Twitter: in aumento le richieste di informazioni sugli utenti da parte dei Governi

di Alessandra Talarico |

E’ braccio di ferro, intanto, con la Francia: la società non vuole fornire i dati degli account di utenti che si sono resi protagonisti di duri attacchi antisemiti sul sito, preferendo pagare una sanzione di 1.000 euro al giorno.

Mondo


Twitter - Thompson Awan

È aumentato del 20% nel secondo semestre del 2012, il numero di richieste di informazioni sugli utenti Twitter da parte dei governi. La società ha pubblicato ieri il suo secondo rapporto sulla trasparenza, da cui emerge che negli ultimi sei mesi dello scorso anno ha ricevuto 1.009 richieste, il 20% in più rispetto al primo semestre.

Dal primo al secondo semestre, rivela ancora il rapporto sulla trasparenza, sono aumentate da 6 a 42 le richieste di rimozione di contenuti dal sito mentre il numero di notifiche di pubblicazioni in violazione dei diritti d’autore è sceso da 3,378 à 3,268.

Un incremento definito ‘inquietante’ dalla società, che pure ha risposto positivamente al 57% di queste richieste, la maggior parte delle quali (815), però, provenienti dal governo Usa. Difficilmente, infatti, Twitter si piega alle richieste di altri governi, appellandosi al Primo Emendamento, essendo i suoi server basati negli Usa e, soprattutto se, ottemperando a queste richieste, scivola nella china dei reati di opinione. Il punto è, però, che la maggior parte dei 200 milioni di utenti del sito risiedono fuori dagli Usa quindi la società non può tener conto delle leggi in vigore negli altri Paesi.

 

In linea con la convinzione che un conto è rimuovere un contenuto inappropriato, un altro è fornire i dati degli utenti che si rendono protagonisti di reati di opinione, ad esempio, Twitter sembra orientato a non rispettare la richiesta del Tribunal de Grande Instance di Parigi, che ha imposto alla società di fornire i dati degli account degli utenti che si sono resi protagonisti, lo scorso novembre, di gravi offese contro la popolazione ebraica – attraverso messaggi dal contenuto anche molto violento tramite l’hashtag #unbonjuif – preferendo pagare una penale di mille euro al giorno (non molto, in realtà, per una società valutata oltre 11 miliardi di dollari). La Corte ha anche richiesto alla società di creare un meccanismo ‘visibile ed efficace’ per segnalare contenuti ‘illeciti’che incitino all’odio razziale, giustifichino o incoraggino crimini contro l’umanità.

Dal momento che la società ha i suoi server negli Usa, si appella al fatto di non dover rispettare le leggi francesi.

Di parere opposto, ovviamente, il ministro francese per la cultura digitale, Fleur Pellerin, secondo cui “Twitter ha tutto l’interesse a rispettare la legge francese e ad adattarsi alla cultura del Paese: i tweets antisemiti, omofobi o razzisti sono contrari alle leggi francesi e se la società non si adeguerà – ma penso che non sia questo il caso – la giustizia francese si appellerà a un giudice americano che analizzerà la conformità della decisione”.

 

Secondo la società, lo scambio aperto di informazioni può avere un impatto positivo per due motivi: in primo luogo per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito a tali richieste invasive e, in secondo luogo, per consentire ai responsabili politici di prendere decisioni più consapevoli.

Ma, ha scritto sul blog ufficiale della società il responsabile legale Jeremy Kessel, “…queste richieste possono avere un effetto negativo sulla libertà di espressione e delle implicazioni reali sulla protezione dei dati privati”.

 

Lo scorso gennaio, per evitare problemi coi governi più intransigenti in fatto di controllo sui contenuti – come la Cina, per fare un esempio, Twitter ha annunciato l’introduzione del filtraggio dei tweets ‘per paese’: in sostanza, quando il sito riceve una richiesta di rimozione sulla base di una legge di un altro paese, può rimuovere quel contenuto solo in quel determinato paese. (Leggi articolo Key4biz)