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Data Protection: continua la pressione della Silicon Valley sui legislatori europei

Europa


Le proposte della Commissione europea per rafforzare la privacy online dei cittadini del Vecchio Continente proprio non vanno giù alle web company americane, impegnate in un’intensa azione di lobbying volta a difendere gli interessi del loro business dalle possibili restrizioni previste dall’esecutivo di Bruxelles.

Una pressione talmente forte, quella esercitata dai vari Google, Facebook, Yahoo e altri, da spingere il presidente del Gruppo di lavoro ‘Articolo 29‘ (Data Protection Working Party) Jacob Kohnstamm ad affermare che i legislatori europei sono ‘stanchi’ dei continui tentativi di queste aziende di anteporre il loro interesse corporativo alla necessità di proteggere quello che l’Europa ritiene un diritto fondamentale.

Tutte le principali aziende americane che operano sul web, denunciava la scorsa settimana anche il New York Times, hanno inviato i loro lobbisti a Bruxelles, mentre il Dipartimento del Commercio Usa sta facendo pressione per conto dell’amministrazione Obama, al fine di minimizzare il più possibile le restrizioni all’uso dei dati – che sono come l’ossigeno per la sopravvivenza degli OTT – e tutelare così gli interessi delle web company, che in Europa generano circa un terzo del loro fatturato (Leggi articolo Key4biz).

 

Ma, si chiede Kohnstamm, gli americani cambierebbero il loro quarto emendamento – che tutela il diritto di ognuno alla sicurezza della propria persona, della proprietà, della stampa, e dei procedimenti, contro atti e intromissioni irragionevoli – per via di un modello di business europeo?

“Se un’azione di lobby fosse organizzata da parte europea nei confronti del Congresso, saremmo cacciati fuori in malo modo”, ha sottolineato.

Negli Usa, ha affermato ancora, “la privacy è un problema dei consumatori, mentre in Europa la protezione dei dati è un diritto fondamentale e pensiamo che quello che è giusto o sbagliato non lo si decide nella Silicon Valley ma nelle nostre capitali”.

 

In un documento presentato da quella che il Financial Times definisce la ‘US Mission’, gli OTT sottolineano che la Ue dovrebbe essere più ‘flessibile’ su questioni quali la necessità del consenso degli utenti prima che le informazioni possano essere utilizzate e l’obbligo di comunicare alle autorità i casi di grave violazione dei dati.

“L’interoperabilità dei nostri regimi sulla privacy è fondamentale per mantenere le nostre straordinarie relazioni economiche, per promuovere il commercio e prevenire barriere non-tariffarie, oltre che per sbloccare il pieno potenziale della crescita e dell’innovazione economica”, si legge nel documento.

 

La riforma, che aggiorna e modernizza i principi sanciti dalla direttiva del 1995 sulla protezione dei dati personali, si è resa necessaria soprattutto alla luce della crescente popolarità di siti che utilizzano e spesso abusano dei dati personali degli utenti (Leggi articolo Key4biz).

Il pacchetto consta di un regolamento che istituisce un quadro generale dell’Unione per la protezione dei dati e di una direttiva sulla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati a fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento dei reati e nell’ambito delle connesse attività giudiziarie. Oltre a proteggere più efficacemente le informazioni dei cittadini, l’obiettivo della Ue è di dare impulso all’innovazione grazie a un alleggerimento della burocrazia e alla realizzazione di un quadro giuridico unico.

Se implementato nella sua forma attuale, introdurrà anche la possibilità di sanzionare le aziende inadempienti con multe fino al 2% del loro fatturato annuale.

 

L’iter per l’approvazione della proposta è ancora lungo: il Parlamento europeo e i ministri riuniti in sede di Consiglio continueranno le discussioni nel corso dei prossimi mesi, sotto la presidenza irlandese.

La votazione del Parlamento europeo è programmata per fine aprile, mentre l’adozione è prevista per l’inizio del prossimo anno.

Ma molti europarlamentari – in primis Jan Albrecht, relatore della proposta di regolamento – lamentano di ricevere già forti pressioni da 5 o 6 studi legali o aziende ogni giorno.

Una campagna di lobbying partita già dallo scorso anno, ma che da gennaio, afferma Albrecht, è montata in intensità, con le aziende della Silicon Valley in prima linea per tentare di annacquare le proposte europee.

 

La riforma, anche secondo il giudizio degli operatori di settore riuniti in ETNO, rappresenta un’opportunità unica non solo per sviluppare regole “solide, tecnologicamente neutre, a prova di futuro e sufficientemente flessibili da permettere lo sviluppo di nuovi servizi come il cloud computing”, ma anche per assicurare un set di norme applicabili in maniera uniforme alle aziende europee e non europee che utilizzano i dati dei cittadini europei.

 

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