Diritto d’autore, per la Corte Ue vietato il video streaming di programmi Tv senza autorizzazione

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La ritrasmissione online di programmi andati in onda costituisce una ‘comunicazione al pubblico’ delle opere e deve essere autorizzata dal loro autore.

Unione Europea


Corte di Giustizia dell'Unione Europea

Le emittenti televisive possono vietare la ritrasmissione online dei loro programmi da parte di terzi. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Ue, precisando che la ritrasmissione dei contenuti deve, infatti, essere autorizzata dal loro autore nel rispetto del Diritto dell’Unione volto a tutelare il copyright e l’adeguato compenso per l’uso delle opere specie se si tratta di una ‘comunicazione al pubblico’.

In Italia, giusto per citare qualche caso, Rai e Mediaset hanno diverse volte denunciato YouTube, la piattaforma di video-sharing di Google, per aver ritrasmesso senza autorizzazione programmi andati in onda sulle due reti generaliste.

 

Il dossier portato all’attenzione della Corte Ue riguardava la TVCatchup Ltd (TVC) che offre su Internet servizi di diffusione di programmi televisivi gratuiti.

La società garantisce che i suoi abbonati ottengano l’accesso solo a un contenuto che sono già legittimati a guardare nel Regno Unito grazie alla loro licenza televisiva.

Le condizioni che gli utenti devono accettare comprendono il possesso di una valida licenza televisiva e la limitazione dell’utilizzo dei servizi della TVC al solo Regno Unito. Il sito Internet di TVC dispone di un sistema per verificare il luogo in cui si trova l’utente e di negare così l’accesso qualora non siano soddisfatte le condizioni imposte agli utenti.

 

Varie televisioni commerciali britanniche si oppongono alla TVC in merito alla diffusione che essa realizza via Internet, e pressoché in tempo reale, dei loro programmi. Esse, pertanto, hanno citato in giudizio la TVC dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales) (Chancery Division) per violazione dei propri diritti d’autore sui loro programmi e film, consistente, segnatamente, in una comunicazione al pubblico, vietata sia dalla normativa nazionale sia dalla direttiva 2001/29.

 

Il giudice nazionale ha, quindi, chiesto alla Corte di giustizia se un organismo, quale la TVC, realizzi una comunicazione al pubblico ai sensi della direttiva 2001/29 quando diffonde su Internet programmi radiodiffusi a membri del pubblico che avrebbero avuto il diritto di accedere al segnale di radiodiffusione originale utilizzando a casa propria i loro apparecchi televisivi o i propri computer portatili.

 

Innanzitutto la Corte ha determinato il contenuto della nozione di ‘comunicazione’ e verificato se, nella fattispecie, l’attività della TVC rientri nel suo ambito. In base alla direttiva 2001/29, il diritto di comunicazione al pubblico comprende qualsiasi trasmissione o ritrasmissione di un’opera al pubblico non presente nel luogo di origine della comunicazione, su filo o senza filo, inclusa la radiodiffusione. Inoltre, l’autorizzazione dell’inclusione delle opere protette in una comunicazione al pubblico non esaurisce il diritto di autorizzare o di vietare altre comunicazioni di tali opere al pubblico. Pertanto, secondo la Corte, quando una determinata opera è oggetto di molteplici utilizzi, ogni trasmissione o ritrasmissione di tale opera mediante l’utilizzo di uno specifico mezzo tecnico deve essere in linea di principio autorizzata individualmente dal suo autore.

 

Di conseguenza, dato che la messa a disposizione delle opere tramite la ritrasmissione su Internet di una radiodiffusione televisiva terrestre è effettuata mediante uno specifico mezzo tecnico, diverso da quello della comunicazione originale, essa va considerata una ‘comunicazione’ ai sensi della direttiva. Pertanto, una siffatta ritrasmissione è soggetta all’autorizzazione degli autori delle opere ritrasmesse quando queste ultime sono comunicate al pubblico.

 

Successivamente, la Corte ha verificato se le opere protette siano state effettivamente comunicate a un ‘pubblico’. In base alla giurisprudenza della Corte, la nozione di pubblico riguarda un numero indeterminato di destinatari potenziali e comprende un numero di persone piuttosto considerevole. La Corte ha precisato che occorre tener conto dell’effetto cumulativo che deriva dal fatto di mettere a disposizione opere presso destinatari potenziali e che, al riguardo, è rilevante sapere quante persone hanno accesso contestualmente e successivamente alla medesima opera.

 

Nel caso di specie, la Corte ha costatato che la ritrasmissione delle opere via Internet riguarda l’insieme delle persone residenti nel Regno Unito che abbiano una connessione Internet e che affermino di possedere in tale Stato una licenza televisiva. Queste possono accedere contestualmente alle opere protette nell’ambito del ‘live streaming‘ dei programmi televisivi su Internet. Pertanto, detta ritrasmissione concerne un numero indeterminato di destinatari potenziali e un numero di persone piuttosto considerevole. La Corte ha, quindi indicato che, con la ritrasmissione in esame, le opere protette sono effettivamente comunicate a un pubblico ai sensi della direttiva.

 

Di conseguenza, la Corte ha risposto che la nozione di ‘comunicazione al pubblico’ ai sensi della direttiva 2001/29 deve essere interpretata nel senso che essa riguarda una ritrasmissione delle opere incluse in una radiodiffusione televisiva terrestre, effettuata da un organismo diverso dall’emittente originale, mediante un flusso Internet messo a disposizione dei suoi abbonati che possono ricevere detta ritrasmissione connettendosi al server di quest’ultimo, sebbene tali abbonati si trovino nell’area di ricezione di detta radiodiffusione televisiva terrestre e possano riceverla legalmente su un apparecchio televisivo. (r.n.)