Telecom Italia-3. Per Franco Bernabè, ‘Importanti sinergie e riduzione dei costi’. La Ue non freni il consolidamento

di Alessandra Talarico |

Italia


Franco Bernabè

In risposta alle sollecitazioni degli azionisti di minoranza, Bernabè ha avanzato agli uffici competenti la richiesta di valutare la modifica della parte dello statuto che garantisce alla lista di maggioranza la nomina dei quattro quinti del cda. Un eventuale accordo con Cassa Depositi e Prestiti per la realizzazione di una newco nella quale conferire la rete, consentirebbe un’accelerazione dei piani di sviluppo del gruppo nei servizi mobili di nuova generazione. L’Italia sarebbe apripista di un percorso che altri seguirebbero. 

 

 

L’integrazione tra Telecom Italia e 3 Italia “se realizzata a valori che rappresentino in modo corretto l’effettivo apporto delle due società presenta delle sinergie industriali”. È quanto ha affermato il presidente esecutivo di Telecom Italia, Franco Bernabè, intervenendo all’assemblea degli azionisti, chiamata ad approvare il bilancio dell’esercizio 2012, che si era chiuso con una perdita di 1,6 miliardi di euro, a fronte di svalutazioni dell’avviamento pari a oltre 4 miliardi.

Le sinergie, ha aggiunto, “comportano riduzioni di costo in termini di strutture commerciali e di sviluppo delle reti LTE, a cui si aggiungono i benefici di bacini di clientela complementari”.

 

Grazie a questa fusione e alla separazione della rete, Telecom sarebbe apripista di un percorso che altri gruppi europei sarebbero pronti a seguire.

Il presidente – il cui mandato scade l’anno prossimo – ha infatti sottolineato che un eventuale accordo con Cassa Depositi e Prestiti per la realizzazione di una newco nella quale conferire la rete, consentirebbe un’accelerazione dei piani di sviluppo del gruppo nei servizi mobili di nuova generazione, considerato il volano della futura crescita del settore.

“Il possibile accordo con CDP – ha dichiarato Bernabè – comporterebbe il vantaggio rappresentato dal fatto che le risorse finanziarie apportate dalla Cdp consentirebbero una significativa accelerazione dei piani di sviluppo delle reti di nuova generazione previsti nel piano industriale di Telecom Italia, in linea con gli obiettivi infrastrutturali posti dall’Agenda Digitale europea recepita, di recente, anche nell’ordinamento nazionale”.

 

Bernabè ha quindi sottolineato che eventuali ‘freni’ europei al processo di consolidamento sollecitato dalle maggiori società telefoniche europee (Leggi articolo Key4biz), provocherebbe ulteriori ritardi nello sviluppo dell’LTE, vanificando gli auspici della Commissione, che vorrebbe vedere l’Europa meno frammentata e di nuovo leader nello sviluppo delle tecnologie mobili.

“Eventuali freni od ostacoli al naturale processo di consolidamento porterebbero infatti a un ulteriore ritardo dello sviluppo delle reti LTE, su cui l’Europa registra già un forte ritardo rispetto agli Stati Uniti”, ha affermato Bernabè.

 

Sullo sviluppo dei nuovi servizi mobili a banda larga, è intervenuto anche l’amministratore delegato Marco Patuano che ha affermato: “Abbiamo avviato gli investimenti in reti di nuova generazione, sia mobili sia fisse, per abilitare i servizi del futuro che renderanno più competitiva non solo Telecom Italia, ma l’intero Paese”.

“La sfida futura – ha aggiunto Patuano – sarà quella di affiancare a un modello di business classico un modello più articolato, in grado di mantenere un focus elevato sulla componente tradizionale e allo stesso tempo di massimizzare il valore di tutta la componente innovativa: internet, cloud computing, nuovi servizi ‘over the network’ in cui convergono telecomunicazioni, entertainment e information technology”.

 

Alla riunione è presente il 44,4% del capitale con Telco che detiene il 22,38% e Findim il 4,98%:

Proprio in risposta alle sollecitazioni degli azionisti di minoranza – la Findim di Marco Fossati e Asati – Bernabè ha riferito in apertura di assemblea di aver avanzato agli uffici competenti la richiesta di uno studio di fattibilità per un’eventuale modifica dello statuto nella parte che garantisce alla lista di maggioranza la nomina dei quattro quinti del consiglio di amministrazione.

“E’ un’esigenza avvertita tra gli azionisti e, da parte mia, è considerata meritevole di attenzione”, ha detto Bernabè.

Le modifiche richieste da Findim ha chiarito Bernabè, non possono essere deliberate nella riunione “per ragioni tecniche”, ma “i tre temi sollevati meritano attenzione”.

Findim ha chiesto una maggiore rappresentatività degli organi collegiali, “facendosi portavoce di una esigenza avvertita tra gli azionisti”, ha detto Bernabè, sottolineando che la fattibilità della modifica degli articoli 9 e 17 dello statuto (meccanismi di nomina del cda e collegio sindacale che al momento prevedono un forte premio alla lista di maggioranza) sarà valutata degli uffici competenti, “alla luce delle best practices internazionali in materia, fermo restando il rispetto del quadro normativo applicabile”.

Gli altri temi sollevati da Fossati riguardano lo sviluppo di attività di sostegno all’azienda e al titolo e la rielaborazione dell’articolo 22, che disciplina i poteri speciali definiti dalla golden share.

 

Riguardo l’andamento del titolo – che a metà mattinata segna un lieve rialzo (+0,33%), sovraperformando comunque il mercato sulla scia delle ipotesi di una valutazione inferiore alle attese per 3Italia – Bernabè ha affermato che il rendimento complessivo negli ultimi anni è stato negativo perchè la società è stata penalizzata più di altri dall’elevata percezione del rischio associata all’esposizione sul mercato italiano.

Soffermandosi sulla genesi di questa situazione, che risale alle operazioni societarie compiute tra il 1999 e il 2007, ha affermato: “In particolare, la fusione Telecom-Olivetti e l’acquisto delle minoranze di Tim, hanno comportato esborsi netti per oltre 36 miliardi di euro, cui va aggiunta la distribuzione di dividendi per un ammontare complessivo di 20 miliardi di euro”.

Alla fine 2007, Telecom Italia aveva un indebitamento finanziario netto di 36 miliardi di euro e un fatturato di 29 miliardi: nel quinquennio successivo, appesantito tra l’altro dallo scoppio della crisi, “…ci siamo sforzati di conciliare la riduzione dell’indebitamento con il sostegno degli investimenti, essenziali per una società che trova la propria ragion d’essere nell’eccellenza delle infrastrutture e delle reti di telecomunicazioni”.

In difesa del proprio operato, finito negli ultimi tempi sotto la lente degli azionisti, Bernabè ha quindi sottolineato che “…la strategia perseguita in questi anni è quella che meglio risponde alle esigenze della società e, anche se ovviamente può e deve essere ulteriormente migliorata, deve comunque essere portata avanti con la stessa efficacia e la stessa determinazione anche nel prossimo futuro”.