Agenda digitale: ancora troppe differenze tra le Regioni. Da Telecom Italia, Libro Bianco per accelerare lo sviluppo dei servizi

di Alessandra Talarico |

Italia


Digital Agenda

Presentato oggi il rapporto ‘Italia connessa-Agende digitali regionali’ elaborato da Telecom Italia con l’obiettivo di fornire un quadro della situazione attuale a e individuare nuove linee di indirizzo e di azione per le politiche regionali così da accelerare lo sviluppo e la diffusione dei servizi digitali, in linea con l’evoluzione dell’Agenda Digitale.

 

 

 

Il ruolo ‘attivo’ delle Regioni italiane è essenziale per accelerare il passo e recuperare il gap del Paese di esecuzione degli obiettivi dell’Agenda digitale europea in termini di sviluppo e adozione dei servizi di rete. E’ quanto emerge dal rapporto “Italia connessa-Agende digitali regionali” elaborato da Telecom Italia e presentato oggi a Bologna con la regione Emilia-Romagna. Un Libro Bianco che Key4Biz ha potuto visionare in anteprima e che fotografa il livello digitale delle diverse regioni con l’obiettivo di fornire un quadro di riferimento alle Amministrazioni Regionali per definire il proprio percorso, le proprie politiche i propri progetti di sviluppo digitale inquadrandoli nel contesto nazionale e comunitario e ricercando le fonti più opportune di finanziamento.

 

Il rapporto intende quindi consentire alle Regioni di confrontarsi con quanto fatto dalle altre amministrazioni e far sì che le best practice fungano da stimolo per individuare nuove linee di indirizzo e di azione per le politiche regionali e accelerare lo sviluppo e la diffusione dei servizi digitali, in linea con l’evoluzione dell’Agenda Digitale.

 

Dal Libro Bianco emerge un quadro sconfortante del Paese nel suo complesso ed estremamente frammentario a livello regionale: anche se quasi tutte le Regioni italiane hanno avviato o realizzato piani e progetti per la riduzione del digital divide infrastrutturale, molto discontinua è la pianificazione inerente i diversi servizi che costituiscono l’ossatura della società dell’informazione con  alcune Regioni, che non hanno apparentemente alcuna pianificazione in corso, per ragioni diverse, legate a ritardi amministrativi nell’emanazione e approvazione dei relativi provvedimenti. Altre hanno peraltro avviato un nuovo ciclo di pianificazione, più esplicitamente riferito al concetto di Agenda Digitale, che si ritrova nella pianificazione della Lombardia e dell’Umbria, ed è in corso di definizione, allo stato attuale, in Veneto e nelle Marche.

 

Riguardo, ad esempio, l’introduzione dell’ICT in sanità, spiega il rapporto, “quasi tutte le Regioni si sono dotate di un Piano di Sanità elettronica, o comunque di una serie di iniziative specifiche di modernizzazione del sistema sanitario a livello non più (o non solo) di singola struttura sanitaria o singola Azienda Sanitaria Locale o Ospedaliera, bensì a livello regionale”, per massimizzare i vantaggi di un progetto sistemico in grado di coinvolgere tutti i soggetti e di portare innovazione in un mondo così complesso.

Nello specifico, però, lo stato di avanzamento delle diverse componenti dei piani e dei progetti regionali di Sanità elettronica – dall’Anagrafe Sanitaria al CUP, dalla messa in rete dei Medici di Medicina Generale e delle Farmacie fino al Fascicolo Sanitario Elettronico – appare decisamente frammentario: il CUP di livello regionale è stato già realizzato da 12 Regioni (Valle D’Aosta, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emila Romagna, Umbria, Marche, Lazio Molise, Campania, Basilicata, Sardegna, Provincia di Trento), mentre in altre 5 Regioni (Sicilia, Abruzzo, Veneto, Provincia di Bolzano, Liguria) risulta ancora in realizzazione o sperimentazione; il Fascicolo Sanitario Elettronico risulta un processo ancora in divenire: tutte le Regioni stanno lavorando per la sua realizzazione, ma solo 4 (Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e Provincia di Trento) ne hanno realizzato una prima forma, anche se con un numero di fascicoli attivati ancora molto basso; per quanto riguarda la telemedicina, risultano attive numerose sperimentazioni a livello locale (singole Aziende Sanitarie e Ospedaliere), ma raramente all’interno di un quadro di riferimento regionale, riscontrabile solo in alcune Regioni come Veneto e Lombardia.

 

Altro capitolo di stretta attualità riguarda l’introduzione dell’ICT a scuola e anche in questo caso si riscontra disomogeneità e discontinuità nelle politiche regionali, caratterizzate da un diverso grado di complementarietà rispetto alle politiche ministeriali (ad es. distribuzione delle LIM presso le scuole di montagna) e da interventi più o meno pervasivi (erogazione di finanziamenti di piccola entità ad un numero ampio di scuole vs. concentrazione delle risorse in pochi poli scolastici di eccellenza, in grado di servire le scuole del territorio).

 

Il rapporto analizza quindi anche la situazione nazionale ed evidenzia come l’Italia non sia tanto in ritardo in termini di infrastrutture ma presenti un forte  gap su tutti gli altri parametri fissati dalla Ue per il 2015 per quanto attiene alla ‘cultura digitale’ e all’uso dei servizi internet, Entro il 2015, ad esempio, il 75% della popolazione (16-74 anni) dovrebbe utilizzare regolarmente (almeno una volta la settimana) Internet.

Con riferimento al 2011, i dati forniti nell’ultimo Digital Agenda Scoreboard collocano l’Italia tra i Paesi in maggior ritardo: solo il 51% degli italiani infatti utilizza Internet regolarmente (contro valori intorno al 90% dei Paesi scandinavi). Per colmare questo gap, bisogna considerare “che i 24 punti percentuali che servono per raggiungere l’obiettivo corrispondono ad oltre 10 milioni di individui, tipicamente appartenenti alle fasce più anziane della popolazione e sostanzialmente privi delle competenze necessarie per utilizzare un PC”, sottolinea il rapporto.

 

Il confronto col resto d’Europa è impietoso anche per quanto riguarda l’utilizzo del commercio elettronico: l’Agenda Digitale auspica che, all’orizzonte 2015, almeno il 50% degli individui utilizzi la rete per acquistare beni e servizi. In Italia, questo valore si attesta intorno al 15%.

Dati critici in questo contesto arrivano anche dalle imprese: all’orizzonte 2015, l’Agenda Digitale Europea richiede che almeno il 33% delle imprese (10+ addetti) effettui acquisti in rete per un importo superiore all’1% degli acquisti totali. In Italia, invece, appena l’11% delle PMI effettua acquisti on-line e solo il 4% che vende on-line.

 

I servizi di eGovernment al 2011 sono utilizzati solo dal 22% della popolazione, in leggera flessione (al di sotto di un punto percentuale) rispetto al 2010, collocando così l’Italia al penultimo posto della classifica europea.

 

In termini di infrastrutture, poi, per allinearci ai dettami dell’Agenda digitale europea – che prevede la copertura di tutta la popolazione con connessioni di almeno 1 Mbps entro quest’anno – è necessario colmare un digital divide che riguarda ancora il 10% delle abitazioni. Se questo scollamento appare facilmente recuperabile, non così facile sarà rimediare sul fronte della banda ultralarga, per il quale la Ue prevede una copertura del 100% entro il 2020, mentre il nostro paese è fermo all’11%.