Digital Agenda, la e-EU non sia solo uno slogan. Neelie Kroes: ‘C’è bisogno dell’impegno della politica’

di Alessandra Talarico |

Possibile che per contrasti ‘politici’ si stia frenando quello che a livello europeo è considerato uno strumento fondamentale per uscire dalla crisi? E, perchè la Commissione europea crede così tanto nelle potenzialità delle tecnologie digitali?

Europa


Agenda digitale

La Digital Agenda è solo uno slogan? Forse per molti sì, visto che ancora una volta il Commissario Ue responsabile di questo ambizioso piano, Neelie Kroes, ha tenuto a puntualizzare che la politica deve muoversi, subito e nel modo giusto, per promuovere l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione quale strumento concreto per uscire dalla crisi che imperversa in Europa.

Anche in Italia, negli ultimi mesi si sente parlare di ‘smart city’, di open data, di sanità digitale, di reti intelligenti, ma ai cittadini, ancora, non è possibile beneficiare di tutte le possibilità offerte dall’ICT in termini di risparmio di tempo e burocrazia, semplificazione e miglioramento della vita quotidiana perchè la politica deve ancora trovare la quadra sul decreto ‘Digitalia’, che dovrebbe essere discusso domani in Consiglio dei ministri. Al momento, risulta bloccato anche l’iter del testo bipartisan sull’Agenda digitale che reca le firme di Paolo Gentiloni, Antonio Palmieri, Roberto Rao e Deborah Bergamini licenziato a luglio.

 

Possibile che per contrasti ‘politici’ si stia frenando quello che a livello europeo è considerato uno strumento fondamentale per uscire dalla crisi (Leggi articolo Key4biz)? E, perchè la Commissione europea crede così tanto nelle potenzialità delle tecnologie digitali?

Partecipando alla conferenza di alto livello sulla Digital Agenda in corso a Sofia, il Commissario Kroes ha sottolineato ancora una volta che bisogna prendere subito le decisioni giuste per assicurare a tutti i cittadini un futuro migliore e alle imprese la possibilità di estendere le loro attività oltre i confini nazionali e di avere a che fare con una burocrazia più snella.

Tutto questo non avviene da un giorno all’altro e di sicuro non senza uno sforzo collettivo che però veda la politica in prima fila a dettare le regole.

 

Serve innanzitutto una maggiore diffusione delle infrastrutture a banda larga: ogni 10 punti percentuali di penetrazione della banda larga, il PIL cresce dell’1-1,5%. Bisogna, dunque, investire e visto che gli investimenti devono farli le aziende private (tranne in alcuni casi – come nelle aree a fallimento di mercato – dove deve essere lo Stato a intervenire per non lasciare indietro gli abitanti delle aree svantaggiate) servono regole chiare che stimolino gli investimenti anche attraverso l’alleggerimento della burocrazia e che garantiscano una giusta remunerazione dei rischi connessi.

“Gli investimenti a volte non sono solo una questione economica. A volte ci sono ostacoli politici e amministrativi da superare: procedure così complicate, permessi così difficili da ottenere che i lavori di realizzazione delle reti non possono neanche partire. Vale quindi la pena migliorare questo ambiente”, ha detto la Kroes.

 

Banda larga non è solo rete fissa: ci sono anche le reti mobili e per quelle serve una gestione efficace delle frequenze.

 

Bisogna poi ‘formare’ i nuovi lavoratori per dare loro le competenze necessarie per inserirsi nel mondo del lavoro di domani. L’Europa rischia di affrontare una enorme carenza di lavoratori preparati nei prossimi anni – si stima mancheranno circa 700 mila figure specializzate nel settore ICT.

 

Una discrepanza enorme che danneggia pesantemente le economie europee e fa torto ai milioni di disoccupati – giovani e non – che rischiano di essere tagliati fuori dal mondo del lavoro.

Ma basta, come ha fatto nei giorni scorsi il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo, promettere Pc alle scuole e tablet agli insegnanti? Forse è un buon inizio per permettere alle nuove generazioni di avere una scuola al passo coi ‘trend’, ma bisogna fare di più per indirizzare i giovani – anche e soprattutto le donne – a un percorso di studio adeguato per rispondere alle future esigenze di mercato, fare in modo che gli studi non siano scollati dalle esigenze del mondo del lavoro.

E in questo è tutta l’Europa ad avere una marcia in meno rispetto agli Usa e all’Asia, dove si presta molta più attenzione a tutto quanto è ‘ICT-oriented’, soprattutto in termini di investimenti destinati alla ricerca.

La Ue sta cercando di recuperare il gap e nell’ambito del programma Horizon 2020 ha proposto finanziamenti alla ricerca per 80 miliardi di euro. dovranno essere gli stati membri a trovare l’accordo sulla proposta, comunque e c’è da dire che sono in forse anche i 7 miliardi di euro destinati alla banda larga nell’ambito del Piano Connecting Europe Facility (Leggi articolo Key4biz).

 

“Per trovare il suo posto nell’economia globale del futuro, l’Europa deve essere un continente connesso e competitivo. La e-EU. Giuste reti, competenze e innovazione per trasformare l’Europa”, ha concluso la Kroes.