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Privacy, entro l’estate ‘azione repressiva’ dei Garanti Ue contro Google

Unione Europea


I 27 Garanti Privacy europei passano dalle parole ai fatti. Prima dell’estate interverranno con “un’azione repressiva” nei confronti di Google che non s’è ancora allineata alle disposizioni Ue, nonostante i continui richiami a modificare le proprie regole sui dati personali degli utenti adottate ormai un anno fa.

 

La compagnia non è ovviamente d’accordo e replica: “Le nostre regole sulla privacy sono in linea col diritto comunitario e ci permettono di offrire servizi più semplici ed efficaci. Stiamo collaborando pienamente col CNIL e continueremo a farlo“.

 

I Garanti, che hanno affidato la cura del dossier al CNIL, ritengono, invece, che Google non abbia risposto in modo preciso e operativo alle loro raccomandazioni. “A queste condizioni – ha precisato l’Autorità francese- siamo determinati ad agire”.

 

I 27 Garanti, riuniti nel gruppo di lavoro Ue Articolo 29, hanno informato che si riuniranno nelle prossime settimane e ascolteranno nuovamente Google.

 

Da marzo 2012, la web company (oltre 425 milioni di utenti attivi su Gmail e più di 500 milioni di profili su Google+) applica una nuova policy sulla privacy. Una sessantina di regole di utilizzo sono state unificate in una sola, raggruppando le informazioni di numerosi servizi, che un tempo erano separati.

A ottobre, dopo mesi di analisi e scambi con il gruppo, i 27 Garanti hanno chiesto “un’informazione più chiara e più completa dei dati raccolti’ e delle loro usi, vista anche la scarsa conoscenza degli utenti delle leggi a tutela della loro privatezza.

 

L’Ue ha, quindi, chiesto a Google di fornire modifiche entro quattro mesi (Leggi Articolo Key4biz), per allinearsi con le disposizioni comunitarie.

 

In Francia, tre anni fa il CNIL ha condannato Google al pagamento di una multa da 100 mila euro, per aver raccolto impropriamente i dati degli utenti col suo servizio Streetview.

Ad agosto, il gruppo ha anche ha pagato una sanzione record da 22,5 milioni di dollari (18,3 mln di euro) alla Federal Trade Commission per il caso che coinvolgeva gli utenti Safari (Leggi Articolo Key4biz).

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