Web company e tasse: la Guardia di Finanza perquisisce la sede milanese di Facebook

di Raffaella Natale |

L’operazione nell’ambito dell’indagine per verificare il corretto adempimento degli obblighi tributari della società di Mark Zuckerberg in Italia.

Italia


Mark Zuckerberg

Continuano le operazioni della Guardia di Finanza italiana contro le web company che bypassano il fisco, muovendosi sulla stessa linea delle autorità francesi e britanniche. Dopo la conferma dell’accertamento su Google (che deve 96 milioni di euro di IVA), pare che le Fiamme Gialle abbiano fatto visita alla sede milanese di Facebook.

Stando a quanto risulta al Sole24Ore.com, la GdF starebbe indagando anche sulla divisione italiana del social network più famoso del mondo, per verificare il corretto adempimento degli obblighi tributari.

 

Il Sole24Ore ricorda che, “come Google Italy, anche Facebook Italy è una Srl, costituita il 21 luglio 2009 e iscritta alla Camera di Commercio di Milano pochi giorni dopo, il 28 luglio 2009. Secondo quanto risulta dall’ultimo bilancio riclassificato (fonte Cerved), Facebook Italy ha chiuso il 2011 con ricavi per poco più di 2 milioni di euro (per la precisione, 2.018.279 euro) e un utile di appena 53.473 euro”.

 

La Srl appartiene a un unico socio: il gruppo Facebook Global Holdings. Quest’ultimo è una LLC (Limited Liability Company) che ha sede nel Delaware, lo Stato americano con la giurisdizione probabilmente più economica e flessibile al mondo per le società. Le LLC costituite nel Delaware e che non operano negli USA sono infatti esenti da tassazione sugli utili, a eccezione di un’imposta fissa annuale di poche centinaia di dollari.

 

Di fatto, quindi, Facebook, come del resto altre web company, ha una sede principale in un paradiso fiscale e opera in altri Paesi, come anche in Italia, attraverso altre divisioni e col  profit shifting si assicura la tassazione minima (Leggi Articolo Key4biz).

Una modalità operativa ritenuta non del tutto corretta dalla Finanza, poiché l’articolazione italiana costituirebbe una “stabile organizzazione” e la quota di fatturato su cui pagare le imposte nel nostro Paese andrebbe incrementata”.

 

Facebook ha replicato come da copione: “La società paga le tasse in Italia come parte della sua attività nel Paese e rispetta molto seriamente i propri obblighi ai sensi della legislazione italiana in materia fiscale. Facebook lavora a stretto contatto con le autorità fiscali di ogni Paese in cui opera per garantire la conformità con la legislazione locale. Facebook ha cooperato pienamente con la Guardia di Finanza nel corso delle indagini e intende continuare a farlo”.

 

Dall’intervento del Sottosegretario all’Economia, Vieri Ceriani, sul caso Google, s’era capito che ci sarebbero state altri casi di accertamento fiscale: l’Agenzia delle entrate, per contrastare efficacemente fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva avanti scala transnazionale, “sta procedendo a una selezione di posizioni che possano dar luogo a una mirata attività di controllo fiscale nei confronti dei gruppi multinazionali attivi nel settore dell’elettronica e dell’eCommerce e le cui strategie fiscali sono oggetto di attenzione da parte dell’opinione pubblica italiana e internazionale”.

Ceriani ha, inoltre, riferito che l’Italia sta portando avanti nelle sedi internazionali un’azione contro l’erosione di base imponibile causata dalle pratiche di ottimizzazione fiscale attraverso lo “spostamento artificioso degli utili” nei Paesi dove il regime tributario è maggiormente vantaggioso. Google Italy imputa, infatti, i suoi proventi alla casa madre in Irlanda. E proprio sotto presidenza irlandese, l’anno prossimo il Consiglio europeo esaminerà l’Action plan e la raccomandazione sui paradisi fiscali e la pianificazione fiscale aggressiva che la Commissione Ue sta predisponendo.

Sulle procedure di ottimizzazione fiscale stanno indagando anche le autorità britanniche e francesi.