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eCommerce e telemarketing: la Ue vuole ‘tolleranza zero’ verso le aziende scorrette

Europa


Offerte spacciate per gratuite ma che gratuite non sono, pubblicità per prodotti che non possono essere venduti,  sollecitazioni all’acquisto dirette ai minori: si tratta di pratiche commerciali scorrette di cui si avvalgono, spesso, i commercianti online o i ‘telemarketer’, quelli cioè che telefonano a casa per vendere il loro prodotti.

Contro queste ‘pratiche commerciali aggressive’, che minano la reputazione del mercato digitale e dei suoi innumerevoli vantaggi, è intervenuta la Commissione europea, con l’obiettivo di rafforzare la fiducia dei consumatori garantendo con maggior efficacia il rispetto delle norme.

 

Interventi che faranno leva su più direttrici: uso più intensivo delle indagini a tappeto (“sweeps”); scambi di buone prassi tra gli Stati membri per l’applicazione più efficace delle norme già in vigore; elaborazione di indicatori del rispetto delle norme, per identificare carenze e punti deboli; organizzazione di seminari tematici periodici tra autorità nazionali di formazioni per tali autorità e per i magistrati.

 

Secondo i dati Ue, acquistando online si ha una scelta di prodotti 16 volte più ampia, ma il 60% dei consumatori non approfitta di questa possibilità, anche per via della percezione di una scarsa sicurezza degli acquisti effettuati via internet magari da un paese estero.

Nel 2010 quattro consumatori online su cinque hanno usato un sito di confronto dei prezzi, ma non sempre questi strumenti – seppur utili in un’ottica di rafforzamento della fiducia nell’eShopping – forniscono informazioni complete e trasparenti.

 

Un danno, quindi, per i consumatori oltre che per le aziende ‘oneste’ e per lo sviluppo del mercato unico: secondo il Commissario Ue alla Giustizia, Viviane Reding, infatti, “la mancanza di fiducia dei consumatori negli acquisti oltrefrontiera è segno che non stiamo ancora sfruttando appieno il potenziale del mercato unico”.

Per invertire questa tendenza, occorre dunque fare in modo che le regole – che ci sono e sono “ben strutturate”, dice il Commissario – siano meglio applicate, specie nel caso di acquisti transfrontalieri.

Dev’esserci, insomma, “tolleranza zero” per quelle aziende disoneste, così che “i consumatori sappiano esattamente cosa acquistano e non vengano ingannati. Questo vuol dire adottare un approccio coerente verso l’applicazione dello stesso insieme di norme”.

 

La Reding ha portato ad esempio proprio le sanzioni, per complessivi 1,1 milioni di euro comminate dall’antitrust italiano ad Apple per il mancato rispetto delle norme del Codice del Consumo in materia di garanzia di conformità del venditore. La società, secondo i rilievi dell’Autorità italiana, aveva dato informazioni insufficienti e confusionarie ai consumatori sulla garanzia biennale di conformità da parte del venditore, ne aveva ostacolato l’esercizio limitandosi a riconoscere la sola garanzia del produttore di un anno e aveva indotto in confusione gli acquirenti inducendoli a sottoscrivere un contratto aggiuntivo che si sovrapponeva in parte alla garanzia legale gratuita prevista dal Codice del Consumo.

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