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Web company e fisco: anche eBay sotto la lente di Germania e Regno Unito. Si indaga su 767 mln di euro di Iva non versata

Europa


eBay si aggiunge alla lista delle web company americane al centro delle attenzioni del fisco di alcuni Paesi europei per aver usato degli stratagemmi atti a pagare meno tasse sulle attività svolte nel Continente. In particolare, in Germania e Regno Unito, la società avrebbe evitato il pagamento dell’Iva per un ammontare complessivo di 1 miliardo di dollari (767 mln di euro) scegliendo di nominare la divisione lussemburghese eBay Europe Sarl quale provider dei servizi ai clienti europei. Scelta che avrebbe consentito di fatturare un’aliquota Iva più bassa.

 

Secondo quanto riportato da Reuters, grazie a questa disposizione eBay trarrebbe vantaggi sia in termini di entrate che fiscali e i legislatori del Regno Unito e della Germania ritengono che la posizione della casa d’aste Usa vada approfondita.

 

Margaret Hodge, membro del parlamento britannico e presidente della Public Accounts Committee (PAC), ha affermato: “Spero che la HMRC (l’Equitalia britannica, ndr) prenda nota…e passi immediatamente all’azione”.

L’HMRC dovrà testimoniare al Parlamento a breve e in quell’occasione Hodge dice di volersi assicurare che i funzionari dell’ente abbiano proceduto con le opportune verifiche.

 

Sven Giegold, membro del Parlamento europeo per il Partito tedesco dei Verdi, ha affermato di voler sollecitare le autorità fiscali tedesche ad “avere uno sguardo molto critico” su questa vicenda.

 

Le leggi europee permettono alle aziende di stabilire filiali in Lussemburgo e di applicare l’aliquota di questo paese sulle vendite ai clienti di tutto il Continente.

Tuttavia le leggi permettono anche alle autorità dei diversi Stati membri di impugnare nei tribunali nazionali la validità della residenza in Lussemburgo e il diritto ad applicare l’aliquota praticata nel paese se si ritiene che la filiale lussemburghese di un’azienda non disponga di personale sufficiente o di asset adeguati a supportare  l’affermazione che sia proprio quella sede il reale fornitore di beni e servizi.

Nello specifico, la sede lussemburghese di eBay conta 9 dipendenti, contro i 200 di quella britannica e o 190 impiegati in Svizzera nelle filiali di Berna e Zurigo.

 

A sua difesa, eBay ha affermato che l’HMRC è da sempre a conoscenza di queste disposizioni fiscali: “In tutti i paesi e sempre, eBay è completamente conforme ai regimi fiscali nazionali, europei e internazionali (Ocse compresa) tra cui la rimessa dell’Iva”.

 

Dal 2007, quando venne creata la divisione lussemburghese, eBay ha pagato in Germania imposte sul reddito per 6,1 miliardi di dollari e per 5 miliardi di dollari nel Regno Unito.

Se i servizi fossero stati forniti dalla Svizzera o da un altro paese extra Ue e ipotizzando che l’Iva fosse stata calcolata solo sulla metà dei clienti, le regole europee avrebbero obbligato eBay a versare 580 milioni di Iva in Germania e 500 milioni di dollari in Gran Bretagna nel 2007. 

Ma nonostante imposte sul reddito per 3,1 miliardi in Germania e Regno Unito nel 2011, eBay Europe Sarl ha registrato un fatturato di soli 5 milioni nel 2011.

 

eBay non è l’unica azienda ad aver stabilito una sede in Lussemburgo (tra le altre anche Amazon e iTunes di Apple) per usufruire del regime fiscale del Paese, dove l’aliquota è al 15% contro il 19-25% della gran parte degli altri paesi Ue.

 

Gli ‘escamotage’ fiscali delle web company Usa sono al vertice dell’agenda politica europea, con Google in particolare al centro del mirino per le sue pratiche di ottimizzazione ma non solo (Leggi articolo Key4biz).

 

Tra le altre, anche la catena Starbucks è stata convocata da una Commissione parlamentare britannica per dar conto delle pratiche fiscali nel paese, dove il gruppo non dichiara quasi nulla al fisco nonostante gli importanti profitti.

A ottobre, un’inchiesta Reuters aveva mostrato che negli ultimi tre anni la multinazionale americana ha versato imposte per soli 8,6 milioni di sterline nonostante un fatturato complessivo di tre miliardi di sterline (3,7 miliardi di euro).

 

Queste rivelazioni hanno portato a una campagna di boicottaggio della catena e alla convocazione del direttore finanziario Troy Alstead davanti alla Commissione Parlamentare, di fronte alla quale Alstead ha affermato che l’azienda si è sempre conformata alle leggi del Regno Unito. La società ha tuttavia reso noto di voler rivedere le proprie pratiche di ottimizzazione fiscale, compreso i trasferimenti dei diritti d’autore e di pagamenti diversi tra filiali, che hanno per effetto di ridurre il reddito imponibile nel Regno Unito.

“Abbiamo ascoltato i commenti dei nostri clienti e dipendenti e comprendiamo che bisogna fare di più per mantenere e rinforzare la fiducia del pubblico”, afferma una portavoce.

“In questo quadro, riesamineremo la nostra politica fiscale nel Regno Unito e a questo proposito stiamo discutendo col fisco e col ministero del Tesoro”.

 

I dettagli di questo ‘riesame’ saranno resi noti in settimana.

 

La Commissione parlamentare ha ascoltato anche i rappresentanti di altri gruppi americani come Google e Amazon.

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