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Privacy e Big Data, il caso Facebook tra smentite e verità. I consumatori minacciano ricorso alla Ue

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Facebook è di nuovo sotto accusa per come gestisce i dati dei suoi utenti, dopo aver annunciato alcuni cambiamenti delle regole sulla privacy e alla luce dei suoi sforzi per cercare nuove fonti di reddito.

Il social network s’è sentito costretto a reagire ad alcuni rumors che circolano in rete, secondo i quali “Facebook starebbe cambiando le norme che riguardano la proprietà delle informazioni e dei contenuti pubblicati dai suoi utenti”.  

“E’ falso“, ha detto il gruppo, spiegando che “Tutte le persone che usano Facebook possiedono e controllano i contenuti e le informazioni che pubblicano”.

 

Tutto è successo dopo l’annuncio della compagnia di sospendere il voto dei membri della rete sociale sui cambiamenti da apportare alla policy sulla privacy perché, come ha spiegato l’azienda, erano giunti commenti ‘poco pertinenti’. S’era, però, impegnata a introdurre un nuovo sistema (Leggi Articolo Key4biz).

Ma in rete ha cominciato a diffondersi in modo virale una notizia falsa e l’invito agli utenti a pubblicare sulla propria bacheca scritte del tipo: “Come risposta alle nuove linee guida di Facebook, io qui dichiaro che il mio copyright protegge tutti i miei dati personali, le illustrazioni, gli elementi grafici, i fumetti, i dipinti, le foto ed i video etc… (così come descritto dalla convenzione di Berna). Per gli usi commerciali dei suddetti è necessario il mio permesso scritto in ogni situazione!”

 

La società di Mark Zuckerberg ha deciso di agire e prendere una chiara posizione, sostenendo la non veridicità della notizia.

Dichiarazioni simili erano apparse anche a maggio in occasione del suo ingresso in Borsa (Leggi Articolo Key4biz). In quella circostanza, alcune società di sicurezza informatica, come Sophos, avevano fatto sapere che si trattava d’informazioni non corrispondenti al vero, che hanno ripreso a circolare con l’annunciata modifica alle regole sulla privacy degli ultimi giorni.

 

Mettendo da parte la questione del diritto d’autore, questi cambiamenti, secondo diverse associazioni di consumatori, porrebbero seri rischi per la riservatezza dei dati degli utenti. Argomento molto dibattuto che nell’ultimo anno ha visto Google sotto la lente dei Garanti Privacy Ue, che gli hanno chiesto urgenti e tempestive modifiche alle regole entrate in vigore lo scorso marzo (Leggi Articolo Key4biz).

 

Adesso tocca a Facebook e negli USA le organizzazioni a tutela degli utenti non sono rimaste a guardare, denunciando che le nuove norme cancellano l’accordo del 2009 che aveva consentito ai membri di accogliere la policy del gruppo.

Grosse organizzazioni americane, come CDC (Center for Digital Democracy) ed EPIC (Electronic Privacy Information Center), hanno anche denunciato la volontà della web company di “mettere insieme tutte le informazioni personali di Facebook con quelle di Instagram” – l’app per la condivisione di foto comprata ad aprile da Zuckerberg e gestita finora in modo indipendente -, cosa che solleverebbe dei problemi di protezione dei dati, così com’è avvenuto per Google. A riguardo, Facebook non ha voluto rilasciare commenti.

 

CDC ed EPIC hanno chiesto al gruppo di fare un passo indietro e rinunciare a questa idea, come ha fatto anche l’associazione Consumer Watchdog, che, in caso contrario, ha annunciato che ricorrerà ai regolatori USA e Ue.

Le associazioni hanno avvertito che le nuove regole potrebbero violare le disposizioni Ue su la data protection, ma anche l’accordo con il quale il gruppo aveva messo fine lo scorso anno al contenzioso pendente davanti all’Antitrust USA (Federal Trade Commission).

Anche in Europa le associazioni dei consumatori si sono mosse e minacciato il ricorso alla giustizia, se il social network non rivedrà alcune pubblicità, considerate troppo intrusive.

 

Facebook s’è impegnato a chiedere il consenso esplicito ai suoi membri prima di condividere alcuni loro dati.

La questione è molto complessa e va letta alla luce delle recenti difficoltà di Facebook a trasformare in moneta sonante il suo successo in rete. In mano, possiede un tesoro considerato ‘il petrolio del XXI secondo,’ i cosiddetti Big Data. Le identità digitali di ogni membro della sua community, ricostruite attraverso i vari ‘Mi Piace’ e ciò che si condivide, che valgono una fortuna per gli advertiser. Ma qui entrano in campo i Garanti della Privacy che vorrebbero che la raccolta di questi dati si facesse nell’ambito di un contesto legale e che il consumatore possa controllare i propri dati e sapere come vengono usati.

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