Agenda digitale: per ANORC, la digitalizzazione della PA un ‘traguardo ancora lontano’

di Alessandra Talarico |

A fronte di alcuni ‘avamposti’ di progresso digitale, ANORC evidenzia che la maggior parte delle amministrazioni pubbliche – ministeri in primis – si dimostrano rigidamente attaccati al vecchio sistema del cartaceo.

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Il processo di digitalizzazione della Pubblica amministrazione italiana è in stato di evidente ritardo. Solo nel 40% delle Regioni è stato avviato il sistema di conservazione digitale e di queste il 10% ha affidato in outsourcing la procedura, mentre il 15% si affida ai sistemi archivistici di conservazione dei documenti informatici sviluppati a livello regionale, come PARER per l’Emilia Romagna, CSI per il Piemonte e DAX per la Toscana.

Lo rivela una ricerca condotta da  ANORC (Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti) per far luce sull’avanzamento della digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni italiane – Comuni capoluoghi, Province, Regioni e Ministeri – che dovrebbero fare da apripista per un uso esteso dei servizi digitali.

 

Ebbene, i risultati non sono entusiasmanti, anzi: a fronte di alcuni ‘avamposti’ di “progresso digitale”, la ricerca evidenzia che la maggior parte delle amministrazioni pubbliche – ministeri in primis – dimostrano un attaccamento al vecchio sistema rigido del cartaceo e, alla faccia delle autostrade digitali sulle quali dovrebbero viaggiare i servizi pubblici, emerge come spesso documenti informatici nati con i bit sono trasformati in carta perché nessuno sa come conservarli.

 

In particolare, la gran parte degli enti coinvolti nella ricerca non hanno ancora nominato nel loro organico il Responsabile della Conservazione e quello del Trattamento, le figure che dovrebbero svolgere la funzione di garantire la protezione dei dati personali e la conservazione dei documenti e, quindi, l’originalità e l’autenticità degli archivi che contengono la nostra memoria collettiva.

 

Nonostante le indicazioni fornite al riguardo dal Codice in materia di trattamento dei Dati personali (D.Lgs. 196/2003) e dal Codice dell’Amministrazione Digitale (D.Lgs. 82/2005 e successive modifiche D.Lgs. 235/2010), il nominativo del Responsabile del Trattamento dei Dati Personali risulta pubblicato in meno del 30% dei casi, fatta eccezione per i siti delle Regioni sui quali risulta visibile nel 70% dei casi, quando invece tale nominativo dovrebbe essere per legge immediatamente accessibile agli utenti che visitano un sito della PA. Nella maggior parte dei casi, chi volesse reperire le informazioni di cui ha bisogno deve quindi ricorrere al vecchio telefono.

 

“La matassa amministrativa si complica ulteriormente quando parliamo di Responsabile della conservazione digitale”, spiega ANORC. Tale informazione non è pubblicata sui siti analizzati nel 90% dei casi, mentre il Responsabile della conservazione digitale non è stato ancora nominato da più del 50% degli enti intervistati e il 10% degli enti affida in outsourcing il proprio sistema di conservazione dei documenti informatici.

 

Andrea Lisi, presidente di ANORC parla di ‘nonsense’, riferendosi alla scarsa attenzione riservata dalle pubbliche amministrazioni a “due figure tanto cruciali e direttamente coinvolte nella corretta gestione dei documenti e dei dati personali del cittadino come il Responsabile della Conservazione e del Trattamento dati, che, laddove nominati, il più delle volte restano nell’anonimato”.

 

La situazione è particolarmente critica nei Ministeri: in un solo caso, sul sito del Ministero dell’Economia e della Finanza, i  nominativi dei responsabili del trattamento dei dati personali – che coincidono con i dirigenti, ognuno per il proprio settore di competenza – sono stati riscontrati nell’informativa privacy. Per il resto, invece, in soli due casi l’informazione è stata recuperata tramite contatto telefonico.

 

La digitalizzazione della pubblica amministrazione, insomma, risulta un traguardo ancora molto lontano.