Case discografiche vs Google, l’industria minaccia di ritirare i video da YouTube

di Raffaella Natale |

Google ha eliminato la pubblicità dai video delle major che chiedono di poter partecipare ai guadagni pubblicitari.

Francia


YouTube

Le major della musica non vogliono retrocedere e, nonostante il governo francese abbia chiaramente fatto capire che la questione che li oppone a Google non può essere gestita allo stesso modo di quella degli editori, intendono proseguire nella loro battaglia (Leggi Articolo Key4biz).

Il loro obiettivo? Partecipare ai guadagni pubblicitari della web company e per ottenerlo sono disposti a tutto, anche a rimuovere la musica da YouTube, se la pubblicità non sarà riattivata. 

Ieri il presidente di Universal Music France, Pascal Nègre, lo ha detto senza mezzi termini in occasione della presentazione del bilancio annuale dell’industria musicale francese.

Penso che questa decisione potrebbe valere per tutti i produttori presenti“, ha commentato Nègre.

 

Dallo scorso 19 gennaio, Google ha, infatti, escluso la pubblicità dalle clip delle case discografiche, disponibili sulla propria piattaforma di video-sharing.

Al momento, la società americana sta rinegoziando il contratto con la Sacem (la Siae francese), che chiede il versamento di una parte delle sue entrate pubblicitarie agli aventi diritto.

Questo accordo, firmato nel 2010, è scaduto lo scorso 31 dicembre. La filiera francese della musica cerca di ottenere da Google un aumento delle tariffe, ma l’azienda si rifiuta.

 

Le negoziazioni, condotte direttamente dalla sede californiana, sono lunghe e complesse. E l’aver levato la pubblicità dai loro video, è visto dalle case discografiche come un tentativo di Google di far pressione su queste trattative.

 

Il problema posto da YouTube è spinoso. Con quasi 30 milioni di visitatori unici al mese, grazie soprattutto alla musica, è il primo distributore in streaming, molto avanti rispetto al francese Deezer che ne conta un po’ meno di 6 milioni.

I produttori ammettono che grazie a YouTube s’è ridotta parte della pirateria. I video, infatti, possono essere visti senza alcun limite, diversamente da altre piattaforme come Deezer o Spotify, che hanno fissato una durata massima d’ascolto gratuito.

Ma oggi, il fatto d’aver aumentato l’audience, sottraendola ai siti illegali, contribuisce poco alle entrate della musica.

La canzone Gangnam Style del cantante sudcoreano Psy, visionata più di un miliardo di volte, non ha prodotto che 8 milioni di dollari di ricavi pubblicitari in tutto il mondo (Leggi Articolo Key4biz).

 

In Francia, sui 125 milioni di euro generati nel 2012 dalla musica digitale, quella gratuita ha prodotto solo 17 milioni di fatturato, vale a dire il 14% del totale.

“Questi ricavi sono insufficienti, bisogna trovare un nuovo equilibrio“, ha detto Denis Ladegaillerie, presidente dell’etichetta Believe.

 

Finora le major hanno preferito collaborare con YouTube, con l’idea di attirare gli utenti verso altre offerte di streaming in abbonamento, come Vevo lanciato da Universal Music e Sony Music.

 

Il braccio di ferro con YouTube non è che un aspetto del dibattito aperto dalla filiera musicale al Midem di Cannes (Leggi Articolo Key4biz).

Ieri la Snep ha ribadito che desidera beneficiare di una sorta di compenso calcolato sull’attività dei cosiddetti intermediari. Non solo i motori di ricerca, quindi, ma anche, eventualmente, i produttori di hardware e gli hosting. Al momento si sta lavorando a un documento che fissi dei parametri per calcolare questo ‘trasferimento di valore’ dai creatori di contenuti verso i giganti d’internet, dell’elettronica e delle tlc.