OTT e tasse, Corrado Passera: ‘Caso eclatante, gli daremo addosso’

di Raffaella Natale |

All’evento sulle start-up, organizzato a Milano da Vodafone xone, Passera parla anche degli OTT: ‘Con loro la lotta all’evasione è più difficile, perché sono veramente bravi’ a bypassare le leggi sul fisco.

Italia


Corrado Passera

Parla di ‘caso eclatante’, il Ministro delle Sviluppo economico, Corrado Passera, in riferimento agli OTT che bypassano il fisco. “E’ eclatante – ha spiegato- che gente che fa lezioni ogni giorno agli altri, poi non paghi le tasse”.

Intervenendo all’evento, “Acceleriamo le Startup: l’impresa a sostegno delle idee“, organizzato da Vodafone xone, presso il Vodafone Village a Milano, il Ministro ha commentato: “Abbiamo cominciato la lotta all’evasione in altri settori, dove c’erano meccanismi al limite dell’evasione” e poi, riferendosi agli OTT, ha puntualizzato “con loro è più difficile, perché sono veramente ‘bravi’, anche se mi costa chiamare ‘bravo’ chi evade le tasse”. Passera ha, però, promesso “gli daremo addosso”.

 

Poche, sebbene significative, le parole del Ministro sulla questione delle multinazionali straniere che ricorrono alle legali, ma discutibili, procedure di ottimizzazione fiscale per evadere il fisco, spostando le proprie ricchezze nei paradisi fiscali.

E’ tempo ormai di nuove leggi, che consentano di accogliere i cambiamenti apportati dall’era d’internet e dal proliferare dei servizi digitali.

 

Non a caso, proprio nei giorni scorsi sul tavolo del Ministro dell’Economia, Vittorio Grilli, è finito un dossier ‘scottante’, quello del COCER della Guardia di Finanza che, tra le altre cose, approfondisce la questione delle multinazionali che bypassano il fisco.

 

Ovviamente non c’è nulla d’illegale in tutto ciò. Si tratta semplicemente si fruttare le lacune delle varie legislazioni per spostare i capitali nei Paesi dove la tassazione è più vantaggiosa.

Negli ultimi tempi, gli OTT che adottano la cosiddetta strategia del “doppio irlandese con panino olandese” (Double Irish With a Dutch Sandwich) – che consiste nel trasferire i denari verso le sussidiarie irlandesi e olandesi, per poi traghettare il tutto ai Caraibi – sono nel mirino di Francia, Gran Bretagna e Germania. In tutto questo anche gli Stati Uniti hanno denunciato la pratica delle loro multinazionali (Leggi Articolo Key4biz).

 

Le compagnie hi-tech, forse consapevoli che non potranno sottrarsi ancora per molto al pagamento delle imposte, stanno adesso cercando di convincere le autorità di Washington a trovare il modo ‘più conveniente’ di rimpatriare questi fondi senza pagare eccessive imposte: “E’ nell’interesse del Paese – argomentano – per investire e creare lavoro negli Stati Uniti”.

 

Ovviamente queste aziende non sono le uniche, si stima in oltre mille miliardi di dollari la tesoreria di alcuni gruppi ‘parcheggiati’ all’estero.

 

A luglio, l’agenzia di rating Moody’s Investors Service stimava che 22 gruppi americani del settore hi-tech a marzo avevano mantenuto il 70% della loro liquidità all’estero e che il totale potrebbe superare dai 289 ai 400 miliardi di dollari nei prossimi tre anni.

Second Moody’s, queste società sono restie a rimpatriare questi fondi, perché una volta rientrati negli USA potrebbero essere tassati fino al 35%.

 

Nel 2004, le multinazionali avevano reclamato, e alla fine ottenuto, un tasso più favorevole del 5,25%.

 

Dallo scorso anno, Microsoft, Cisco e Pfizer hanno avviato una campagna, sostenendo che una nuova riduzione potrebbe arrivare a creare 2,9 milioni di nuovi posti di lavoro negli USA, ma al momento hanno sospeso la loro mobilitazione con l’intensificarsi della campagna per le presidenziali, anche se hanno assicurato che riprenderanno la loro attività dopo novembre.

 

Qualche mese, Peter Oppenheimer, Chief Financial Officer di Apple, sosteneva che “L’attuale regime fiscale dissuade fortemente le società americane che diversamente potrebbe riportare in patria una parte sostanziale della loro liquidità”.

Ma l’amministrazione Obama ritiene che la riduzione accordata nel 2004 non abbia prodotto l’effetto sperato, ragione per la quale resta ostile a un nuovo intervento in questa direzione.

In Italia, la Guardia di Finanza ha aperto un’inchiesta su Google nel 2008, dove si parla di 80 milioni di euro d’imposte non versate (Leggi Articolo Key4biz) per il periodo 2002-2006.

Il gruppo s’è sempre difeso, sostenendo che “paga le tasse anche in Italia“, ma anche che ha l’obbligo verso i suoi azionisti “di mantenere un sistema fiscale efficiente“.

Con Google sono coinvolte altre aziende, i cui nomi restano coperti dal ‘segreto fiscale’. Stando a un insider, le Fiamme Gialle stanno indagando non solo per ‘elusione’, ma anche per ‘evasione’.