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Luigi Gambardella: ‘Positivo approccio Ue su nuove reti. Policy stabili favoriscono investimenti’

Europa


Vi ringrazio per avermi dato l’opportunità di partecipare a questa tavola rotonda a nome di ETNO, l’associazione degli operatori delle telecomunicazioni europee. Con i suoi 50 membri e un fatturato complessivo di oltre 600 miliardi di euro, ETNO ha un ruolo chiave nel settore europeo delle ICT, e collabora strettamente con l’Unione europea per lo sviluppo dell’agenda digitale.

Per raggiungere gli obiettivi ambiziosi dell’Agenda Digitale Europea, è necessario uno sforzo congiunto da parte di operatori privati e istituzioni pubbliche, europee e nazionali.

Agli operatori delle telecomunicazioni spetta il compito di investire nello sviluppo delle infrastrutture e dei servizi.

Il ruolo primario delle istituzioni pubbliche è invece quello di garantire un quadro regolamentare stabile e lungimirante, che crei un ambiente favorevole agli investimenti privati e permetta alle aziende europee di competere sul mercato globale.

Per quanto riguarda gli operatori delle telecomunicazioni, permettetemi di inquadrare la situazione con alcuni dati:

 

Come emerge da un rapporto ETNO – IDATE, nel 2011 il fatturato complessivo del settore delle telecomunicazioni in Europa è diminuito per il terzo anno consecutivo, attestandosi a 274,7 miliardi di euro. Inoltre, sempre nel 2011, la quota del mercato globale delle telecomunicazioni in mano all’Europa è scesa dal 31 al 25%.

Si stima che nel 2012 il decremento del fatturato del settore sarà pari al 3%, a fronte di una crescita del 3% negli Stati Uniti.

In particolare, come indicato nella relazione del 2012 dell’AGCOM, il calo dei ricavi sembra rappresentare un trend strutturale, che interessa sia i servizi fissi sia quelli mobili, e che deriva soprattutto dalla rapida diffusione dei servizi VoIP.

Dal 2006, i ricavi della telefonia fissa sono diminuiti del 30%. Questo trend negativo non viene completamente compensato né dai servizi mobili, colpiti dalla caduta dei ricavi voce, né dalle entrate provenienti dai servizi a banda larga.

Come recentemente evidenziato in un’analisi di Arthur D Little, la crescita dei ricavi del settore delle telecomunicazioni in Europa è 7-9 volte inferiore rispetto a quella di Asia e Nord America. Allo stesso modo, la capitalizzazione complessiva si è ridotta del 28% tra il 2006 e il 2012.

Nel periodo 2006-2011, l’Europa è stata la regione che ha fatto registrare la minor crescita del fatturato: +8%, rispetto al +48% del Nord America, il +74% dell’Asia e al 118% del Sud America.

Questo trend negativo sta riducendo il valore complessivo dell’economia digitale europea e ostacola la competitività dell’UE a livello mondiale. I numeri mostrano che il settore fino ad ora non è stato in grado di capitalizzare il rapido aumento del traffico dati e che il valore si sta spostando verso altri segmenti della catena di valore digitale. Lo scenario appena descritto mostra chiaramente che il settore non è interessato da cambiamenti ciclici, bensì strutturali.

Tuttavia, gli operatori continuano ad investire. Gli investimenti sono cresciuti del 5,2% nel 2011, un dato notevole  se confrontato con la crescita del Capex negli Stati Uniti e nelle aree più avanzate dell’Asia nello stesso anno (+1,4%). Il 63% degli investimenti complessivi nelle reti e servizi di telecomunicazione in Europa è attribuibile ai soli membri di ETNO.

Nel 2011, gli investimenti in reti fisse in Europa ammontano a 24,8 miliardi di euro, in aumento del 4,9% rispetto al 2010 (il 67% dei quali attribuibili ai membri ETNO). Le aziende di ETNO continuano ad essere leader nello sviluppo della banda larga. I dati più recenti mostrano che siamo a buon punto verso il raggiungimento degli obiettivi di copertura prefissati dall’Agenda Digitale per il 2013.

Per quanto riguarda gli obiettivi fissati per il 2020, i dati mostrano chiaramente che questi sono raggiungibili solo attraverso un mix di tecnologie e piattaforme, fisse e mobili.

Più in generale, le politiche per il nostro settore devono essere flessibili al fine di consentire agli operatori di adeguarsi alla realtà in rapida evoluzione e far emergere nuovi modelli di business dai mercati.

A questo proposito, crediamo che il nuovo approccio regolamentare delineato dal Vicepresidente della Commissione europea, Neelie Kroes, nella sua dichiarazione del 12 luglio rappresenti un passo importante ed incoraggiante nella giusta direzione. In particolare, abbiamo accolto con favore la decisione del Vicepresidente di dare indicazioni di policy stabili e lungimiranti, nello specifico per quel che concerne la stabilità dei prezzi di accesso alle reti in rame e la necessità di introdurre flessibilità nella definizione del prezzo di accesso alla fibra.

