‘Made in USA’, dopo il ritorno a casa di Apple, Samsung investe 4 mld di dollari nello stabilimento texano

di Alessandra Talarico |

Nello stabilimento texano viene già prodotto il processore montato da Apple nell’iPhone. Anche il gruppo di Cupertino, che affida la fabbricazione dei suoi costosi dispositivi a contractor esteri, ha deciso di riportare parte della produzione negli Usa.


Samsung

Dopo l’annuncio da parte di Apple di un investimento di 100 milioni di dollari per ritrasferire parte della produzione dei computer Mac negli Stati Uniti, l’arci-rivale Samsung rilancia, anticipando che spenderà circa 4 miliardi di dollari per espandere la sede produttiva di Austin, in Texas, il più grande stabilimento della società fuori dalla Corea.

 

Samsung sta rafforzando le proprie capacità produttive nei cosiddetti ‘logic chip’ in previsione di una crescita esponenziale della domanda di smartphone e nonostante la rivalità con Apple abbia fatto vociferare di una imminente rottura dei rapporti commerciali tra le due società.

 

I lavori di ristrutturazione dell’impianto di Austin saranno avviati il mese prossimo e lo stabilimento sarà in piena produzione dalla metà del prossimo anno.

L’investimento annunciato porta a oltre 15 miliardi di dollari la cifra impegnata dalla società coreana in Texas – dove sono impiegate 2.500 persone – e, ha sottolineato il presidente di Samsung Austin Semiconductor, Woosung Han, rafforzerà la posizione di Samsung nel settore globale dei semiconduttori.

 

Nello stabilimento texano viene già prodotto il processore montato da Apple nell’iPhone. Anche il gruppo di Cupertino, che affida la fabbricazione dei suoi costosi dispositivi a contractor esteri, ha deciso di riportare parte della produzione negli Usa.

 

Nel 2011, il presidente Obama si era lamentato con Steve Jobs del fatto che Apple demandasse a produzione dei suoi dispositivi quasi completamente alla Cina: in effetti, quasi tutti i 70 milioni di iPhone, i 39 milioni di iPad e i 59 milioni di altri dispositivi venduti lo scorso anno sono stati realizzati oltreoceano. Alla domanda di Obama sulla possibilità che la produzione potesse tornare negli Usa, la risposta di Jobs è stata perentoria: “Quei posti di lavoro non torneranno”.

 

Il motivo? Non propriamente soltanto una questione economica legata al costo della manodopera, meno costosa in Cina, quanto una questione di ‘flessibilità’ degli impianti e di ‘diligenza’ e ‘competenza industriale’ dei lavoratori non americani.

Alla base della scelta di produrre in Cina, hanno spiegato alcuni dirigenti, la flessibilità e la velocità di produzione degli impianti collocati nel Paese, ineguagliabile negli Usa.

 

In realtà, anche questo annunciato ritorno al ‘made in USA’ è abbastanza limitato, visto che i Mac rappresentano soltanto il 7,4% della produzione di Apple che pure promette che questa novità genererà 600 mila posti di lavoro tra dipendenti e indotto.