Wi-Fi ‘libero’ nei locali pubblici. Ben venga, ma a quando anche i servizi a valore aggiunto?

di Alessandra Talarico |

Il Garante, intervenendo nei giorni scorsi su richiesta della Fipe, non ha detto nulla di nuovo rispetto a quanto stabilità dal decreto milleproroghe del 2010, ma è stata l’interpretazione a essere fuorviante.

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A circa due anni dall’abrogazione dell’art.7 del decreto 2005, la cosiddetta Legge Pisanu, pochi giorni fa si è tornato a parlare dell’obbligatorietà, per i gestori di locali pubblici, di identificare gli utenti che utilizzano la connessione e/o i dispositivi messi a disposizione dagli esercenti.

Il dibattito è stato innescato da una nota della Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi di Confcommercio) in cui si sottolineava come il Garante privacy avesse ribadito che, proprio in virtù dell’abrogazione dell’obbligo di richiedere e fotocopiare i documenti degli utenti e di conservarli in un archivio cartaceo, i gestori dei locali sono sollevati da qualsiasi responsabilità rispetto alla navigazione dei loro clienti.

 

La notizia ha fatto in pochi minuti il giro del web e dei giornali ma, sottolineano diverse aziende attive nel settore, sull’argomento è stata fatta anche molta confusione.

Il Garante, infatti, non ha detto nulla di nuovo rispetto a quanto stabilità dal decreto milleproroghe del 2010, ma è stata l’interpretazione a essere fuorviante.

Se, infatti, l’abrogazione di alcuni commi della legge Pisanu ha alleggerito le stringenti norme di accesso e navigazione su reti pubbliche, dando facoltà agli esercenti di rendere il proprio Wi-Fi aperto all’accesso potenzialmente di chiunque, ciò non esclude il fatto che l’esercente stesso possa essere responsabile in prima persona di ciò che accade sulla sua linea ADSL.

La necessità di poter risalire all’utilizzatore della rete, in caso di operazioni online che violano le norme legislative, resta infatti tutt’oggi obbligatoria per tutelare il proprietario dell’impianto ADSL (quella a cui è connesso l’hot spot Wi-Fi).

 

Il caos, spiega Nicola de Carne, Amministratore Delegato Wi-Next, nasce innanzitutto dalla confusione tra i concetti di wi-fi ‘libero’ e wi-fi ‘gratuito’: ben venga la possibilità per gli esercenti di offrire connettività internet, ma a che pro farlo se non si riesce a instaurare – grazie a questa connessione – un rapporto proficuo coi clienti?

Secondo De Carne, la Fipe ha fatto bene il suo mestiere, richiamando l’attenzione su un argomento topico come l’importanza del Wi-Fi nei locali pubblici, ma ora bisogna fare lo scatto in avanti, educando gli esercenti a un ‘uso consapevole’ del Wi-Fi, ossia a offrire servizi che facciano la differenza e consentano di ottimizzare le revenues e di sfruttare un asset essenziale quale i dati degli utenti.

“Offrire semplicemente la connettività sperando che questa sia un veicolo per attrarre nuovi clienti è una convinzione del tutto sbagliata – secondo De Carne – Bisogna invece utilizzare questa connessione per creare un nuovo canale di comunicazione coi clienti attraverso l’interfaccia del cellulare”.

Se i locali pubblici, invece, si limitano a essere ‘strumenti’ del business dei service provider, cedendo i dati dei loro utenti in cambio di un access point, perdono la loro prerogativa che è quella di ‘vendere’ e un asset fondamentale – la conoscenza del cliente – offrendo e offrendosi un servizio di poco valore.

 

Riguardo, quindi, alla confusione legata all’interpretazione della nota Fipe, che ha fatto gridare al ‘Wi-Fi finalmente libero’, sottolinea Massimiliano Mazzarella, amministratore delegato di Futur3 e rete FreeLuna che “Il titolare dell’esercizio resta unico responsabile di qualunque cosa possa accadere sulla propria Rete e proprio il fatto che chiunque potrebbe averne liberamente accesso – se l’interpretazione della Fipe fosse applicata – renderebbe molto complicato, se non impossibile, per lo stesso proprietario riuscire a dimostrare la propria estraneità in un’indagine della Polizia Postale”.

 

Giovanni Guerri, CEO e Presidente del fornitore di servizi wireless Guglielmo sottolinea quindi che la comunicazione senza fili è regolata dalle norme ordinarie, dal codice delle comunicazioni elettroniche e dalle norme dell’AGCOM e che quindi il Garante della Privacy non ha alcun potere decisionale in un campo che non è di sua competenza.

“Va chiarito in modo molto netto che tutte le attività online ricadono sotto la responsabilità del proprietario dell’impianto, come accade in qualsiasi altro paese del mondo”, afferma Guerri.

“In base a queste considerazioni – aggiunge Guerri – la ragionevolezza suggerisce ai titolari di esercizi pubblici di dotarsi di un sistema di autenticazione, che può essere una semplice chiave di accesso da comunicare ai propri clienti fino a sistemi più sofisticati disponibili sul mercato, ma spetta solo e soltanto al titolare dell’esercizio valutarne l’effettiva necessità assumendosi poi tutti i rischi del caso”.