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OTT Vs Telco. Hamadoun Tourè (ITU): ‘Serve più collaborazione per garantire il futuro di reti e contenuti’

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Perchè gli operatori di telecomunicazioni possano affrontare gli investimenti per l’aggiornamento delle infrastrutture “bisogna ridistribuire i ricavi tra le telco e gli OTT” o altrimenti si andrà “dritti contro un muro”.

E’ quanto ha affermato il segretario generale dell’ITU, Hamadoun Touré in un’intervista al quotidiano brasiliano Valor Economico in cui viene affrontato il tema, cruciale, della revisione delle regole internazionali delle telecomunicazioni (ITRs) in vista della prossima conferenza WCIT-12 che si terrà a dicembre a Dubai.

 

Come sottolineato più volte, infatti, l’attuale modello economico di internet – basato su regole risalenti al 1988 – sta diventando insostenibile per gli operatori telefonici che nei prossimi 5 anni dovranno investire almeno 800 miliardi di dollari nelle reti e chiedono pertanto una revisione delle regole che garantisca un framework in grado di stimolare l’ingresso di nuovi attori, l’innovazione e gli investimenti.

 

Tourè ha ribadito che le Nazioni Unite non intendono prendere il controllo di internet, come sostenuto dagli Stati Uniti per opporsi a un riequilibrio dei modelli di business di internet, e ha sottolineato allo stesso tempo i rischi di una ‘cyber guerra’ che potrebbe avere effetti disastrosi.

 

Dal momento che le grandi potenze mondiali considerano la governance di internet una questione strategica prioritaria, la prossima conferenza di Dubai sarà cruciale per definire i nuovi equilibri a garanzia della sicurezza e dell’economia globale.

In questa partita, il ruolo del Brasile è molto importante per raggiungere un compromesso tra la posizione intransigente degli Usa e quelle dei paesi emergenti e “…se il paese non può permettersi di mettere questo tema al centro dell’attività diplomatica e della sua politica di sviluppo, sarà condannato ad accettare decisioni prese suo malgrado”, ha affermato Alfredo Valladao, direttore dell’Associazione EUBrasil  che ha organizzato per il prossimo 16 agosto una conferenza a porte chiuse che fungerà da piattaforma di confronto tra le autorità e le aziende di settore.

 

A dicembre, quindi, le regole del settore saranno riviste per essere adattate al contesto attuale, in cui gli operatori over-the-top – come Google, Facebook, YouTube e eBay, tra gli altri – che sono tra i principali utilizzatori dell’infrastruttura generano la gran parte del traffico senza partecipare agli investimenti.

Nel corso della conferenza WCIT-12 saranno dunque analizzate anche le proposte avanzate dall’associazione ETNO e che prevedono la realizzazione di un nuovo ecosistema di interconnessione IP che garantisca la Quality of Service end-to-end del servizio e la fornitura di servizi di rete a valore aggiunto ai clienti finali e ai fornitori di contenuti Over-the-Top.

 

Queste proposte, secondo alcuni parlamentari americani, nascondono la prospettiva di introdurre una sorta di ‘tassa’ sulle web company statunitensi: un’ipotesi definita ‘devastante’ dai politici d’oltreoceano i quali, dunque, si oppongono strenuamente. In gioco, ovviamente, gli enormi ricavi legati a internet.

 

Per Tourè è essenziale rivedere norme stabilite nel 1988, quando il traffico sulle reti era generato solo dalle telefonate e i costi erano basati sul tempo, la distanza, la zona geografica. “Oggi – ha detto – tutto questo non è più importante: quello che conta sono i bit”.

Se, dunque, “il trattato del 1988 è stato la base per la società dell’informazione quello del 2012 ci porterà alla società della conoscenza”.

 

Per arrivarci, tuttavia, tutte le parti in causa devono collaborare e Tourè fa un confronto con il settore dei trasporti “non perché si dispone di una strada si è anche proprietari delle auto che vi circolano, ma i due mondi – i proprietari delle strade e quelli che governano i trasporti – devono lavorare insieme: c’è bisogno di conoscere le auto, l’altezza dei cerchioni, il peso dei veicoli, tutti dati che definiscono la loro modalità di circolazione. E tutto questo vale anche nel rapporto tra chi trasmette dati e informazioni su internet e chi possiede la rete. C’è bisogno di cooperazione”.

 

Il nuovo trattato, secondo Tourè, “dovrà dunque garantire gli investimenti nelle infrastrutture che oggi trasportano i contenuti, i quali sono in crescita esponenziale. Gli investimenti nei contenuti sono enormi, quelli nelle reti sono in crescita ma non alla stessa velocità, quindi si arriverà a un momento in cui le reti non reggeranno più la quantità di traffico e si creerà un collo di bottiglia”.

E’ necessario, quindi, ripartire i ricavi in maniera da poter garantire sia gli investimenti nelle infrastrutture che l’evoluzione dei contenuti, altrimenti “ognuno sarà obbligato a costruire una propria rete”, in un modello che Tourè definisce “estremo ma possibile”.

 

Nei prossimi 5 ani saranno necessari investimenti per circa 800 miliardi di euro, che dovranno provenire dal settore privato, mentre il pubblico secondo Tourè dovrà garantire una regolamentazione sufficientemente dinamica per attrarre altri investimenti.

Gli OTT, come Google, stanno già realizzando delle reti proprie in alcune città, ma questo non è sufficiente perchè si tratta di infrastrutture isolate dal resto del mondo. Per questo – al di là della possibilità di imporre una ‘tassa sui ricavi degli OTT – è essenziale che le web company americane e le telco “discutano per “trovare una soluzione adeguata”.

 

La proposta di ETNO volta a introdurre accordi commerciali tra le parti, ha aggiunto Tourè, “è positiva perchè stimola il dibattito e spero che i paesi ne discutano pro e contro”.

Per l’ITU, ha aggiunto, “il problema è il ‘gap’ tra infrastrutture e contenuti. Non si può dire che tutto va bene. Sappiamo che l’attuale crescita in entrambe le direzioni non è un modello sostenibile”.

 

Tourè ha quindi sottolineato che non è perseguibile un modello che crei un ‘internet a due velocità’: “L’accesso alle informazioni è uguale per tutti ed è un dovere universale” e si è detto infine preoccupato per la ‘corsa agli armamenti’ nel cyberspazio: “Siamo in pericolo, quando si cominciano a produrre armi è per usarle”.

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