Internet, 800 nuove startup nel 2011. Industria digitale verso biomedica e green technologies

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Ma il Rapporto Censis denuncia anche: troppo lenta la digitalizzazione della PA.

Italia


Industria digitale

Nel 2011 sono nate circa 800 start-up nel settore delle applicazioni Internet con età media degli imprenditori di 32 anni. E’ quanto si rileva nella 46a edizione del Rapporto Censis, presentata stamani a Roma. Molti inoltre gli investimenti nelle green technologies: si stima che il 27% delle imprese industriali abbia effettuato investimenti in questo comparto, così come il 26,7% delle imprese di costruzioni, il 21% delle imprese di servizi, fino a punte di quasi il 40% tra le public utilities.

Nell’industria digitale è ormai avvenuto il passaggio “all’era biomediatica“, caratterizzata dalla miniaturizzazione dell’hardware e dalla proliferazione delle commessioni mobili.

 

L’utenza del web in Italia è aumentata di 9 punti percentuali nell’ultimo anno, portando il tasso di penetrazione al 62,1% della popolazione nel 2012 (era il 27,8% solo dieci anni fa, nel 2002). Gli smartphone di ultima generazione sempre connessi in rete arrivano al 27,7% di utenza (e la percentuale sale al 54,8% tra i giovani), con un incremento del 10% in un anno. Quasi la metà della popolazione (il 47,4%, percentuale che sale al 62,9% tra i diplomati e i laureati) utilizza almeno un social network. E le applicazioni del web permeano ormai ogni aspetto della nostra vita quotidiana: si usano per trovare una strada (lo fa con il pc o lo smartphone il 37,6% delle persone con accesso alla rete, una quota che sale al 55,2% tra i più istruiti), l’home banking (rispettivamente, il 25,6% e il 41,2%), fare acquisti (rispettivamente, il 19,3% e il 28,1%), prenotare viaggi (15,9% e 26,2%), cercare lavoro (11,8% e 18,4%), sbrigare pratiche con uffici (9,6% e 14,1%), prenotare una visita medica (6,6% e 8,5%).

 

La spesa per il traffico dati con telefoni cellulari continua a crescere, fino a poco meno di 5 miliardi di euro nel 2011 (+8,9% rispetto all’anno precedente), superando così la soglia del 50% rispetto agli introiti da servizi di fonia vocale (l’incidenza era del 25% solo nel 2005). Nel primo trimestre del 2012 i terminali smartphone e tablet in circolazione erano 39,4 milioni, a metà anno le schede sim utilizzate per il traffico dati hanno sfiorato la cifra record di 21 milioni, con un volume di traffico dati sulla banda larga mobile che ha compiuto un balzo del 36,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

 

Ma il Rapporto Censis denuncia anche: troppi incagli sulla via dell’eGovernment. La Pubblica Amministrazione ha esteso l’offerta di servizi di base presenti sui siti web istituzionali. Ci si sarebbe aspettato un incremento della fruizione di quei servizi da parte dei cittadini, ma questo non è avvenuto: sono ancora pochi i cittadini che si rivolgono alla Pa passando dal web. Ci si scontra con alcuni limiti strutturali. La progressiva digitalizzazione della PA presuppone, infatti, che da una parte le amministrazioni strutturino i servizi in questo senso, dall’altra che i cittadini siano in grado di fruirne facilmente. Affinché ciò avvenga, servono un’adeguata alfabetizzazione informatica, il possesso dei necessari strumenti tecnologici e che vi sia la necessità o un incentivo. Sotto questi aspetti la società italiana mostra ancora parecchie disfunzioni. A cominciare dalla scarsa diffusione di Internet tra cittadini e famiglie, per continuare con la diffusione della banda larga su rete fissa, che in Italia tocca il 22,8% della popolazione piazzando il nostro Paese al 29° posto.

 

Secondo il Web Index della World Wide Web Foundation, che misura i riflessi di Internet sull’economia e sulla vita politica e sociale di 61 Paesi sviluppati e in via di sviluppo, l’Italia si piazza al 23° posto, il penultimo in Europa. Dal punto di vista dell’indicatore d’impatto economico (ottenuto ponderando i dati sulla diffusione via Internet delle informazioni utili per le attività imprenditoriali, il livello di sviluppo dell’eCommerce e il grado di fiducia dei consumatori e delle imprese rispetto agli acquisti online) ci fermiamo al 38° posto, più vicini ai Paesi in via di sviluppo che ai Paesi avanzati. E per risalire posizioni rispetto all’indicatore d’impatto politico (siamo al 29° posto) dobbiamo migliorare la partecipazione digitale ai processi decisionali e la presenza online di strumenti che facilitino il rapporto con il cittadino (ePartecipation).

 

La rivoluzione possibile degli open data. Gli enti pubblici possiedono un patrimonio sterminato d’informazioni la cui disponibilità in formato digitale è preziosa per gli utenti per la produzione di beni e servizi innovativi e come strumento di trasparenza e democrazia diretta. La Commissione europea ha stimato che il valore di mercato del riuso delle informazioni del settore pubblico è, per l’intera Ue, intorno ai 140 miliardi di euro all’anno. L’Italia è sulla buona strada: a ottobre 2012 erano a disposizione 3.647 dataset, con una forte crescita rispetto ai 1.987 disponibili a marzo.

 

Il bando del Piano città lanciato dal Governo nell’ambito del decreto CresciItalia ha riscosso un notevole successo: hanno presentato proposte 432 comuni, di cui 180 con meno di 10mila abitanti, in gran parte localizzati nel Mezzogiorno, per un valore complessivo degli investimenti pari a poco meno di 18 miliardi di euro.

E’ quanto emerge dalla, presentato oggi a Roma.

“Da tempo mancavano iniziative di livello nazionale che coinvolgessero le città nella riprogettazione di aree e quartieri caratterizzati da deficit rilevanti di servizi, infrastrutture, qualità dell’abitare. Ora si è messo al centro di ogni progetto un accordo (contratto di valorizzazione urbana) con il quale i soggetti pubblici e privati assumono impegni su risorse, tempi, valenze sociali e ambientali degli interventi”. (r.n.)