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San Gennaro, l’Agenda Digitale e la nomina del Direttore dell’Agenzia Digitale

Italia



Ieri il sangue si è liquefatto.

San Gennaro ha rinnovato il miracolo.

Ora siamo certi: l’Agenda digitale italiana si farà.

Ieri era l’ultima chance che ci era rimasta e San Gennaro ci ha messo una pezza: alla inadeguatezza digitale del precedente governo, alla serpeggiante e neanche tanto velata conflittualità tra i due ministri che rivendicano le competenze (Corrado Passera e Francesco Profumo).

Non ci era rimasto che rivolgerci in alto e ora ce l’abbiamo fatta.

Ma adesso occorre procedere e andare oltre.

Il testo unificato della proposta di legge approvata in Parlamento grazie all’impegno dei parlamentari proponenti Paolo Gentiloni, Antonio Palmieri, Roberto Rao e Deborah Bergamini relatrice è stato licenziato a luglio.

I quattro parlamentari hanno chiesto al governo di procedere con speditezza, altrimenti avrebbero fatto ricorso a tutti gli strumenti concessi dai regolamenti parlamentari per riportare l’approvazione in sede legislativa.

Ma, come se non bastassero gli ostacoli precedenti, il testo è stato prontamente bloccato in Commissione Ambiente. La procedura prevede, infatti, il parere obbligatorio del ministero competente (in questo caso il Ministero dello Sviluppo Economico), parere che non è arrivato (per evitare che il Parlamento anticipasse i tempi, rubando la scena ed evidenziando i ritardi del governo?).

Ora però dovremmo esserci, grazie a San Gennaro.

Il provvedimento dovrebbe andare in Consiglio dei Ministri il prossimo 28 settembre e, se così fosse, sarà il primo passo per lanciare ufficialmente le operazioni.

Immediatamente dopo, ci sarà la nomina del direttore generale dell’Agenzia digitale.

Anche qui, come era prevedibile, ferro e fuoco.

La solita girandola di nomi, parte dei quali del tutto inadeguati (come da copione: vicenda nomine AgCom docet).

Il direttore generale dell’Agenzia, o il Digital Champion come lo chiama la Commissaria Neelie Kroes, avrà poteri enormi.

Controllerà tutti i nodi cruciali della via italiana alla digital economy: servizi, procedure, infrastrutture.

Dovrà essere una persona duttile e flessibile, competente e trascinatrice.

Anche un ottimo manager, piuttosto che un pur bravo esperto di cose digitali. Gli esperti se li cercherà dopo, tra i dipendenti e tra i consulenti.

Ma anche un ottimo alfiere dell’arte dell’amministrazione, specialmente pubblica, con personalità tale da non lasciarsi intimorire dai vecchi marpioni che potrebbero alzare muri di sbarramento a difesa di antichi privilegi.

Dovrà essere anche bravo nel trattare con la politica. Nel mediare. Nel non farsi sopraffare dai giochi di potere e dal fuoco amico. Nel costruire alleanze interne ed esterne all’amministrazione, per raggiungere con efficacia ed efficienza gli obiettivi importanti alla cui realizzazione è chiamato.

Per aiutarlo a far tutto questo è necessario che l’Agenzia digitale venga posta sotto il controllo diretto di Palazzo Chigi.

La trasversalità delle competenze impone un riferimento al premier, attraverso uno dei sottosegretariati. Così è nella maggior parte dei paesi europei, con eccezione dei governi che hanno istituito un ministero ad hoc per l’economia digitale.

Mi pare che nessuno dei nomi sin qui circolati (che non ripetiamo, come è nostro stile) risponda a questi requisiti. E che abbia questi requisiti uniti ad autorevolezza e carisma.

Il vero problema è che San Gennaro più di questo non può fare.

Se dovessimo arrivare a fine ottobre senza nulla di fatto, potremmo sempre organizzare un treno bianco per Lourdes.

Sperando sempre che Bernadette sia dalla nostra parte.

E sperando di non trovare già lì in preghiera i nemici dell’Agenda digitale italiana.

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