3D presto su smartphone o smartwatch. Stupore di Neelie Kroes mentre Roberto Sambuco pensa già a come cambierà la vita sociale

di Raffaella Natale |

Il prototipo è stato presentato ieri da un team di ricercatori di Palo Alto.

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Ologramma della Principessa Leila

Guardare un film in 3D su uno smartphone o sul proprio orologio? Presto quella che fino a ieri sembrava solo fantascienza diverrà una realtà grazie a una nuova tecnologia sviluppata da due ricercatori americani.

Il prototipo presentato ieri è basato su un semplice schermo piatto con retroilluminazione, destinato soprattutto ai dispositivi mobili, che permette di sfruttare l’ottica diffrattiva per offrire le percezioni del 3D, senza la necessità di indossare gli occhialetti.

“Diversamente dalle attuali tecnologie – ha spiegato David Fattal, a capo dell’équipe dei ricercatori del laboratorio Hewlett-Packard di Palo Alto – che offrono il 3D solo un piano orizzontale, la nostra consente una visione in 3D completa“, da tutte le angolazioni.

 

Il tutto ha il sapore di una vera rivoluzione, tanto da spingere il Commissario Ue alla Digital Agenda, Neelie Kroes, ha scrivere su Twitter “Help me, Obi-Wan…”: amazing what you can do with #LEDs“, riferendosi al film Guerra Stellari, nel quale il droide R2-D2 proietta un ologramma della Principessa Leila che chiede aiuto ad Obi-Wan Kenobi.

Allora il regista George Lucas non poteva immaginare che quasi 40 anni dopo i LED avrebbero reso possibile quello che allora era solo una trovata fantascientifica.

 

Mentre Roberto Sambuco, Capo dipartimento per le Comunicazioni del Ministero dello Sviluppo economico, pensa già alle future applicazioni di questa tecnologia e su Twitter commenta: “#mobile3D: ogni aspetto della vita sociale sarà cambiato, iniziando dal lavoro #nuovedistanze“.

 

Fattal, in una conferenza stampa trasmessa in streaming, ha usato un esempio pratico per far capire come funzionerà questa nuova tecnologia: “se prendiamo un’immagine della Terra col polo nord rivolto all’esterno dello schermo, si potrà vedere ogni Paese del globo, ruotando semplicemente la testa intorno al display”.

 

Secondo lo Studio pubblicato dal ricercatore sulla rivista britannica Nature, l’ottica diffrattiva permette di raccogliere la sfida posta al 3D dall’anatomia umana.

 

Noi, infatti, vediamo il mondo attraverso i nostri occhi, distanti in media gli uni dagli altri di circa 6,3 cm, ricevendo immagini leggermente differenti. E in seguito il nostro cervello combina le due immagini per formarne una sola in tre dimensioni.

Con un classico schermo in 2D, i nostri occhi ricevono la stessa immagine, per offrire un’immagine in rilievo, un dispositivo 3D deve essere in grado di trasmettere in modo differente a ciascun occhio e al cinema o comunque con la maggior parte dei televisori lo si ottiene con gli appositi occhialetti.

Le tecnologie che non li prevedono devono integrare nello schermo stesso un dispositivo che controlla la traiettoria delle immagini, in modo che queste arrivino agli occhi separatamente.

Alcuni televisori o console di videogame utilizzano una sorta di barriera, una lente ultrasottile, ma spesso offrono un’angolatura limitata e hanno bisogno d’essere posti a una certa distanza dallo schermo per poter sfruttare il 3D.

 

La tecnologia messa a punto da David Fattal e dal suo team usa uno schermo trasparente e retroilluminato i cui LED sono microscopici in modo da diffondere la luce in diverse direzioni. Il prototipo presentato offre un’immagine tridimensionale a 90°, fino a un metro di distanza e da 14 diverse angolazioni. Ancora poco per un 3D performante, ma i ricercatori ritengono di poter migliorare la tecnologia e arrivare fino a 180° con 64 differenti angolazioni.