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Musica: dopo 20 anni il mercato torna a crescere

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Il mercato mondiale della musica comincia a vedere la fine del tunnel? L’IFPI (International Federation of Phonographic Industry) ci spera, considerati anche i dati del Report pubblicato oggi, secondo il quale lo scorso anno ha raggiunto 16,5 miliardi di dollari, segnando una crescita dello 0,3%.

Anche se si tratta di un piccolo dato, c’è da essere soddisfatti, visto che è per la prima volta, dal 1999, che si entra in terreno positivo.

Dall’arrivo di Napster alla fine degli anni ’90, allora era una piattaforma illegale, il mercato della musica non è più riuscito ad arrestare il suo declino.

 

Oggi è stato possibile ribaltare questi risultati grazie all’arrivo delle offerte legali online, sempre più numerosi anche sui mercati emergenti, e all’alta diffusione di dispositivi mobili, come tablet e smartphone.

Secondo i dati dell’IFPI, i servizi di downloading e streaming legali che fino a due anni fa erano presenti solo in 23 Paesi, oggi lo sono in oltre 100.

 

Le entrate, in aumento del 9%, trainate dal digitale sono arrivate alla soglia dei 5,6 miliardi di dollari lo scorso anno. Rappresentano il 34% del mercato a livello mondiale. La barra del 50% è stata raggiunta in diversi Paesi tra cui gli Stati Uniti, primo mercato per la musica. Il downloading, lo scorso anno in aumento del 12% in termini di volume, rappresenta il 70% del mercato digitale. L’album più venduto nel 2012, così come nel 2011, è ’21’ di Adele.

 

 

Per l’IFPI, nel mondo ci sono 20 milioni di abbonati ai servizi a pagamento, cifra in crescita del 44%. “Un successo conquistato duramente per un settore che ha innovato, lottato e s’è trasformato in più di dieci anni“, ha commentato il CEO dell’IFPI Frances Moore.

 

Questo tuttavia non significa che è diminuita la pirateria. Secondo l’IFPI, sulla base dei dati di Nielsen e ComScore, un utente su tre accede regolarmente a sito illegale.

I governi, sottolinea sempre l’IFPI, hanno un ruolo fondamentale da svolgere per risolvere questo problema.

La priorità resta quella di assicurare una cooperazione efficace da parte degli intermediari, inclusi gli advertiser, gli Isp e i motori di ricerca che hanno una grossa influenza sulla violazione del diritto d’autore.

Non è pensabile che grossi brand continuino a fare pubblicità su siti illegali (Leggi Articolo Key4biz), così come non si può accettare che i motori di ricerca piazzino le piattaforme illegali tra i primi risultati come denunciato dalla RIAA (Leggi Articolo Key4biz).

 

Gli Isp, infine, potrebbero fare molto di più contro le violazioni del copyright. Nei Paesi europei dove sono stati costretti dai giudici a bloccare l’accesso al sito Pirate Bay (Paesi Bassi, Belgio, Finlandia, Italia e Regno Unito), per esempio, la pirateria è scesa del 69% nel 2012 (Nielsen/ComScore). Al contrario, nei Paesi dove non è stato operato alcun blocco, il traffico è cresciuto del 45% nello stesso periodo.

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