Le dichiarazioni di Neelie Kroes sono importanti in quanto sottolineano che il quadro normativo e politico non deve essere uno strumento astratto e statico, ma deve invece adattarsi alle condizioni macroeconomiche esistenti e all’evoluzione del mercato e della tecnologia. Solo in questo modo è possibile promuovere la competitività globale del settore. Ciò è particolarmente importante per un settore come l’ICT, che si evolve costantemente, e alla velocità della luce.

Sono convinto che, su questo fronte, si possa fare molto di più, a livello europeo come a livello nazionale.

In particolare, penso che tutte le istituzioni responsabili della definizione del quadro giuridico per il settore ICT dovrebbero concentrarsi non solo su come incentivare la concorrenza nel mercato interno, ma anche su come rendere le imprese europee in grado di competere con altri attori globali.

Se questo è il nostro obiettivo, dobbiamo ripensare il modo in cui abbiamo affrontato il tema della competitività fino ad oggi. Nel settore delle telecomunicazioni, l’attenzione si è concentrata sul mantenimento dello status quo, preservando strutture di mercato esistenti. Questa è una buona strategia quando un settore è in crescita, ma non quando lo stesso settore si trova ad affrontare ricavi in calo e una situazione insostenibile nel lungo periodo.

 

Il settore delle telecomunicazioni in Europa è troppo frammentato – soprattutto rispetto agli Stati Uniti o ai mercati dell’Asia orientale –  caratteristica che limita la capacità di razionalizzare i costi e di innovare. In Europa ci sono più di 1200 operatori di reti fisse, oltre 100 MNO, oltre 200 MVNO e oltre 1500 operatori via cavo. Negli USA, invece, ci sono 6 operatori principali, e soltanto 3 in Cina.

Inoltre, l’industria europea è fortemente regolamentata. Negli ultimi anni si è trovata ad affrontare contemporaneamente: una riduzione dei prezzi imposta a livello UE, restrizioni alla strategia commerciale e costi elevati associati alle aste di spettro. Come possiamo competere con gli Stati Uniti e la Cina partendo da tale posizione di svantaggio?

Quello che conta sul mercato globale di oggi è la scala. Il Commissario responsabile per le politiche antitrust, Joaquin Almunia ha recentemente domandato: perché non abbiamo attori sufficientemente grandi nel mercato unico europeo?

La mia risposta è che abbiamo bisogno di un cambiamento radicale a livello normativo, che consenta il consolidamento del mercato europeo.

Il completamento del mercato unico digitale è quindi cruciale. Secondo le stime, il mancato completamento costerebbe almeno il 4,1% del PIL europeo entro il 2020.

Sosteniamo quindi un approccio più dinamico e pragmatico alla concorrenza, che promuova la competitività globale dell’industria europea e sia in grado di adattarsi alle tendenze del mercato e tecnologiche.

 

In aggiunta ad una buona regolamentazione, il finanziamento pubblico può essere uno strumento importante per spingere lo sviluppo del broadband e per contribuire al raggiungimento dei target dell’Agenda Digitale.

A questo proposito due sono i principali temi sul tavolo: la Connecting Europe Facility e le linee guida della Commissione relative all’applicazione delle norme sugli aiuti di Stato per lo sviluppo del broadband.

Quanto alla Connecting Europe Facility, la posizione di ETNO è chiara: siamo molto favorevoli alla proposta della Commissione. Riteniamo sia importante che venga salvaguardato l’obiettivo di fondo della CEF, ossia quello di produrre un “effetto leva” degli investimenti in infrastrutture, diminuendo il rischio d’investimento per gli operatori pubblici e privati.

Per questo speriamo che il negoziato tra gli Stati membri sulle prospettive di bilancio 2014-2020 non penalizzi la CEF, in linea con quanto scritto sulle colonne del Sole 24 Ore da importanti manager europei, tra cui Paolo Scaroni e Franco Bernabé. Temiamo seriamente che un’eventuale riduzione del budget per la CEF possa compromettere la sua utilità e il suo valore positivo per l’economia europea.

Venendo nello specifico al meccanismo di finanziamento della CEF, crediamo che i fondi previsti debbano essere utilizzati in primo luogo per incoraggiare gli investimenti privati e, solo laddove l’investimento privato non sia conveniente, per partnership pubblico-private.

I fondi europei non dovrebbero mai spiazzare gli investimenti privati. E questo mi porta alla posizione di ETNO sulla revisione delle linee-guida comunitarie sugli aiuti di Stato per lo sviluppo del broadband.

ETNO appoggia il principio fondamentale della Commissione Europea, secondo cui il finanziamento pubblico deve rimanere complementare e non sostituire gli investimenti degli operatori del mercato. L’utilizzo di fondi pubblici dovrebbe concentrarsi sui settori in cui gli investimenti privati non siano previsti per ragioni commerciali.

Le linee guida sugli aiuti di stato attualmente in fase di revisione da parte della Commissione sono uno strumento estremamente importante per evitare distorsioni della concorrenza e lo spiazzamento degli investimenti privati.

Inoltre, gli aiuti di Stato non devono cercare di determinare le scelte tecnologiche, ma restare tecnologicamente neutrali e supportare le tecnologie che il mercato reputi più idonee ed efficienti al fine di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda Digitale.

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