi economico-finanziaria è “grave“, ha commentato poi ai giornalisti, puntualizzando “Vorremmo definitivamente uscirne il più presto possibile”.

 

L’occupazione resta l’aspetto più complesso ed è quello sul quale s’è soffermato ieri anche il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella giornata della Festa dei lavoratori.

“Mi addolora – ha osservato il capo dello Stato – che la Festa del Primo Maggio presenti oggi l’amaro segno delle pesanti condizioni economiche e delle incerte prospettive del nostro  Paese”.

“In Italia – ha proseguito – c’è stata negli ultimi anni una drammatica perdita di posti di lavoro. La disoccupazione colpisce un gran numero di famiglie. Sono quasi un milione i nuclei famigliari in cui nessun individuo in età lavorativa ha un’occupazione. In cinque anni la cifra è più che raddoppiata e oltre la metà di queste famiglie si trova al Sud. In tale difficile situazione aumenta l’emigrazione, soprattutto di giovani italiani con alti livelli di istruzione che cercano e trovano lavoro all’estero”.

 

Nel mese di marzo 2013, secondo i dati di Eurostat, 5.690 milioni di giovani (meno di 25) erano disoccupati nell’Ue a 27, di cui 3.599.000 erano nella zona euro. Rispetto a marzo 2012, la disoccupazione giovanile è aumentata di 177.000 unità nell’Ue a 27 e di 184.000 nella zona euro. Nel marzo del 2013, il tasso di disoccupazione giovanile è stato del 23,5% nell’Ue-27 e 24,0% nella zona euro, a fronte di 22,6% e 22,5%, rispettivamente, nel marzo 2012. I tassi più bassi sono stati osservati in Germania e Austria (entrambi 7,6%) e Paesi Bassi (10,5%), e i più alti in Grecia (59,1% nel gennaio 2013), Spagna (55,9%), Italia (38,4%) e Portogallo (38,3%).